Ogni volta che si va Essen per partecipare alle Internationale Spieltage (Giornate internazionali del gioco), che ho presentato nel mio ultimo post, si viene colti da una sorta di vertigine da stupore. È il paradiso dei giocatori da tavolo e quest’anno ha battuto non pochi record. In 162.000 hanno affollato i 910 stand provenienti da 41 nazioni…e dappertutto si giocava, si giocava, si giocava, era difficile trovare tavoli liberi per provare le oltre 1.000 novità presentate. E il motto della fiera “Komm, spiel mit!” (qualcosa tipo “vieni a giocare con…”) ben rappresenta l’atmosfera e la cultura che c’è dietro. È proprio quel “giocare con” la chiave: chi va a essen a “giocare con” certamente non potrà più cadere nell’alienazione patologica dell’azzardo.

Però oggi non voglio entrare troppo nei particolari di quanto è avvenuto a Essen, citerò soltanto il ventennale de I coloni di Catan, il gioco che davvero ha cambiato (in meglio) la scena del gioco da tavolo tedesco prima e mondiale poi: il Catan, big game, un super-partitone con 1.040 giocatori nella stessa stanza, sold out già due giorni prima dell’inizio. Impensabile in Italia, spiega Essen meglio di ogni racconto.

giochi da tavola

Dicevo che vorrei fare un discorso generale, perché Essen è anche un’occasione per valutare i trend, per osservare quello che succede nel mondo del gioco.
Prendiamo per esempio l’editoria italiana di giochi da tavolo: possiamo dire che negli ultimi decenni è cambiata in modo così profondo da non essere più confrontabile… e continua a cambiare, a rinnovarsi, a esprimere nuove proposte, a volte con vero entusiasmo. Parliamo di aziende italiane, non di filiali di multi-nazionali.

Una volta a dominare il mercato c’erano Editrice Giochi e Clementoni. Ma ora la prima è ridotta ai minimi termini e a Essen nemmeno era presente; Clementoni invece è rimasta una grande azienda, ma ha praticamente abbandonato il gioco da tavolo, concentrandosi sull’educativo e sui puzzle. Nemmeno aziende come Dal Negro e Modiano erano presenti. C’erano invece tante, tantissime aziende nuove e anche nuovissime, segno di un’insospettata vitalità del settore e di una notevole intraprendenza; a loro la mia stima e il mio incoraggiamento, perché sono loro che contribuiscono a divulgare una sana cultura del gioco sano. E il bello è che lo scopo principale di queste aziende non è in genere l’arricchimento, il motore che le muove è la passione, il premio la gratificazione per un prodotto di successo, stimato dagli intenditori.

Vediamone alcune di questa nuova geografia incontrata a Essen.
C’era Giochi Uniti, nata nel 2006 come centro di distribuzione di varie piccole realtà, è via via cresciuta incorporandone alcune (Venice Connection, Stupor Mundi, Stratelibri…) e poi mettendosi anche a produrre in proprio. Deus ex machina di questa realtà è il napoletano Pino De Carolis, forse il maggiore collezionista di giochi italiano.
C’era dVGiochi che col suo Bang! ha ottenuto un successo mondiale… e ha pure subito una super-clonazione da parte di un’azienda cinese; ne abbiamo parlato in un post qualche tempo fa.
C’era Oliphante di Gianfranco Fioretta (per tantissimi vero punto di riferimento del gioco italiano), ad affacciarsi sul mercato internazionale in simbiosi con la Kaleidos Games di Spartaco Albertarelli (senza dubbio il più prolifico autore italiano, con 150 giochi al suo attivo).
C’era Ares, azienda toscana sorta dalle ceneri di Nexus, specializzata nel mercato americano, che con coraggio (e grande successo!) ha sperimentato una base logistica proprio negli USA, per evitare di perdere troppi margini con i distributori locali.
C’era What’s your game? che per semplificare le cose ha saggiamente deciso di trasferirsi là dov’è il cuore del mercato, cioè in Germania, più precisamente nella vivibilissima Berlino: bravi!
C’era Cranio creation, che orgogliosamente presentava nuovi giochi della coppia Tascini-Luciani, fresca vincitrice con Auf den Spuren von Marco Polo (prototipo proveniente del Premio Archimede per giochi inediti) sia del Deutscher Spiele Preis sia dell’International Gamers Award.
Non c’era naturalmente Asterion, azienda tra le più brillanti degli ultimi anni, che però è stata recentemente assorbita dal colosso francese Asmodee; storia interessante questa del tornado Asmodee che sta scompigliando tanti mercati… varrà la pena raccontarla.
C’era Horrible games, azienda che con grande entusiasmo cerca (e trova!) soluzioni di giochi altamente originali.
E poi c’era Red Glove, c’era Yemaia, c’era Giochix, c’era Scribabs, c’era Apokaliypse, c’era Placentia Games, c’era Post Scriptum… e chissà quante altre ce n’erano che mi sono sfuggite (non vogliatemene, anzi, casomai segnalatemele nei commenti!), senza contare l’area più specializzata del gioco di ruolo, che per il momento lasciamo da parte.

Nomi nuovi per molti di voi che non siete addetti ai lavori, ma nomi che stanno scrivendo una nuova storia per il gioco italiano, nomi che a Essen avevano come comun denominatore il cartello “sold out”; i giochi italiani ormai attraggono l’interesse dei gamer internazionali, vanno esauriti e cominciano a essere ricercati da distributori di tutto il mondo. Avanti così!

Ma non solo. Forse ancora più importante di questo fiorire editoriale è una vera esplosione creativa: si moltiplicano infatti gli autori italiani che vengono pubblicati e non solo dagli editori italiani di cui abbiamo appena raccontato, ma anche da molte delle più importanti case editrici di giochi del mondo. A Essen gli autori italiani erano quasi un must e presto ve ne presenterò un bel po’, assieme alle loro creazioni.

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