Senato 675Si è concluso, con la votazione dell’8 ottobre 2015, l’iter di modifica del Titolo V della Costituzione, con il sostanziale ritorno alla competenza esclusiva della norma statale – rispetto a quella “concorrente” e condivisa delle norme regionali – di materie “strategiche” per la vita quotidiana e futura del paese: commercio con l’estero, infrastrutture strategiche, reti per la produzione e trasmissione dell’energia, grandi reti di trasporto (quindi, ferrovie, autostrade, porti, aeroporti, …), energia, ambiente, tutela dei beni culturali, politiche attive del lavoro: in tutto 20 materie da riportare allo Stato centrale. Un particolare cenno merita il tema delle politiche attive del lavoro, oggi “pietra miliare” della riforma del lavoro, che in passato sono state soggette a normative regionali non omogenee che hanno imposto quindi regole territoriali non uniformi fra regione e regione, come avvenuto per i contratti di formazione, apprendistato, inserimento professionale, con evidenti discrepanze e difficoltà per i soggetti interessati, incluse le imprese presenti in modo diffuso sul territorio nazionale, così soggette a norme disomogenee per situazioni simili.

Tutto era cominciato con la nomina di una commissione di saggi”,  insediata da un governo precedente, per la riforma del Capo V della Costituzione, prevedendo di riportare in capo allo Stato la competenza esclusiva in materia di infrastrutture strategiche nazionali, sollecitata anche dal sistema delle imprese; si è poi proseguito con il disegno di legge costituzionale del Titolo V (approvato l’8 agosto 2014 in prima lettura al Senato), che ha apportato alcune modifiche sostanziali al rapporto stato-regioni riportando allo Stato la competenza esclusiva su materie sinora soggette alle “competenze concorrenti” fra Stato e Regioni, oggi concluso con la votazione avvenuta.

La modifica, importante e tale da riportare ad un più bilanciato rapporto fra stato centrale e locale, sarà però limitata ai rapporti fra Stato e Regioni ordinarie, giacché le Regioni a statuto autonomo (o speciale) e le Province di Trento e Bolzano ne restano escluse.

La cosiddetta riforma del “federalismo frettoloso” del 2001 – allora salutata come una “vittoria” contro le spinte autonomistiche “colorate di verde intenso”, e successivamente compresa per quello che era: un “pastrocchio” ingestibile — aveva determinato una serie infinita di conflitti fra lo Stato e le Regioni, spesso sfociate in contenzioni e ricorsi alla Corte Costituzionale, ed una moltiplicazione delle spese della pubblica amministrazione (+57% dal 2001 al 2013) con conseguente maggiori tasse (aumentate in modo più che proporzionale dell’81,4% dal 2001 al 2013). La Corte Costituzionale ne sarà sollevata: delle 1.647 sentenze emesse dal 2002 per risolvere lo scontro fra centro e periferia generato dalla riforma incompiuta del Titolo V, molte hanno riguardato le infrastrutture, oggetto di migliaia di conflitti fra soggetti della P.A.. Sarà ora compito dello Stato decidere che cosa realizzare e dove; si spera ad alta velocità decisionale.

La modifica intervenuta fa salve alcune eccezioni, riconoscendo una “clausola di supremazia” dello Stato, laddove il governo può disporre interventi legislativi in materie e funzioni non riservate alla legislazione esclusiva statale quando vi siano esigenze di “tutela dell’unità economica della Repubblica o lo renda necessario la realizzazione di programmi o di riforme economiche-sociali di interesse nazionale”; con questa disposizione, in futuro il governo avrà la facoltà di intervenire anche “fuori dal seminato” per dirimere, “velocizzare”, coordinare progetti che esso stesso riterrà di eccezionale importanza, superando a piè pari le resistenze degli enti locali; sarà interessante comprendere, nella realtà effettuale, se tali interventi sapranno superare le “irresistibili resistenze” delle province e regioni autonome (come la Sicilia, sempre prima nell’opporre dinieghi e ritrosie).

Nella versione modificata, l’art 116 della Costituzione sul federalismo differenziato prevede, infine, che le regioni “finanziariamente virtuose” potranno chiedere allo stato l’ampliamento delle proprie competenze (in materie sociali, politiche attive del lavoro, formazione professionale, ambiente); anche in questo caso, è grande la curiosità, e non solo nostra, di capire in che cosa consisterà questo “rafforzamento” delle competenze regionali, quali “virtù” siano portate a giustificazione della richiesta di ampliamento delle competenze, per quanto tempo le “virtù” dovranno essere manifestate (sperabilmente, per lungo tempo se non per sempre), come verrà ricomposto il perimetro delle competenze fra stato e regione virtuosa.

Come si può notare, accanto al salutare chiarimento del ruolo fra stato e regione, restano ampie aree di oscurità, tipiche delle decisioni di compromesso prive di un vero quadro programmatorio.

Sarà anche stata la Costituzione “più bella del mondo”, sarà invecchiata alquanto, ma il “maquillage” fatto non ne ha ripristinato neppure lontanamente la perduta bellezza: seguendo la moda corrente, è una Costituzione al botulino.

Corrado Girffa per @SpazioEconomia

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