1530.00 mq. di superficie totale, 3 piani, con balcone, garage e giardino. Anno di costruzione, 1600. Lo studio Bm Servizi immobiliari pubblicizza così Villa Trabia di Campofiorito, a Palermo, nei pressi di Santa Maria di Gesù. In vendita, tra le offerte speciali, come quella in contrada S. Michele di Altavilla e l’altra a Poggioridente. Ma a differenza delle altre due è un complesso storico. “La villa è attualmente fornita di corrente elettrica, acqua e telefono”, si legge nel sito dell’immobiliare prima che si suggerisca che il “complesso potrebbe essere destinato a sede di rappresentanza pubblica, meeting, seminari o civile abitazione di lusso”.

La circostanza che sia “da ristrutturare” più che un impedimento sembra prospettare un’occasione per chi l’acquistasse. D’altra parte lo spazio a disposizione è di tutto rispetto per farne uno spazio per eventi oppure una residenza esclusiva. In fondo si tratterà solo di scegliere. Intanto, nella villa è tutto fermo. L’edificio principale, fatto costruire da Carlo Reggio Saladino, principe di Campofiorito, per farne la residenza estiva, ha linee semplici. L’unico elemento di pregio sono i soffitti del piano nobile decorati a stucco in composizioni floreali. Ma è altro quel che lo caratterizza. Un agrumeto di più di 4 ettari e, soprattutto, la fontana-ninfeo alla quale conduce il largo viale d’onore, che passa tangente alla villa. Molto più di una semplice fontana. Uno dei più significativi esempi di architettura barocca della Sicilia, costruita nel primo decennio del Settecento su progetto dell’architetto Paolo Amato. Da tempo ormai ridotta in stato di conservazione precario: archi trionfali, colonne tortili, una balaustra e una vasca. E ancora il carro marino di Venere. Ogni elemento rivestito da scagliette di ossidiana e da conchiglie.

Da oltre venticinque anni i fratelli Lo Giudice, che erano gli amministratori della principessa Lanza Branciforti di Trabia e negli anni Settanta sono diventati i proprietari della villa, invocano il restauro della villa con il sostegno delle istituzioni. Nel 2006 e più recentemente nel 2014, anche dal Fai. Già nel 2007 la villa era stata inserita negli annunci commerciali dell’agenzia Retecasa. Il tentativo di uscire da un lungo impasse. Tentativo reiterato, ora. Ma anche “complicato”, per certi versi, dalla presenza di un vincolo monumentale sulla fontana e di un altro sull’area agricola. Nel frattempo la città “cresce”, cercando nuovi spazi”, minacciando in maniera sempre più aggressiva quella vasta villa il cui viale d’accesso è ormai luogo di transito per i proprietari delle villette costruite in prossimità di uno dei lati. Che siano proprio quei presunti impedimenti a salvare la villa? Può darsi. Ma intanto non può che provocare un senso di frustrazione sapere che Palermo e la Sicilia possano davvero aver deciso che Villa Trabia di Campofiorito sia un luogo qualunque. Un complesso così trascurabile da lasciarlo nelle mani di chi all’abbandono saprà rispondere, presumibilmente, con un riutilizzo all’insegna del profitto. Elemento che potrebbe anche essere giustificato se, come è probabile, non si unisse ad una mancanza di qualità. Ad una totale assenza di rispetto degli elementi identitari della villa. Elementi che Palermo nonostante abbia in numero rilevantissimo, continua colpevolmente ad ignorare.

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