Stavo ripensando agli spagnoli, e francamente proprio non riesco a capirli. Pensate, negli anni ’20, invece di andare a fare guerre di conquista in Libia o Abissinia, ebbero la bizzarra idea di creare una catena alberghiera distribuita nel territorio, utilizzando nientedimeno che vecchi e cadenti palazzi storici, conventi, masserie, castelli e limitando al massimo la realizzazione di nuovi edifici. Li chiamarono Paradores. Li promosse lo Stato, che ne detiene dal 1991 l’esclusiva, li distribuirono soprattutto nelle aree meno sviluppate turisticamente della Spagna, lontano da Madrid e Barcellona, per capirci. Non paghi di questa curiosa iniziativa, gli spagnoli le diedero un grande impulso negli anni ’60, fecero in modo che a prezzi non elevatissimi fosse garantito un servizio efficiente in tutti i sensi e ne svilupparono ben 93, che oggi funzionano perfettamente.

Qualche anno fa, nel 2004 (oddio…11 anni fa!), in un momento di gran confusione mentale, invece di pensare a cose più serie ebbi l’insana idea, insieme al mio socio di studio, una famosa organizzazione per la valorizzazione del patrimonio culturale e un grande banchiere illuminato oggi scomparso, di tentare un’avventura simile a quella dei Paradores in Italia.

Battezzammo l’iniziativa “gli Hotel della Cultura” e pensavamo di recuperare decine di edifici storici, con tutto il rispetto molto, ma molto più belli di quelli spagnoli, disseminati sul territorio italiano e ben lontani dalle solite rotte turistiche, in paesaggi incantevoli, per farne dei presidi del territorio, che servissero non solo a dare piacevole alloggio e ristoro al viandante straniero assetato di storia e cultura italica, ma anche a fornirgli informazioni e a indirizzarlo verso il patrimonio artistico locale, le tradizioni, l’artigianato, la produzione gastronomica, gli eventi tipo mostre, concerti, e via di seguito.

Ci lavorammo 5 anni, si impegnarono meritoriamente anche l’Associazione dei Costruttori, una grande banca e nientedimeno che lo Stato, che finanziò parte del progetto. Individuammo una cinquantina di edifici storici pubblici e privati in stato di semiabbandono, uno più bello dell’altro; facemmo 5 progetti preliminari selezionando altrettanti edifici a campione, tra cui una splendida villa vesuviana sul mare, adibita per decenni a scuola delle guardia di polizia penitenziaria e ormai abbandonata e cadente; predisponemmo valutazioni di mercato ed economiche accuratissime.

Presentammo l’iniziativa nel 2009, in un bellissimo convegno all’Ara Pacis di Roma, nuova di pacca. Intervennero personalità, politici, imprenditori. L’allora affascinante ministra dei Beni Culturali, rossochiomata, sfoggiando sensualissime calze a rete, fece un discorso che strappò lacrime di commozione, promettendo un interessamento personale prioritario per un intervento serio e strutturato del governo e la gente si spellò le mani dagli applausi. Presentava e moderava noto presentatore televisivo, persona che io avevo sempre stimato molto e che sinceramente credo che si stacchi dal panorama spesso poco edificante dei presentatori televisivi. Eravamo tutti entusiasti del successo del Convegno: articoli sui giornali, altri convegni a livello locale di cui uno bellissimo a Palermo.

Il tempo cominciò a passare senza che succedesse nulla, i ministri cambiarono, i cornicioni degli edifici prescelti cascavano ogni tanto, l’intonaco si scrostava, amministratori di biblioteche storiche si vendevano privatamente volumi secolari dal valore inestimabile a trafficanti senza scrupoli, le Forze dell’Ordine si affannavano alla frontiera per intercettare flussi clandestini di opere d’arte di valore universale, la Spagna ci superava di slancio alla conquista dei nuovi mercati turistici, ridacchiando e fregandosi le mani, insieme alla Francia ed ad altri paesi mediterranei, mentre noi cacciavamo dalle nostre coste turisti stranieri danarosi arrivati con le loro barche desiderosi di godersi più di 3000 chilometri di coste….e io cominciai a sentirmi come il Marziano a Roma di Ennio Flaiano.

Dopo qualche anno rincontrai noto presentatore televisivo in un convegno, sempre sul recupero e la valorizzazione dei Beni Culturali, con nuovi ministri, sottosegretari, banchieri, grafici, istogrammi e slides di grandi società di consulting internazionali. Mi prese da parte e mi chiese che fine aveva fatto il nostro progetto, che era un peccato non svilupparlo. Lo guardai, ebbi la tentazione di sfogarmi con lui aggrappandomi al bavero della sua giacca e piangendo sulla sua spalla, poi mi dissi, ma chi te lo fa fare, dedicati allo sport nazionale: chiagn’ e fotti.

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