Ignazio Marino inaugura i cantieri per i lavori in vista del Giubileo

L’imminenza della data, 8 dicembre, non ha consentito la programmazione di grandi nuove opere per il Giubileo annunciato pochi mesi fa da papa Francesco. Tra la sorpresa generale così, il Comune di Roma, per contingenti ragioni di tempo e di risorse, ha obbligatoriamente dovuto scegliere la via della manutenzione dell’esistente.

Questo è già il primo miracolo, per chi crede nel valore salvifico di questi eventi, poiché quello che doveva e dovrebbe essere l’obiettivo minimo di una buona amministrazione di un territorio, cioè la cura costante dal degrado dovuto all’uso ed all’abuso delle città, viceversa è una chimera da noi, in special modo per Roma. Finalmente dopo anni forse si è capito che è più importante stare con i piedi saldamente per terra, curando strade, giardini, piazze, piuttosto che arrampicarsi sulle Nuvole.

La Capitale, bersaglio di ironie, lazzi, denunce più astiose che mai in questi ultimi tempi, in special modo dopo i funerali gitani, dovrebbe riscattarsi per il ruolo che detiene nel mondo, con un’immagine nuova di decoro, sobrietà, bellezza. E l’annuncio, in forma anche se vogliamo modesta da piccolo Comune (slides e Powerpoint approssimativi) dei programmi in atto, da una parte delude ma dall’altra conforta. Innanzitutto si scopre che Roma ha luoghi di pregio (ma va!?) ed in questi sarà assicurata una pulizia costante, rifiuti e cancellazione scritte, attraverso accordi tra Ama, Associazioni di via, Commercianti che hanno annunciato peraltro anche interventi in zone periferiche.

Il programma infatti prevede una distinzione tra zone di pregio (centro storico) e aree di rigenerazione urbana (periferie con presenza di edifici di culto interessati dal Giubileo).
Per il centro storico sono previsti allargamenti di marciapiede (e qui non se ne capisce il motivo) di alcune vie come nel caso di via Zanardelli con l’evidenziazione, sacrosanta e speriamo non invasiva, di alcune peculiarità come il Museo napoleonico, unico nel suo genere in Europa per l’aspetto familiare e non enfatico del generale corso, pochissimo visitato e conosciuto diversamente da altri musei e luoghi della Capitale. Il motivo costante infatti è, o perlomeno dovrebbe essere, unire il sacro ed il profano convincendo i pellegrini a diventare anche turisti colti.

In alcune vie e piazze di pregio però è anche prevista l’asfaltatura, anziché la risistemazione del porfido (come ad esempio in piazza Repubblica comunemente definita piazza Esedra), e questo è motivo di grande delusione per quell’intento di riqualificazione che il Comune promette. Lo stesso trattamento lo subiranno vie note e nate con il tipico lastricato di cubetti di leucitite come ad esempio via Nazionale, via IV Novembre e Largo Magnanapoli in virtù di una maggiore sicurezza stradale mentre sarebbe stata sufficiente una costante attenta manutenzione al fine di ovviare l’usura intensiva rimediata in questi anni con ridicole, antiestetiche e pericolose toppe di bitume.

Mi soffermo su questo aspetto perché, come già scrissi, il selciato dei nostri centri storici ed in particolare a Roma, va tutelato e restaurato al pari d’un edificio, di una fontana, di un parco perché ha pari dignità degli altri elementi che insieme ne fanno il tessuto e perché la memoria di una città non è solo verticale. Una volta garantita la compattezza e planarità, tale pavimentazione oltre la peculiarità della resistenza e salubrità assolve anche la funzione di dissuasore naturale di velocità.

Altro punto qualificante, secondo gli intenti del Comune di Roma, è quello di un controllo sistematico di fenomeni di degrado visivo, come le facciate e i tetti degli edifici deturpati da graffiti ed antenne, per questo è stato proposto un accordo con i privati al fine di agevolarli fiscalmente in caso di interventi. Viceversa per le aree o gli edifici di competenza pubblica si prevedono manutenzioni straordinarie nei percorsi di maggior transito “giubilare” ma non c’è traccia della pulizia straordinaria e definitiva delle zone adiacenti a piazza Esedra come i giardini De Nicola, sede permanente di bivacchi di roulotte e bancarelle abusive in una zona di grande visibilità in quanto baricentrica tra S. Maria degli Angeli e la Stazione Termini.

Se da una parte ci possiamo congratulare con lo sfratto dei camion bar e dei banchetti degli urtisti, non c’è traccia di una volontà alla rimozione e repressione del commercio selvaggio ed abusivo, cosicché bene il restauro del Ponte di Castel S. Angelo, ma poi dovrebbe essere consentito anche il passaggio e la visuale ora impedita da un mercato indecente di perenne ciarpame; l’annuncio di un potenziamento dei vigili potrebbe però essere un deterrente posizionandone un paio agli ingressi.

Perché il decoro è il primo ristoro e risarcimento del cittadino onesto e contribuente che ha diritto di godere della bellezza in toto e costituire l’immagine della città per i turisti/pellegrini.
Alcuni interventi poi di arredo urbano non sono supportati da indicazioni precise né tantomeno da una Commissione in grado di scegliere gli elementi più idonei con il contesto storico, soprattutto privilegiando l’utilità come i cestini (quelli già esistenti vanno benissimo ma vanno potenziati) mentre non se ne vede lo scopo di disseminare la città di inutili fioriere, quasi sempre brutti contenitori usati come poi megaposacenere e portarifiuti, sarebbe auspicabile una costante assidua cura delle alberature esistenti. Non c’è accenno ad esempio al ripristino dei cosiddetti “nasoni” le tipiche fontanelle romane che, come i turet a Torino, hanno una loro specificità, tenuto conto del valore aggiunto della gradevolezza dell’acqua di Roma, si è privilegiato viceversa l’installazione delle casette dell’Acea.

Il catalogo guida fornito poi dal Comune sugli elementi di arredo urbano consigliati sembra uscito da una catena di discount e oltre essere banali non hanno nessun richiamo identificativo particolare. I restauri annunciati della Fontana del Quirinale, dei muraglioni del Tevere e delle Sale Capitoline degli Orazi e Curiazi sono la punta di diamante della giunta Marino che include come proprio successo anche il restauro della piramide Cestia sponsorizzata interamente dal magnate giapponese Yuzo Yagi. Il quale si è dimostrato disponibile ad altre opere di mecenatismo. Certo a patto che non si rechi a piedi adesso nelle vie del centro, tenuto conto dell’attitudine maniacale alla pulizia (e relativa dura repressione) dei nipponici.

Si è stati viceversa rassicurati della non sostituzione delle targhe di vie con i numeri romani limitandosi solo alle comunicazioni al cittadino per adempimenti burocratici, ma già si immaginano i contrattempi ed equivoci. In sostanza il minimalismo di per sé è una virtù di questo programma ma dovrebbe coniugarsi con il rigore formale degli interventi e la corretta istantanea azione di controllo sul territorio; non sottovalutando e tollerando aprioristicamente azioni considerate marginali e di colore o folklore per non cadere nel pittoresco o ancor peggio nella criminale spirale gitana che tanto scalpore ha suscitato quest’estate.

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