Mentre in Francia il Senato respinge la proposta di criminalizzazione dei clienti, pur criminalizzando le sex workers, in Italia le abolizioniste della prostituzione sono, in questo ultimo periodo, ancora più scatenate, in special modo quelle che a vario titolo partecipano ad iniziative di vario tipo, al seguito della Women European Lobby in tour, convinte che una punizione spetti ai clienti/mostri, il cui azzardato e pessimo profilo psicologico viene diffuso come fosse verità dimostrata, e spetterebbe anche a chiunque faciliti, in qualunque modo, il sex work.

Le abolizioniste contestano l’uso del termine sexwork, lavoro sessuale, perché amano chiamare le cose con il loro nome. Meglio definire le sex workers come puttane, affinché lo stigma resti sulle loro teste. Dal disconoscimento del diritto delle prostitute di rinominarsi in modo autodeterminato ha inizio l’azione autoritaria delle abolizioniste.

Esse contestano anche il fatto che il sex work sia depenalizzato, così come suggerirebbe Amnesty International dopo il voto unanime espresso a Dublino. A questo proposito nelle ultime settimane abbiamo visto un incremento delle accuse contro l’organizzazione internazionale in difesa dei diritti umani. La lobby abolizionista è in guerra e non risparmia proprio nessuno. Perciò si usano notizie distorte o piegate all’uso strumentale che le abolizioniste ne fanno allo scopo di screditare Amnesty e delegittimare la proposta di depenalizzazione del sex work.

Poco conta dire che Amnesty soccorre le prostitute che in alcuni paesi del mondo finiscono in carcere per il lavoro svolto. Non conta neppure dire che ha basato il suo parere sui dati raccolti dopo lunghe ricerche e consultazioni con centinaia di associazioni contro la tratta, in rappresentanza di sex workers e contro la violenza sulle donne.

Dapprima associata a Douglas J. Fox, titolare di una agenzia di escort, la cui partecipazione alla proposta di Amnesty, come l’organizzazione precisa in un comunicato, è assolutamente nulla. Ora hanno tirato fuori altro fango che assocerebbe ad Amnesty un network di associazioni a difesa dei diritti delle prostitute del quale faceva parte l’associazione guidata dalla sex worker Alejandra Gil. Alejandra e il figlio sono stati arrestati, qualche anno fa, per sfruttamento della prostituzione. L’accusa è basata sulla nuova legge anti/tratta approvata in Messico. La legge, così come le abolizioniste auspicherebbero, non fa alcuna distinzione tra sex work per scelta e sfruttamento. Considera invece che la prostituzione tutta sia una forma di grave schiavitù. La mancanza di una corretta distinzione tra sfruttamento e lavoro sessuale per scelta rende le prostitute di alcuni paesi soggette ad attacchi repressivi. Così una sex worker come Alejandra Gil può essere condannata a 15 anni di carcere per la felicità delle abolizioniste.

Per supportare Alejandra tantissime persone, centinaia di organizzazioni, sex workers, ricercatori, hanno sottoscritto lettere e petizioni. Il Global Network del Sex Work Project ha espresso totale supporto in un comunicato in cui spiega anche come la risoluzione di Amnesty sia assolutamente necessaria affinché gli/le sex workers non finiscano in prigione. D’altronde chi supporta i/le sex workers non dovrebbe, a mio parere, essere così tanto dalla parte delle forze repressive, manettare, potenti, divise tra tutori e istituzioni forti che solitamente se la prendono con la parte debole della società: poveri, accattoni, migranti, puttane. Aderire acriticamente ad un atteggiamento tanto disposto a delegare la fine della discussione politica alle manette a me pare davvero poco libertario.

Su questo punto però le abolizioniste non concordano affatto, anzi. Pare che per loro la galera sia la soluzione di tutti i mali. Adoperano un atteggiamento giustizialista perfino quando delegano ad un giudice il compito di censurare una opinione o una proposta politica diversa dalla loro. E’ di questi giorni la notizia che alcune associazioni abolizioniste, qui in Italia, abbiano presentato alla procura di Milano una denuncia contro la proposta di zonizzazione dei Radicali, ipotizzando il reato di istigazione al favoreggiamento della prostituzione.

Ricordo che la proposta di zoning non è assolutamente alternativa alla tratta ma è in alternativa alle ordinanze anti/prostituzione che i sindaci usano marginalizzando le prostitute in periferie buie e pericolose e traendo beneficio economico da sanzioni di centinaia di euro inflitte a prostitute e clienti. Come dire: tanta foga per la lotta contro gli sfruttatori e nessuna critica contro i papponi di Stato.

Yuri Guaiana, presidente dell’associazione radicale Certi Diritti, da sempre a supporto delle lotte dei/delle sex workers, nonché vicepresidente del Consiglio di zona 2 di Milano nelle liste radicali, a proposito della denuncia così si esprime:

Ho appreso anche io la notizia dalla stampa. Poi uno si lamenta che la giustizia italiana non funziona. Certo che se le procure vengono intasate da denunce surreali che dicono più di chi le presenta che di chi ne è oggetto… Questa è la loro idea di libertà d’espressione: o sei d’accordo con noi o ti denunciamo. Già questo ci fa capire che non hanno tutta questa dimestichezza con i diritti umani, ma neanche con la Politica. La cosa farebbe solo ridere se l’archiviazione di questa ridicola denuncia non costasse denaro pubblico.

Rapporti tesi tra abolizioniste e supporters dei/delle sex workers dunque. Non c’è spazio per il confronto politico con chi ti denuncia se non la pensi come loro. Non c’è spazio per il confronto neppure con chi non coglie la differenza tra depenalizzazione e legalizzazione. Con chi continua a spacciare per veri dati che in realtà non ci sono. Quando le abolizioniste parlano di un 90% di vittime di sfruttamento non si può parlare neppure di stime. Sono ipotesi che diventano certezze a forza di essere ripetute. Eppure è su questi dati che si fonda tutto il loro ragionamento. Considerano che le sex workers per scelta siano una minuscola minoranza che non è degna di essere ascoltata o di vedersi riconosciuti diritti che rivendicano da tempo.

Infine è doveroso precisare che nelle iniziative abolizioniste di quest’ultimo periodo donne bianche, età media sessanta anni o giù di lì, cis e benestanti, parlano di prostitute senza prostitute (un po’ come i sauditi riuniti per parlare dei diritti delle donne) mostrando la storia di una vittima di tratta come se tutte le storie delle prostitute si somigliassero, raccontando che le sex workers sarebbero alleate dei papponi o che non esistono, dicendo che le sex workers sarebbero vittime o dissociate, dunque da rinchiudere in ogni caso: o in galera o in manicomio. Le abolizioniste si preoccupano di dimostrare come il sostegno alle sex workers sia banalmente ridotto a zero. Chiunque la pensi diversamente da loro o è un ladro o una spia o un fake di Eretica. Fortuna che c’è Pia Covre, presidente del Comitato per la difesa dei diritti civili delle prostitute che spiega esattamente come stanno le cose.

Io continuo a pensare che sia grave il fatto di disconoscere soggetti politici che si autorappresentano. E’ grave screditare chi non la pensa come le abolizioniste, gravissimo rivolgersi addirittura a tribunali per inibire il dissenso e per censurare la libertà di opinione. Grave è il piglio intollerante che impedisce una serena discussione tra persone che la pensano in modo diverso. Con le abolizioniste non si può discutere, questo è. Stanno salvando il mondo, loro. Siamo noi libertar* che stiamo dalla parte dei cattivi, streghe e stregoni, Eretici ed Eretiche, per l’appunto.

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