Orient experience è uno dei tanti ristoranti veneziani ma ha qualcosa di speciale, non solo il menu, che propone piatti della tradizione medio orientale, ma anche il personale: tutti ragazzi arrivati in Italia come profughi e che in laguna hanno trovato l’approdo per una nuova vita.
L’idea di un ristorante etnico-solidale è venuta ad Hamed Ahmadi, 34 anni, regista e imprenditore afghano giunto in Italia proprio come richiedente asilo. Nel 2006 Hamed viene invitato alla Mostra del cinema di Venezia per presentare un documentario e dopo il festival si ferma nella Penisola e chiede lo status di rifugiato. Otto mesi in un centro d’accoglienza a Tessera e poi il tirocinio come giardiniere al Guggenheim.

Racconta Ahmadi: “Nel 2007 è cominciato l’esodo dei miei connazionali in fuga dalla guerra causata dalla insurrezione talebana. La cooperativa che gestiva il centro di Tessera mi chiese dunque di lavorare come mediatore culturale per i ragazzi appena arrivati, soprattutto minori dai 15 ai 17 anni”. Hamed ripercorre insieme a loro la strada che dal Medio Oriente li ha portati in Europa. Un cammino lungo, che dura tanti mesi e molto costoso, fino a 10mila euro. “La maggior parte dei profughi non può permettersi di affrontare questo viaggio in una volta sola. Molti si fermano lungo il tragitto, chiedono appoggio a parenti e amici e lavorano per un periodo. È molto comune – racconta il regista – che trovino posto in un ristorante o che per risparmiare imparino a cucinare”.

Hamed chiede agli ospiti del centro di raccontare il viaggio attraverso il cibo, piatti pakistani con influenze turche o pietanze irachene con tracce di Grecia.
Sessanta ricette diverse che Hamed e i ragazzi rivisiteranno fino ad arrivare a un menu di quindici piatti. “Per avvalorare il risultato della nostra ricerca culinaria, ogni domenica organizzavamo delle feste al centro d’accoglienza e invitavamo alla nostra tavola tutti i cittadini che volevano assaggiare un piatto diverso”, racconta Hamed, che precisa: “Il fenomeno migratorio degli ultimi anni è sempre associato alla tragedia ma chi è riuscito ad arrivare, nonostante le difficoltà, è vivo e non c’è nulla di più vitale del cibo. Mangiare e condividere parte della propria cultura è un modo per rimanere legati alle proprie radici favorendo l’integrazione”.

I veneziani accolgono con entusiasmo le specialità di Ahmadi e i suoi ragazzi e, contatto dopo contatto, con l’aiuto di chi vede la lungimiranza di un progetto, Hamed trova un locale da prendere in affitto e fonda una società. Ecco come è andata: “Abbiamo aperto Orient experience di Cannaregio nel 2012, in piena recessione, ma grazie a un menu economico e al duro lavoro siamo stati ripagati, il ristoro ha avuto un successo esponenziale e due anni dopo abbiamo inaugurato un altro Orient experience in Santa Margherita. A Natale – spiega Hamed – sarà la volta di Africa experience, stessa formula ma, come suggerisce il nome, il menu seguirà le tappe di un’altra rotta di migranti”.

Ahmadi conclude la sua storia augurandosi che possa essere un esempio positivo e replicabile: “Vorrei che questa idea venisse esportata in tutta Italia. I governi e le istituzioni dovrebbero spingere le persone a ragionare sull’immigrazione anziché giocare sulla paura dello sconosciuto. Oggi si dice che gli stranieri siano mantenuti dalla collettività e domani che ci rubano il lavoro. L’immigrazione – precisa il regista – è sempre esistita e non dovrebbe essere trattata in termini politici bensì economici. Negli otto mesi trascorsi nel centro d’accoglienza ho calcolato che sono stati spesi per me 10-12mila euro in aiuti. L’anno scorso però, ho pagato 47mila euro di tasse”.

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