Sul menù ci sono i piatti della tradizione regionale, preparati dalle mani esperte di chi ha fatto del cibo la propria passione. Dorina Polacchini, palermitana doc, tuttavia, non è uno chef stellato. È una social cooker, una cuoca non professionista che ha trasformato la propria casa in un ristorante per pochi intimi. Dalla sua tavola sono passati turisti, amici, sconosciuti, il ragazzo single che non ama cenare da solo e la coppia sposata in cerca di nuove conoscenze. E un’esperienza nata come hobby alla fine è diventato un business.

“In Italia il concetto di social cooking, cioè di andare a cena fuori a casa di uno sconosciuto che per una sera apre il proprio salotto come fosse un ristorante, è ancora poco conosciuto – racconta – però i commensali non mancano e io riesco a guadagnare abbastanza da arrotondare il mio stipendio da libera professionista”. Iscritta a Peoplecooks, una delle piattaforme di social eating più utilizzate in Italia, in un anno Dorina è riuscita a guadagnare circa 4000 euro. “Ho iniziato per passione, mi piace avere ospiti a cena, e mi sono detta, perché non provare? Mi sono trovata meglio di quanto credessi”. Sul suo menù c’è tutta la tradizione siciliana, e il suo piatto forte sono le verdure e gli ortaggi. Ma oltre al cibo, da godere a tavola c’è anche la conversazione. “L’aspetto più bello del social eating è proprio lo scambio tra commensali: si conoscono persone nuove, si condividono le proprie esperienze, e alla fine, arrivati al caffè, ognuno è umanamente un po’ più ricco”.

“Riesco a guadagnare abbastanza da arrotondare il mio stipendio da libera professionista”

I prezzi dei menu generalmente sono inferiori rispetto a quelli di un ristorante, e se non si ha a disposizione un’ampia sala da pranzo e non si ospitano commensali tutti i giorni, vivere esclusivamente dei ricavi della social cooking non è facile. I menù degli chef di Peoplecooks partono da una base di 6, 7 euro, mentre su Gnammo il costo sale, ma non troppo, in proporzione al numero delle portate e alla quantità di ingredienti necessari a cucinarle.  “Tuttavia – fa i conti Dorina – con la crisi che c’è oggi, è un buon modo per guadagnare qualcosa”.

Che poi è la ragione per cui Roberto Francalanci e sua moglie Simonetta si sono iscritti a Gnammo. “Siamo entrambi in mobilità, abbiamo perso il lavoro, e per noi il social cooking è un’opportunità per reinventarci”. 56 anni lui, e 53 anni lei, rimettersi sul mercato dopo una vita passata, rispettivamente, in un mobilificio e in una cooperativa di fisioterapisti, non è facile, che tu sia nato a Milano come a Castelfiorentino. Ma in Toscana la cucina ce l’hanno nel sangue, e comunque, Simonetta è cuoca amatoriale da una vita.

“Siamo entrambi in mobilità, abbiamo perso il lavoro, e per noi il social cooking è un’opportunità per reinventarci”

 

“Mia moglie ha le mani d’oro – sorride Roberto – io invece sono una persona curiosa, ho un blog, ho frequentato corsi di qualsiasi cosa, mi tengo impegnato. Così la conversazione non manca mai, a cena. E d’altronde, o ti tieni attivo, o è la fine. Ma perdere il lavoro non può essere la fine della vita, c’è troppo da fare per buttarsi giù”. Gnammo trattiene il 10% della prezzo del menù, che varia a seconda degli eventi che lo chef d’eccezione sceglie di organizzare. A casa di Simonetta però, il pane è sempre fresco di forno, e le verdure provengono direttamente dall’orto. “Abbiamo appena iniziato, ma per mia moglie è già un’attività a tempo pieno. Vedremo se riusciremo a farla fruttare. E’ una bella idea, senza togliere nulla ai ristoranti, l’esperienza vale la pena di essere vissuta. Anche solo per il momento di condivisione che si crea a tavola, l’ambiente famigliare e l’ottima cucina tradizionale”.

Dalla Lombardia alla Sicilia, sono migliaia i cuochi social disseminati lungo lo stivale, a testimoniare il diffondersi, anche in Italia, di una tendenza che a livello internazionale è già popolare. C’è chi vorrebbe aprire un ristorante vero, un giorno, ma sa che come molte altre, in Italia, quella della ristorazione è una strada in salita. “Sì, ci sono parecchi cuochi o aspiranti tali sui siti di social cooking – spiega Antonello Riva, executive chef romano – perché questo paese è il peggiore per intraprendere un’attività imprenditoriale, la burocrazia è un vero e proprio muro quasi insormontabile, e quindi cercano una strada alternativa”.

“Sì, ci sono tanti cuochi sui siti di social cooking, perché questo paese è il peggiore per intraprendere un’attività imprenditoriale, la burocrazia è un vero e proprio muro quasi insormontabile. Quindi si cerca un’alternativa”

E poi c’è la studentessa che cucina per contribuire alle spese dell’università, la casalinga che desidera mettersi in gioco, la coppia, o il single, che cerca un modo per allargare il proprio giro di conoscenze. “Per alcuni è un hobby, per altri un lavoro – riassume Laura, 43 anni, di Fiumicino, che nel suo menù inserisce anche le linguine all’astice – io ho iniziato da pochissimo, e sto sperimentando. Vedremo, ho già molte idee”. “La cucina è la mia passione, vengo da una famiglia di ristoratori e le grandi tavolate sono nel mio dna – racconta Teresa, campana d’origine e fiorentina d’adozione – a casa mia ciascuno porta il vino, un modo per far sentire gli ospiti a proprio agio, come se andassero a casa di amici. C’è sempre un bel clima, e credo che come Blabla car o Airbnb, questa novità prenderà piede”.

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