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Vien da sorridere al pensiero che un’azienda produttrice di mutande e reggiseni abbia deciso di pagare la copertura, non del corpo di una bella fanciulla o del principe dei fustacchioni, ma nientepopodimenoche dell’Arena di Verona, l’anfiteatro romano del I secolo meglio conservato al mondo. Verrebbe da chiedersi quale sarà il tipo di materiale che verrà utilizzato, trasparente, vedo e non vedo, oppure nero con pizzi e fru fru? Insomma c’è da ridere al pensiero che gli uomini che studiano la comunicazione di questa azienda non abbiano avvertito i rischi collaterali di associare a un grande monumento romano la specialità aziendale nella copertura di pudenda. Ma a volte anche i geni del marketing fanno degli errori. O forse non si tratta di un errore?

Infatti la copertura, eventuale, dell’Arena di Verona è una cosa senza senso per un’infinità di motivi, in primo luogo tecnico-realizzativi, ma anche artistico-conservativi, che non starò certamente a illustrare, perché su questo ci sono altri esperti che possono inondare il web e i giornali di puntuali dati che escludono la fattibilità di un progetto del genere. Nemmeno per scherzo si può pensare di coprire un grande monumento, sia esso una chiesa, un teatro o una semplice casa; chiunque è in grado di capire che l’esistenza stessa di un’opera d’arte è messa a repentaglio da chi ne vorrebbe sconvolgere il senso e la natura, scambiandolo appunto per un sedere. Il solo pensiero è talmente scandaloso e rozzo, anche se la ditta di calze, mutande e reggiseni che ha stanziato 100 mila euro a fondo perduto (non moltissimo ma sono sempre 4 borse di studio per giovani laureati!) intende solo verificare la fattibilità del progetto, non la sua costruzione e questo rientra, probabilmente, in un pregresso piano di sponsorizzazione.

Va bene il rumore e la pubblicità, anche se per una sciocchezza, l’importante è che se ne parli. Quello che colpisce è un altro aspetto, che gli uomini del marketing avrebbero fatto bene a considerare. L’Arena in realtà è già in mutande e la copertura – eventuale – quindi è una mutanda sopra la mutanda, una doppia copertura. Un inestetismo o qualcosa di più. Infatti la «copertura», fortemente voluta dal sindaco Tosi, serve prima di tutto a coprire i bilanci in rosso della Fondazione Arena che ha in gestione l’anfiteatro per la stagione lirica, alzando un polverone diversivo e suggerendo alla gente che i disastri determinati dalla gestione degli uomini che il sindaco ha collocato alla guida del più grande teatro all’aperto del mondo siano invece causati dai temporali estivi.

Da diversi anni la Fondazione Arena produce una stagione lirica modesta, che si traduce in una crescita dei debiti. L’anno scorso che fu l’annus horribilis, il sindaco di Verona per sostenere la conferma del Sovrintendente in scadenza arrivò a sostenere che la colpa del crollo nella vendita dei biglietti era da attribuire alla pioggia. Quest’anno infatti, senza nemmeno un giorno perso causa maltempo, gli incassi sono stati ancora inferiori e il sindaco costretto a sostenere la morte della lirica e la necessità di coprire l’anfiteatro. Insomma in un momento di grande difficoltà e di incapacità a risolvere i problemi, le mutande servono per coprire i problemi di Tosi, non il monumento.

Così vanno le cose in Italia. Un industriale compiacente pronto a dare una mano al politico di turno in difficoltà si trova sempre. Per l’impegno, la fatica, il lavoro e le competenze ripassate più tardi. Noi non ce ne scandalizziamo, né ci sorprendiamo ma facciamo fatica a pensare che in questo modo – purtroppo così diffuso – potremo finalmente diventare un Paese credibile.

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