Questa sera a Malmo, alla guida dello Shakhtar Donetsk, il tecnico Mircea Lucescu raggiungerà la ragguardevole cifra di 100 partite disputate in Champions League. Quinto allenatore della storia a tagliare questo traguardo, dopo Alex Ferguson, Arsene Wenger, Carlo Ancelotti e José Mourinho, il suo inserimento in questo gruppo di élite in compagnia di tali mostri sacri della panchina rende giustizia a uno dei più sottovalutati allenatori del calcio contemporaneo, capace come pochi rimanere aggiornato ai mutamenti del pallone e a volte di anticiparli. Profeta di quel futebol bailado brasiliano in salsa mitteleuropea che è stato marchio di fabbrica della Jugoslavia ma non solo, basti pensare al passa-repassa-chuta dell’ungherese Béla Guttmann, il romeno Mircea Lucescu nelle sue diverse vite calcistiche è stato tatticamente un camaleonte, sempre capace di reinventarsi a seconda della squadra, del campionato e dell’epoca storica in cui ha allenato.

Attaccante della Dinamo Bucarest e del Corvinul Hunedoara negli anni Sessanta e Settanta, gioca una settantina di partite anche con la nazionale della Romania che guida da capitano nei Mondiali di Messico 1970, e proprio a Hunedoara come allenatore/giocatore sul finire degli anni Settanta porta la squadra alla sua terza promozione della storia in massima serie e comincia la sua fortunata carriera da tecnico. Nel 1981 è nominato commissario tecnico della Romania dove getta le basi della squadra che esploderà anni dopo ai Mondiali di Italia ’90 e di Usa ’94 facendo esordire, a soli 18 anni, un certo Gheorghe Hagi. Nel 1986 torna ad allenare un club: la Dinamo di Bucarest. E’ il periodo d’oro del calcio romeno. Ma nel Marele Derby, il derby eterno di Bucarest tra la Dinamo della polizia e la Steaua dell’esercito, la famiglia Ceausescu per volontà di Valentin, figlio del dittatore Nicolae, sostiene la Steaua che infatti vince la Coppa dei Campioni nel 1986. Lucescu si accontenta di un campionato e due coppe nazionali.

Nel 1990, dopo il crollo del regime e la strana esecuzione di Ceausescu, è chiamato al Pisa da Romeo Anconetani dove, nonostante un buon inizio e il debutto di due giovani argentini che poi faranno la storia come Simeone e Chamot, retrocede. L’anno dopo passa al Brescia del neoproprietario Gino Corioni, imprenditore con buone entrature in Romania, dove oltre ai connazionali Sabau e Raducioiu riesce anche a portare in Italia anche il Maradona dei Carpazi, quel Gica Hagi che dopo la Steaua era passato al Real Madrid. Anche qui si comincia con una retrocessione, poi arriva la vittoria nella Coppa Anglo-Italiana battendo in finale a Wembley il Notts County con una rete di Ambrosetti. E’ primo e unico trofeo della storia del Brescia. Nonostante l’ottimo gioco espresso a Pisa e, soprattutto, a Brescia, l’Italia non porta fortuna a Lucescu che ottiene solo due esoneri alla guida della Reggiana e dell’Inter. Dopo un mesto ritorno in patria alla Dinamo, dove vince il campionato, il nuovo millennio è foriero di soddisfazioni per questo tecnico poliglotta e giramondo, con quell’aria sorniona e un po’ distaccata di chi ne ha viste tante.

Il riscatto comincia in Turchia, dove vince campionati e coppe alla guida di Galatasaray e Besiktas, ma la trasformazione della vile materia in oro avviene in Ucraina, dove Lucescu approda nel 2004 per guidare lo Shakhtar. Con il club dell’oligarca Akhmetov, il tecnico romeno realizza il suo capolavoro unendo a una rocciosa difesa composta da calciatori locali la sua idea di futebol bailado attraverso l’acquisto di innumerevoli calciatori brasiliani che fanno del club del Donbass la squadra più brasiliana di Europa. Con i vari Brandao, Luiz Adriano, Jadson, Fernandinho, Willian, Alex Texeira e Douglas Costa lo Shakhtar vince 19 trofei nazionali (8 campionati, 5 coppe e 6 supercoppe) e il primo trofeo internazionale: la Coppa Uefa nel 2009. E, soprattutto, impone un calcio bellissimo da vedere, tecnico e veloce, tanto nelle partite giocate in casa quanto nei più importanti stadi di Europa. Dal 2004, infatti, lo Shakhtar è presenza quasi fissa in Champions League, permettendo a Lucescu in breve tempo di toccare quota 100 partite nella massima competizione continentale. Lassù, in compagnia dei più grandi.

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