Nei suoi oltre 40 anni di attività ha accolto nelle sue “casette” più di mille bambini. Ora il Centro assistenza minori di Milano (Cam) rischia la chiusura. La data in cui dovrebbero chiudersi definitivamente le porte della struttura, che ospita bambini per i quali il Tribunale per i minorenni ha disposto l’allontanamento temporaneo dal nucleo familiare d’origine, è fissata per il 31 dicembre 2015. Il nodo del problema è la legge Delrio sull’abolizione delle province: venendo meno quella di Milano, sostituita dalla Città metropolitana, il centro è rimasto orfano. Perché “non rientra tra le funzioni assegnate all’ente”. In sostanza, la Città metropolitana ha inglobato gli uffici che erano della Provincia, tra cui anche il Cam, che però non può gestire non avendo competenza per il sociale. Funzioni, queste, che invece sono del Comune di Milano. Peccato che Palazzo Marino non può farsi carico della struttura per motivi economici.

“Noi diamo già un milione e mezzo all’anno al Cam per i bambini ospitati con residenza nel Comune di Milano (15, ndr) ed è un impegno che abbiamo intenzione di proseguire, ma non abbiamo le risorse necessarie per prendere in gestione totalmente la struttura, che in totale costa 4 milioni e mezzo l’anno”, spiega a ilfattoquotidiano.it Pierfrancesco Majorino, assessore alle Politiche sociali di Milano. “Tuttavia, pur essendo il Cam una struttura di eccellenza, il terzo settore milanese ne può vantare tante altre, che garantirebbero comunque ai bambini un’adeguata assistenza, anche se speriamo che questa sia una soluzione a cui non si debba ricorrere. Se poi il Parlamento pensasse di mettere a disposizione risorse straordinarie sui progetti dedicati all’infanzia, questa potrebbe essere un’ulteriore leva per offrire continuità a questo servizio”.

Il destino dei 19 bambini, fino ai 6 anni, attualmente ospitati al Cam per il momento è incerto: in caso di chiusura dovrebbero essere tutti trasferiti in altre comunità, secondo le disposizioni dei Comuni di residenza, ancora da definire. “Questa è la cosa che ci preoccupa di più: il fatto che questi bambini che hanno già subito un trauma, con lo spostamento ne dovrebbero subire un altro, essendo costretti ad ambientarsi nuovamente altrove e a costruire nuovi affetti”, spiega suor Caterina, una delle religiose della struttura. Ma c’è anche il futuro degli attuali dipendenti con cui fare i conti: questi non verranno licenziati, ma trasferiti presso uffici della Città metropolitana, che in una nota spiega anche le due alternative a disposizione dei professionisti: “Continuare a svolgere la loro professione trasferendosi nei Comuni o restare dipendenti di Città metropolitana con opportunità di corsi di formazione per la riqualificazione nei profili professionali delle funzioni di competenza dell’Ente”.

Tradotto: “Sono 70 le persone, tra educatrici, puericultrici e personale del Cam che rischiano di essere ricollocate da un’altra parte, con mansioni totalmente differenti da quelle che hanno svolto finora”, puntualizza la religiosa. “Fino a maggio ospitavamo 41 bambini (poi scesi a 19 per il blocco degli inserimenti, ndr) nelle nostre quattro ‘casette’. Le chiamiamo così perché il nostro obiettivo è proprio quello di offrire loro una vera e propria casa e non la sensazione di essere in un orfanotrofio. Qui i minori conducono uno stile di vita normale e sono seguiti dal punto di vista psicologico, affettivo ma anche sanitario: abbiamo avuto anche bambini con gravi handicap.” Il centro funziona anche come ‘pronto intervento’: “È qui che la polizia ha disposizione di portare i bambini di notte, per esempio, se il tribunale è chiuso”.

Allo studio ci sono alcune proposte, che verranno approfondite durante un tavolo istituzionale tra i rappresentanti del Cam e i soggetti coinvolti nella vicenda, Regione, Città metropolitana e Comune, che si rimpallano la presa in carico della struttura. Intanto Michela Vittoria Brambilla, presidente della Commissione parlamentare per l’infanzia, ha convocato il sindaco Giuliano Pisapia in audizione il 3 novembre. E contro la chiusura sono scesi in campo non solo i dipendenti, ma anche i genitori adottivi di alcuni ex ospiti, che hanno scritto lettere di protesta ai quotidiani. In difesa del Cam è stata lanciata anche una petizione sul sito change.org. “Noi speriamo in una soluzione positiva della vicenda, soprattutto per il bene dei bambini”, conclude suor Caterina.

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