Da ora in poi la rinegoziazione dei contratti di lavoro sarà il Far West. A meno che non intervenga a gamba tesa il governo. Il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, al termine di un incontro in Assolombarda con i rappresentanti delle 40 categorie che devono rinnovare i contratti nei prossimi sei mesi, ha infatti ufficializzato il fallimento delle trattative con i sindacati: “Per noi è un capitolo chiuso. Non abbiamo margini di manovra per poter proseguire il colloquio nel modo tradizionale”, ha sentenziato Squinzi. “Mi sembra che le posizioni dei sindacati siano irrealistiche sul piano monetario e sul futuro del Paese. Sono mesi, almeno da luglio, che ci prendono a schiaffoni e rinunciano a tutte le nostre aperture. Ne prendiamo atto”.

La conseguenza è che nella partita del rinnovo “potrebbe in qualche modo entrare il governo”, che sta studiando l’introduzione in Italia del salario minimo. La cui sperimentazione era prevista dalla legge delega di riforma del lavoro ma è stata poi rimandata per dar tempo alle parti sociali di confrontarsi. A questo punto però l’intervento sarà inevitabile. Se passerà per il varo del salario minimo legale, il contratto nazionale diventerà un optional: eventuali aumenti saranno decisi a livello aziendale o territoriale. “Ci auguriamo che non si combinino danni“, si è limitato a dire Squinzi.

“Se non siamo di capaci di trovare un accordo, per creare un modello di contratto più avanzato e più in linea con i tempi che ci impone l’economia globale, c’è da essere veramente preoccupati”, ha continuato Squinzi. “Contrariamente a quanto dice la signora Camusso non vogliamo ridurre i salari, non vogliamo bloccare le trattative, non chiediamo una moratoria in nessun modo”. Ma “ci siamo resi conto dell’impossibilità di portare avanti qualunque trattativa con il sindacato”.

 

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