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Torna anche quest’anno, in programma dal 23 settembre all’8 dicembre e in collaborazione con la Soprintendenza archeologica di Roma, Romaeuropa Festival. Ad aprire le danze presso il meraviglioso Palazzo Altemps, gratuitamente fruibile dal pubblico del concerto, sarà il 24 settembre alle ore 21, con le Sonatas and Interludes per pianoforte preparato di John Cage, Fabrizio Ottaviucci.

Pianista eclettico, Ottaviucci unisce alla prassi interpretativa quella compositiva, spostandosi dalla musica minimalista a quella seriale, dodecafonica e aleatoria: “Nelle varie direzioni che seguo sono attratto da ciò che soddisfa le mie esigenze espressive interiori. Trovo il mio agio non tanto in relazione al linguaggio utilizzato quanto al contenuto delle differenti esperienze”. Non solo musica d’avanguardia ma anche influenze rock, pop e jazz nella musica di Ottaviucci e nel suo album “Ragapiano” (Egea, 2009): “Un po’ come accade nella vita – racconta il pianista – in cui ci si trova a modulare la scelta del linguaggio in base alla possibilità di comunicare la propria visione agli altri, per me è naturale muovermi in differenti frequenze stilistiche, allo scopo di dare espressione ai contenuti che animano la mia percezione”. Grande poi l’amicizia con Markus Stockhausen, figlio del celeberrimo Karlheinz.

Un’amicizia che ha portato alla realizzazione di lavori come Spaces and Spheres (Wergo, 2013): “Markus, a cui sono legato da profonda amicizia è stato nei vent’anni di stretta collaborazione un maestro nell’arte e nella vita. La sua apertura mentale, il carisma personale, l’eterogeneità della sua espressione, la profondità del suo far musica mi hanno molto insegnato”.

Ottaviucci coniuga le sue abilità esecutive con la cosiddetta improvvisazione intuitiva, tecnica direttamente nata “dalle esperienze di Karlheinz Stockhausen – come spiega il pianista marchigiano – a ridosso degli anni ’70. Si distingue dalle altre pratiche improvvisative per la tendenza a usare i linguaggi più disparati. Ciò che conta è diventare sensibili alle necessità del momento, che si determinano in base a tutte le componenti presenti nel momento creativo. Le oramai consolidate esperienze passate mi dimostrano che il ‘suono’ contiene questa possibilità, questa ‘magia’”.

Origini marchigiane ma attualmente residente ad Assisi, la scelta di Ottaviucci sembra esser stata determinata da questioni d’ordine spirituale: “Proprio il fascino per la personalità di San Francesco mi ha portato a scegliere di vivere sulle colline che lo videro passeggiare, parlare con gli animali, cantare la meraviglia della creazione. Sono stato un ‘figlio dei fiori’ negli anni ’70 e quel pensiero non è tanto lontano dagli insegnamenti di Francesco”.

Quello a Romaeuropa Festival è per Fabrizio Ottaviucci un ritorno. Già lo scorso anno aveva incantato il pubblico del festival romano con le suite per pianoforte di Giacinto Scelsi, mentre quest’anno a farla da padrone saranno le Sonatas and Interludes per pianoforte preparato di John Cage. Due autori, Scelsi e Cage, che in un’opinione condivisa da molti – Ottaviucci compreso – “nella seconda metà del Novecento hanno maggiormente stravolto il pensiero precedente del come e perché fare musica. Comune ai due compositori è il pensiero che l’opera è sempre in movimento, così come il cercare e trovare nel suono un senso che rimanda al di là degli specifici significati musicali. Inoltre, alle tecniche aleatorie di Cage si possono affiancare le tecniche di composizione istantanea praticate da Scelsi”.

Musica contemporanea tout court, repertori che ancora in diverse regioni d’Italia non trovano dimora. Pensiamo ad esempio alla Calabria, territorio nel quale solo recentemente il pianista Antonio Matarazzo si è sistematicamente e coraggiosamente cimentato nella diffusione di questo repertorio, portando in giro Berio, Cage, Pärt, Ligeti e diversi altri: “Il problema – afferma Ottaviucci – è grande e direi politico. Siamo in un tempo in cui le espressioni artistiche più importanti sono sconosciute non solo al grande pubblico ma anche agli ambienti specialistici, come i conservatori. E’ un tempo che taglia tutte le risorse alla ‘ricerca’. Il pubblico ha bisogno di conoscere da vicino e deve essere aiutato con progetti intelligenti e distribuiti sul territorio”.

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