Alla fine l’hanno accettata tutti la proposta di assunzione inviata dal “cervellone” del Ministero a 8.511 docenti precari che dal 18 luglio al 14 agosto hanno presentato la richiesta attraverso il portale web del Ministero. Gli ultimi dati disponibili da parte degli uffici guidati da Stefania Giannini, a poche ore dalla chiusura fissata alle 24 di oggi, permettono un certo entusiasmo a viale Trastevere: più di 8.532 precari ovvero oltre il 97% ha accolto la destinazione designata dal Miur. Solo 244  sono invece le persone che hanno rifiutato il posto di lavoro in cattedra: 52 hanno esplicitamente rinunciato e 192 non hanno risposto.

Dall’altro canto le regole erano chiare per il contingente di docenti della fase B: chi non avrebbe accettato la proposta non avrebbe potuto partecipare al “secondo tempo” (fase C, organico di potenziamento che arriverà a novembre) e sarebbe stato definitivamente espunto dalle graduatorie di merito e ad esaurimento cui è iscritto.

Resta il fatto che molti di questi, soprattutto i docenti del Sud, che hanno detto sì al “cervellone informatico”, per quest’anno non la vedranno nemmeno la scuola dove sono stati designati come docenti di ruolo perché sono riusciti ad ottenere una supplenza annuale. Dopo tanti patemi d’animo e nottate trascorse insonni per decidere se presentare o meno la domanda con il rischio di lasciare la propria terra e la famiglia per il posto di lavoro, sono riusciti a “salvarsi”.

Alla mezzanotte e un minuto del 2 settembre scorso hanno avuto il responso: in molti si sono disperati, qualcuno ha parlato di deportazione sollevando polemiche da parte del Governo ma entro l’8 settembre hanno tutti sperato di essere convocati dall’ufficio scolastico provinciale per un contratto a tempo determinato. Un’ancora di salvezza che permette loro persino di immaginare di rientrare il prossimo anno nel piano di mobilità e restare a casa. E’ quello che è successo ad Antonella De Palma, 40 enne, docente di Bitonto che dopo anni di precariato come insegnante di lingue e di sostegno (con tanto di specializzazione), il 2 settembre ha ricevuto l’incarico a Brescia ma per ora insegnerà ancora nella sua città.

Intanto questi docenti della fase B, che popolano il profilo Facebook “Il docente migrante”, hanno dovuto far fronte con la mancanza di notizie certe rispetto alla modalità della presa di servizio nelle scuole dove risultano di ruolo: un esercito di persone che ha scelto le sedi senza conoscerle e delegando gli addetti degli uffici scolastici a scegliere. Ora tocca alla fase C, quella destinata al potenziamento.

Anche sul fronte dei dirigenti, la partenza della scuola è in affanno: secondo l’Associazione nazionale presidi nell’anno della “Buona Scuola” un istituto su sei non avrà la guida ma dovrà accontentarsi di un reggente. “Siamo di fronte al 15-20% delle scuole che non avranno il preside a settembre. Il problema – spiega Mario Rusconi, vice presidente dell’Anp – riguarda i numeri delle scuole: ci sono circa 1500 istituti sottodimensionati; noi continuiamo ad insistere per accorparli ma le Regioni non ne vogliono sapere per accontentare una volta il sindaco, un’altra il consiglio d’istituto. Il concorso a preside non viene bandito da anni perché il Mef non autorizza in quanto ritiene che mancano le somme per coprire le spese e così il prossimo settembre avremo altri 700 presidi che andranno in pensione, con il rischio di arrivare al 25% di scuole senza preside”.

*Articolo aggiornato da redazione web il 12 settembre alle ore 16

Articolo Precedente

Test d’ingresso università: lauree umanistiche a numero chiuso, provocazione o soluzione?

next
Articolo Successivo

Scuola, abilitati Tfa scavalcati anche in graduatorie supplenze: “Miur non ha comunicato la precedenza”

next