Che alla fine restino solo gli alberghi. Sarà che il turismo finalmente torna a girare su numeri positivi e dopo il lungo digiuno fan gola anche le briciole. Sarà che il Giubileo alle porte è un boccone molto ghiotto. Fatto sta che, mai come oggi, si assiste a un profluvio di appelli ai vertici delle istituzioni e della politica per dare una stretta al settore dell’accoglienza turistica alternativa all’albergo.

E’ stato pubblicato, tra molte polemiche, il nuovo regolamento di Regione Lazio per il settore extralberghiero. Richiesto a gran voce proprio dagli albergatori, riduce fortemente i periodi di apertura per i B&B familiari, le case vacanze, ostelli etc. Per far passare la stretta gli albergatori hanno usato le leve della lotta all’abusivismo e della sicurezza, piaghe che toccherebbe però alle forze dell’ordine contrastare senza sconti, non alla burocrazia e all’iper-regolazione che finiscono per colpire tutti, anche gli onesti. Così sostiene l’associazione nazionale dei B&B (Anbba) che ha accusato apertamente la lobby degli hotel di voler eliminare la concorrenza “dal basso” delle strutture non imprenditoriali, quelle che grazie al Web riescono a proporsi come alternativa economica all’albergo.

Confindustria Alberghi intanto è tornata alla carica e alza anche il tiro. Stavolta nel mirino finiscono i cosiddetti “affitti brevi”, l’unica categoria che era rimasta fuori. L’associazione chiede al legislatore nazionale di rivedere le norme che escludono questa tipologia di accoglienza, entro il limite di 30 giorni, dall’obbligo di depositare i contratti e notificare le presenze alla Polizia di Stato. A livello nazionale, non regionale. E lo chiede, niente meno, con una lettera inviata ai ministri Alfano (Interno), Padoan (Economia), Franceschini (Cultura).

Inutile chiedere copia delle missive per sapere che cosa ci sia scritto: “La richiesta di avere questa corrispondenza è inusuale. Preferiamo non divulgarle, anche perché non abbiamo ricevuto risposta”, dicono dagli uffici del presidente, Giorgio Palmucci. Un comunicato dell’associazione riporta però la sintesi dei temi e delle richieste. “Da sempre sosteniamo la concorrenza e libero mercato, così come le nuove forme d’accoglienza che attirano nuovi target turistici”, si legge nelle prime due righe. Ne seguono altre 24 che sembrano dire tutto il contrario. “La situazione sta sfuggendo di mano” avverte Palmucci, riferendosi agli annunci che proliferano sui portali Internet.

“Correggere alcune anomalie” è dunque la richiesta urgente ai ministri. Ad Alfano di far qualcosa per assicurare che anche chi affitta una stanza sia tenuto alla registrazione e alla comunicazione degli alloggi alle autorità di pubblica sicurezza ai fini del controllo del territorio. A Padoan fa poi presente la distorsione del mercato e la perdita di gettito derivanti dal mancato assoggettamento fiscale. Imposta di soggiorno, Imu, Tasi – rileva – sono incombenze sconosciute a chi ricorre a questa formula che “nella gran parte dei casi ha abbandonato ogni connotato di occasionalità e spontaneità trasformandosi, a tutti gli effetti, in attività economica”. E questo spesso – troppo spesso – è vero.

Anche stavolta, però, si mischiano i problemi delle regole e della legalità. L’affitto breve nasce con quelle facilitazioni proprio perché è tale, per definizione ha natura occasionale, spontanea e temporanea. Il legislatore lo ha previsto e disciplinato pensando a una forma di integrazione al reddito familiare e a un uso intelligente delle troppe abitazioni vuote: dal pensionato cui si è liberata la stanza perché il figlio è andato via al lavoratore che deve fare una trasferta e troverebbe insostenibili le tariffe di un albergo.

Se, diversamente, questo tipo di attività venisse regolata come quella di un albergo o di un’attività imprenditoriale (e non marginale) nessuno avrebbe più convenienza a farla. Ma proprio questo, forse, è l’intendimento inconfessabile delle missive riservate. Peccato non poterle leggere e sgomberare ogni ombra sulle reali finalità della federazione degli albergatori. Verificare se, ad esempio, quando chiede ai ministri di cambiare le regole (altrui) pretende anche che facciano il loro mestiere, disponendo quegli accertamenti a tappeto contro gli abusivi che restano sulla carta. O intervenendo sugli enti enti religiosi che convertono gli immobili in alberghi esentasse. Un tema su cui è intervenuto ieri anche Papa Francesco, in vista del Giubileo: “Se i conventi lavorano come alberghi paghino le tasse”.

Va detto, infine, che anche in albergo tira una brutta aria. Il governo ha rispolverato l’idea estendere la tassa di soggiorno per chi dorme in Hotel che oggi vale, con tariffe differenziate (da 1,5 ai 7 euro di Roma) in 650 comuni soltanto, cioé meno di uno su dieci. Ad oggi la tassa porta un gettito per l’erario pari a 270 milioni che potrebbe salire e produrre un “tesoretto” utile ad altri scopi. Un modo indolore di recuperare soldi togliendoli a chi non vota, i turisti. Se non ci fosse però un problema: l’evasione praticata dentro gli stessi hotel, una categoria che predica bene e a volte razzola male.

Negli ultimi mesi, come racconta il Corriere, sono aumentati i casi di “evasione della tassa”. In hotel infatti la si paga separatamente dal conto. Se il cliente non la vuole saldare l’albergatore non lo può obbligare (e fa spallucce). L’idea è allora di recuperare i soldi evasi,  trasformando l’hotel in esattore per conto del Comune. A questo punto non è escluso il compromesso degli interessi in campo: il governo accoglie le richieste degli albergatori di una stretta sull’extralberghiero, loro si mostrano disponibili a fare l’esattore. Il negoziato è aperto.

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