Da professionista irreprensibile e stimato sia in paese sia nel mondo bancario e finanziario, si era trasformato in un giocatore d’azzardo che intascava i risparmi dei suoi clienti per poi giocarli al Casinò di Venezia. Una vicenda andata avanti per 7 anni che vede protagonista un insospettabile promotore finanziario di 61 anni di Bagno di Romagna si è presentato a marzo scorso al comando della guardia di finanza di Forlì e in lacrime ha confessato di aver perso 9 milioni e 400mila euro. In gran parte andati in fumo nelle slot machine. Ha raccontato tutto ai militari, spiegando che voleva farla finita e dicendo di non voler tornare a casa per la vergogna. I militari lo hanno fatto calmare e la moglie, fino ad allora ignara di tutto, è stata informata telefonicamente.

Ora l’uomo è in una comunità di recupero per persone affette da ludopatia, mentre la giustizia fa il suo corso: il pm Filippo Santangelo ha infatti chiuso le indagini e per l’indagato, accusato di truffa e altri reati, potrebbe aprirsi presto il processo. Il Casinò di Venezia, non coinvolto nell’inchiesta, rischia tuttavia di dovere pagare una sanzione: secondo le fiamme gialle ci sarebbe stata una violazione della normativa antiriciclaggio e una omessa comunicazione di operazioni sospette per un totale di 3,6 milioni di euro. Mentre la sanzione potrebbe arrivare fino al 40 per cento della somma contestata. “Abbiamo ricevuto una notifica da parte della Guardia di Finanza e ne contesteremo il contenuto nelle sedi adeguate e non sulla stampa”, ha detto a Gioconews.it il direttore giochi del Casinò, Stefano Silvestri.

In sostanza il promotore romagnolo intascava denaro contante, assegni e bonifici dai suoi clienti con la promessa che questi sarebbero stati regolarmente investiti. Poi compilava da sé, falsificando persino i loghi di alcune società finanziarie, la documentazione che attestava gli investimenti. Infine periodicamente andava a Milano e da qui spediva i suoi rendiconti falsi: in questo modo il timbro postale avrebbe certificato che lui, nella città dove stanno banche e società di investimento, ci andava davvero.

Per raggirare la normativa antiriciclaggio, il promotore (difeso ora dall’avvocato Giordano Anconelli) aveva inoltre escogitato un sistema che gli consentiva di utilizzare i titoli raccolti dagli investitori direttamente nella casa da gioco. A partire dal 2011 infatti chiedeva ai suoi risparmiatori l’emissione di assegni circolari intestati a due sigle societarie, risultate poi riconducibili al Casinò. Gli investitori intestavano infatti i propri assegni ad acronimi che, se digitati sui motori di ricerca, riconducevano a società finanziarie. Ma in realtà erano le iniziali della casa da gioco veneziana, a cui sono risultati intestati dai clienti del promotore circa 2 milioni di euro. In altri casi il promotore chiedeva di intestare gli assegni a persone fisiche che poi sono risultati essere dipendenti del Casinò stesso.

La nota dolente riguarda tuttavia gli investitori, una settantina in totale, molti dei quali erano parenti del promotore stesso, ignari di tutto fino alla confessione. Tra loro una pensionata di 71 anni della provincia di Arezzo, moglie dell’ex professore di ragioneria del 61enne, che negli anni aveva affidato al promotore circa 730mila euro. Il cognato invece ha visto svanire nel nulla i circa 600mila euro affidati al promotore per investirli a nome delle figlie. “Bisogna capire che cosa succederà ai poveri investitori”, spiega Eugenio Galluppi, avvocato di una ventina di investitori truffati. “La banca che aveva dato mandato al promotore per raccogliere i risparmi ha già fatto sapere che non intende risarcirli”.

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