caffe_de_la_paixCaffè de la Paix (Emi, 1993) è l’ultimo album i cui testi portano la firma unica di Franco Battiato. Da quello immediatamente successivo, L’ombrello e la macchina da cucire (Emi, 1995), subentrerà infatti il filosofo Manlio Sgalambro che, per circa un ventennio (fino alla scomparsa, risalente al mese di marzo 2014) sarà quasi sempre l’unica firma sia dei testi delle canzoni che dei suoi libretti d’opera. Una collaborazione molto proficua quella che si viene a instaurare tra i due e che, oltre a condurre di lì a poco a brani come La Cura, Strani giorni e Shock in my town, viene inaugurata e suggellata da Il Cavaliere dell’intelletto (1994), opera in due atti dedicata alla figura di Federico II di Svevia e commissionata al duo filosofico-musicale dalla regione Sicilia. Nonostante i precedenti articoli dedicati ai testi delle canzoni di Battiato (qui, qui, qui e qui) presentassero sempre due album, Caffè de la Paix, che chiude di fatto un ciclo creativo e si erge quasi a testamento filosofico del maestro catanese, basterebbe da solo a colmare ben più di un singolo articolo.

Fin dal primo brano, l’omonimo che dà il titolo all’album, ci troviamo completamente calati nella Parigi di George Ivanovitch Gurdjieff: il Caffè de la Paix era infatti il luogo di incontro prediletto dal maestro armeno, il posto nel quale il filosofo creatore della Quarta Via scriveva i suoi libri e incontrava allievi, ammiratori e giornalisti. Il testo del brano è tutto dedicato alla sfera del sonno fisico, all’interno della quale il sogno sembra rivelarsi conduttore verso esistenze passate: “(…) quando fui donna o prete di campagna, un mercenario o un padre di famiglia. Per questo in sogno ci si vede un pò diversi, e luoghi sconosciuti sono familiari”. Il sogno è poi argomento sul quale Battiato troverà grande convergenza con gli scritti di un suo amico e collaboratore, Alejandro Jodorowsky, attore protagonista nel secondo film del musicista siciliano, Musikanten. Entrambi si interessano, da diversi anni a questa parte, al cosiddetto ‘sogno lucido’: “(…) l’interpretazione dei sogni – spiega Jodorowsky nel libro Psicomagia – è una pratica vecchia come il mondo (…) La fase successiva, che supera ogni tipo di interpretazione, consiste nell’entrare nel sogno lucido, in cui si è coscienti del fatto che si sta sognando, e questa consapevolezza ci dà la possibilità di lavorare sul contenuto del sogno”.

Col brano Sui giardini della preesistenza Battiato, quasi a compendio di quel Cinghiale Bianco che segnò il suo ingresso nella musica pop, torna a cantare i tempi d’oro, già ampiamente descritti nel brano appena precedente, Atlantide. “Torno a cantare il bene e gli splendori dei sempre più lontani tempi d’oro, quando noi vivevamo in attenzione perché non c’era posto per il sonno”, questa la prima strofa del brano che pone l’accento sul concetto di “sonno”, colonna portante di tutta la psicologia gurdjieffiana: “Egli (l’uomo, ndr) vive nel sonno. Dorme. Quello che chiama la sua ‘coscienza lucida’ non è che sonno, e un sonno molto più pericoloso del suo sonno, la notte, nel suo letto”. Il concetto gurdjieffiano di sonno si collega direttamente al discorso dell’attenzione, altro punto che Battiato pone in evidenzia nel testo di questo brano: “La gente non ha attenzione – ricordava Gurdjieff ai suoi allievi – Voi dovete cercare di procurarvene. L’osservazione di sé è possibile soltanto se si è capaci di attenzione. Cominciate con piccole cose”. Il brano Ricerca sul Terzo è poi la descrizione dettagliata del modo in cui il cantautore e compositore siciliano pratica la tecnica della meditazione: “Mi siedo alla maniera degli antichi Egizi, coi palmi delle mani dolcemente stesi sulle gambe e il busto eretto e naturale, un minareto verso il cielo (…) Come se fossi entrato in pieno sonno ma coi sensi sempre più coscienti e svegli, e un grande beneficio prova il corpo, il cuore e la mia mente che spesso ai suoi pensieri m’incatena”. Non a caso il brano pone l’accento sul Terzo, ovvero quel terzo occhio, interiore, che molti collegano alla ghiandola pineale. Battiato poi non manca di mostrarsi in fase di meditazione, nel videoclip del brano Caffè de la Paix. Il tema del risveglio lo troviamo nuovamente nel brano Lode all’Inviolato: “Degna è la vita di colui che è sveglio, ma ancor di più di chi diventa saggio”.

La sapienza, propria dell’uomo saggio, supera dunque, e di gran lunga, lo stato e il grado dell’uomo risvegliato, ridestatosi dal sonno della coscienza. “E quanti personaggi inutili ho indossato, io e la mia persona quanti ne ha subiti”, quante maschere cioè, quante ingannevoli maschere l’essere umano indossa senza neanche riuscire ad accorgersene, ingannato da quella ‘falsa personalità’ del brano Segnali di vita che avevamo precedente incontrato e commentato nel secondo dei nostri approfondimenti sui testi delle canzoni di Battiato.

Articolo Precedente

Ministri, ecco il nuovo “Cultura generale”: non è un disco “schickimicki”. La recensione

next
Articolo Successivo

Nesli, l’artista dalle mille lingue

next