buona scuola 675

Dall’assemblea di Bologna del 6 settembre è uscita una data chiara, che è un richiamo simbolico e – al tempo stesso – la rappresentazione concreta che la scuola italiana non è disposta a farsi trascinare nell’inerzia con cui il Paese sta affrontando l’emergenza democratica: 23 settembre, notte bianca della scuola pubblica italiana.

Il 23 settembre è il giorno dell’equinozio, dell’equità tra giorno e notte. Equità ed uguaglianza sono principi che la nostra Costituzione declina a vario titolo e che compaiono fortemente scolpiti nella configurazione che la scuola pubblica assume, attraverso la Carta, come strumento dell’interesse generale: no a scuole di serie A e di serie B; no a scuole a marce diverse; no ad opportunità differenti ai cittadini di questo Paese sulla base del censo e della provenienza sociale; no a lavoratori con diritti diversi; no a scuole private che abbiano finanziamenti da parte della fiscalità generale; no alla scuola azienda, gerarchizzata, arbitraria, in cui la valutazione e la premialità non sono elementi che tentino di affrontare e migliorare le criticità, ma randelli impugnati più o meno arbitrariamente per rafforzare potere, incentivare pensiero unico, reprimere la libertà di insegnamento; libertà di insegnamento che non è un principio a vantaggio del singolo docente o della categoria, ma strumento dell’interesse della collettività, unica garanzia di una scuola democratica, inclusiva, laica, pluralista; no alla scuola dell’infanzia privatizzata e svincolata dal sistema scolastico nazionale; no all’avviamento professionale precoce governato dalle aziende e con la scuola incapace di opporsi allo sfruttamento.

È per questo che è necessario, oggi più che mai, il coinvolgimento dei genitori e della società tutta. Un attimo di attenzione, voi che avete i figli che frequentano aule insicure, scuole a corto di personale Ata, tagliato “riforma” dopo “riforma”; istituti che prosciugano il contributo “volontario” per provvedere all’ordinaria amministrazione, che lo Stato non garantisce più, come non garantisce il diritto all’apprendimento dei vostri figli, stipati in classi pollaio, non garantiti nel principio della continuità didattica, “bessizzati” come in un serraglio di “diversità”, “invalsizzati” per stroncare il sapere critico analitico, curiosità, libertà, volo, semplificando a forza di procedure burocratiche quello che è infinitamente complesso: gli straordinari individui che sono ciascuno di loro.

Guardate cosa fa la scuola che non si arrende, nonostante l’arbitrio e la violenza con cui ci hanno imposto – a dispetto delle nostre argomentazioni e delle nostre controproposte – una legge che configura la scuola azienda, diritti diversi tra pari, un sistema di finanziamento alle private, l’uomo solo al comando, la completa assenza di qualsiasi valenza didattica o pedagogica; che rappresenta un’idea di scuola (e di società) in cui i destini sociali non trovano emancipazione, dove partecipazione e democrazia sono le grandi assenti; in cui le parole d’ordine sono dettate da una visione disumanizzante ed economicista. Rispettate la scuola democratica, che sa che una battaglia è persa; ma che non si arrende, perché è convinta delle proprie ragioni. Che sta in piazza non solo per noi, ma per voi, tutti, cittadini di un Paese sonnolento, che ha perso – insieme al buon gusto e alla vigilanza – il senso della democrazia e della solidarietà.

A Roma la Notte Bianca della scuola coinciderà con un presidio sotto il Miur (mentre i sindacati incontreranno il ministro) che continuerà quello – anticipato di poche ore, alle 15 – in Piazza delle 5 Lune, sotto il Senato della Repubblica, in corrispondenza delle decisioni sull’ammissibilità degli emendamenti sull’articolo 2 della legge Renzi-Boschi. A seguire un’assemblea presso l’istituto Jean Piaget, organizzata dalla Rete territoriale Cinecittà Bene Comune. Altrove, in moltissime città, iniziative tra le più diverse, letture pubbliche, spazio alla creatività, fiaccolate, cartoline itineranti della scuola pubblica, interventi, feste, spazi per i bambini. Tutti insieme, unitariamente: associazioni, comitati, singoli soggetti, in una condivisione trasversale di due istanze – alla partecipazione e alla vigilanza democratica  – che, ancora – non è e non può essere solo esigenza della scuola.

Qualche giorno fa a Ferrara ennesima pioggia di fischi per Giannini e i suoi, che hanno reagito attraverso il ricorso alla consueta propaganda di regime: incapaci di andare nel merito delle contestazioni e ignari di qualsiasi forma di dinamica democratica, hanno raccontato la loro personalissima mistificazione della realtà a suon di insulti – “fascisti, picchiatori” – con i quali unicamente sono in grado di rispondere al dissenso. La perla suprema è stata pronunciata da Stefano Versari, direttore generale dell’Ufficio Scolastico Regionale per l’Emilia Romagna: “Chi genera ansia in maniera negativa, cioè senza motivo, è uno stronzo” a proposito delle contestazioni: sofisticati aforismi a rappresentare la complessità del reale. Chi non ha cultura democratica non può esprimersi democraticamente: la stizza e la volgarità dimostrano che non si capacitino che la scuola non molla. E noi dobbiamo evitare di dargli un’impressione diversa.

Per il momento la giornata del 9 ottobre indetta dall’Uds e la manifestazione del 17 ottobre contro le disuguaglianze sociali e la miseria, organizzata da Libera vedranno coinvolto il mondo della scuola, in attesa che – come hanno fatto i Cobas – anche gli altri sindacati (che per ora propendono per manifestazioni regionali il 24 ottobre) accolgano la richiesta dell’assemblea del 6 settembre  di una grande manifestazione nazionale, seguita da uno sciopero che continui a tener dentro il fronte sindacale compatto unitario che ha accompagnato la mobilitazione di questa primavera estate. Abbiamo una precisa responsabilità: la scuola non deve e non può mollare.

 

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