Cinema

Sicario, il thriller d’autore di Denis Villeneuve arriva al cinema: storia di narcotraffico con Emily Blunt

Il confine protagonista di una storia di narcotraffico tra Stati Uniti e Messico separa la doppia natura del film del regista canadese, che da una parte coinvolge il pubblico con un immaginario poliziesco ed action e dall'altro scava nel turbamento e nella profondità dei dilemmi morali e personali dei personaggi

di Letizia Rogolino

Un thriller d’autore. Così si potrebbe definire Sicario, il nuovo film di Denis Villeneuve che, dopo essere stato presentato in anteprima alla scorsa edizione del festival di Cannes, è arrivato nelle sale italiane il 24 Settembre. Il confine protagonista di una storia di narcotraffico tra Stati Uniti e Messico separa la doppia natura del film del regista canadese, che da una parte coinvolge il pubblico con un immaginario poliziesco ed action tipico del prodotto finalizzato a grandi incassi, e dall’altro scava nel turbamento e nella profondità dei dilemmi morali e personali dei personaggi coinvolti.

Questo confine tra luce e oscurità è in continuo movimento per Kate Macer, l’agente dell’FBI interpretata da Emily Blunt, che in seguito all’epilogo agghiacciante di un caso di sequestro, viene coinvolta in una task force d’elite del governo per contribuire alla lotta contro il traffico di droga nel paese. La sua etica professionale subisce un duro colpo dopo l’incontro con Matt Graver (Josh Brolin) e il consulente Alejandro (Benicio Del Toro), un misterioso operativo colombiano segnato da un passato violento, con cui la donna è costretta a lavorare. Ben presto infatti quest’ultima si accorge che la guerra contro la droga è in realtà una guerra per la droga, in cui una serie di lupi famelici si scontrano per assumere il controllo di un equilibrio costruito sulla corruzione e il profitto, sovvertendo le più classiche norme del vivere civile. “Il Messico è diventato un luogo in preda all’anarchia. Quel confine in cui le culture si mescolavano è scomparso” ha dichiarato lo sceneggiatore Taylor Sheridan dopo aver raccolto informazioni tra le assolate cittadine di frontiera del Chihuahua Desert per scrivere questa storia inquietante, che si alimenta di un’ambiguità umana in continua crescita. I personaggi si muovono in un mondo grigio in cui bianco e nero non sono facilmente distinguibili. Un mondo inghiottito dalla droga, il terrorismo, l’immigrazione illegale e la corruzione, che presentano Juarez come un inferno a cielo aperto con cadaveri abbandonati in strada e appesi agli edifici, mentre in lontananza sparatorie ed esplosioni animano le giornate come in zona di guerra.

Villeneuve racconta una realtà scomoda e criminale avvolta dal velo della finzione scenica, giocando con il capovolgimento delle regole e mettendo in discussione l’onestà e la giustizia. Emily Blunt regala un’ottima interpretazione nei panni di una donna forte ed indipendente chiamata a rendersi conto di una realtà terrificante che non sembra offrire punti di fuga e alcun tipo di redenzione. Un realismo spietato in un paesaggio anonimo e polveroso che ricorda Bordertown di Gregory Nava, aiuta a completare un film convincente, in cui la tensione emotiva convive con l’intensità dell’azione, anche se il ritmo generale tende a stazionare troppo spesso senza particolari sviluppi narrativi. Mentre la fotografia di Roger Deakins contribuisce ad un’estetica intrigante, la regia riprende lo stile di Michael Mann, donando tuttavia originalità ad una storia che ha diversi precedenti sul grande schermo.

Basti ricordare Traffic di Steven Soderbergh o Le Belve di Oliver Stone. Sicario, tuttavia, non si limita esclusivamente alla solita caccia al colpevole, ma perde molto tempo ad addentrarsi nella psiche dei protagonisti, cercando la motivazione e il funzionamento delle loro dinamiche personali ed emotive. L’ambiguo Matt Graver di Josh Brolin coinvolge Kate Macer in una missione apparentemente ordinaria senza mostrare apertamente le sue intenzioni, mentre Alejandro sembra una presenza costante ed indispensabile per il successo dell’operazione guidato da fantasmi. Ma non si tratta del semplice gioco del poliziotto buono e poliziotto cattivo, perché Villeneuve non giudica i suoi personaggi rendendo difficile anche allo spettatore la distinzione netta tra bene e male. Sicario, pertanto è un’illusione di confine che risente di una narrazione graduale e lenta adottata dal regista, risultando più come una bomba implosa che non lascia scorrere la potenziale energia di un film del genere.

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