Gli esuberi Telecom salgono dai 1.700 annunciati pochi mesi fa a 3mila. Ma non saranno gestiti con licenziamenti, bensì con il ricorso a contratti di solidarietà. Questo l’esito dell’accordo quadro firmato al ministero dello Sviluppo economico da azienda e sindacati, con la pesante assenza della sigla Slc Cgil, che parla di esuberi inesistenti e di “un vero e proprio ricatto” nei confronti del governo: la società continua a bloccare le 4mila assunzioni promesse, in attesa che l’esecutivo finanzi gli ammortizzatori sociali richiesti.

Il documento è stato firmato il 7 settembre e consiste in un accordo quadro che nelle prossime settimane dovrà prendere forma in intese più dettagliate. Al numero di 3mila esuberi, riferiscono i sindacati firmatari, si è arrivati dopo che l’azienda ha rinunciato alla societarizzazione, cioè allo scorporo, della divisione caring, in pratica i call center, che conta circa 9mila dipendenti. “Non ci saranno uscite traumatiche”, assicura Stefano Conti, segretario generale di Ugl Tlc. Niente licenziamenti, dunque, ma ricorso ai contratti di solidarietà difensiva. Uno strumento al quale Telecom sembra affezionata, dal momento che lo ha utilizzato prima dal 2010 al 2012 e poi dal 2013 al 2015, coinvolgendo un totale di 32mila dipendenti. A fianco all’ammortizzatore sociale, gli esuberi saranno gestiti con prepensionamenti. E si prevede anche la mobilità volontaria per 330 lavoratori.

Ma il punto focale della questione resta il congelamento delle 4mila assunzioni promesse dalla società e legate al piano di investimenti per la fibra ottica. In questo quadro si inserisce la mancata firma del sindacato Slc Cgil. “Solo in Italia – afferma il segretario generale Michele Azzola – un’azienda può riempire i giornali dichiarando la necessità di dover assumere 4mila giovani prima, per poi sottoscrivere un accordo su 3.330 esuberi. E solo nel nostro Paese si può realizzare un accordo in sede ministeriale certificando esuberi che nella realtà non esistono e di cui nessuno conosce collocazione e ambito di attività”. La partita si gioca su un tavolo più ampio. Già a luglio, l’azienda aveva lanciato l’avvertimento al governo: o nell’ambito del Jobs act finanziate la solidarietà espansiva, cioè l’ammortizzatore sociale pensato per favorire le assunzioni, o si blocca tutto. E venerdì scorso, appena approvati gli ultimi decreti della riforma, il presidente di Telecom Giuseppe Recchi ha ribadito che la decisione di non toccare la solidarietà espansiva “potrebbe portare a riparametrare nei tempi e nei modi il piano di assunzioni”. Il pressing continua anche dopo la firma dell’accordo quadro, con l’azienda che conferma “la disponibilità a rivedere modalità e strumenti adottati per favorire lo sviluppo sostenibile del business qualora l’evoluzione del quadro legislativo metta a disposizione nuovi istituti che favoriscano anche il ricambio generazionale e il remix professionale”. Ancora una volta, il messaggio è chiaro: dateci gli ammortizzatori sociali e noi assumiamo.

Così, il braccio di ferro tra Telecom e il governo ha avuto come effetto quello di spaccare il fronte sindacale. Da un parte ci sono le sigle firmatarie, che di fatto sostengono la richiesta dell’azienda. “Ci auguriamo – afferma Salvo Ugliarolo, segretario generale di Uilcom Uil – che nella prossima legge di Stabilità si possano recuperare i finanziamenti per la solidarietà espansiva”. Dall’altra c’è la Slc Cgil, che per bocca del segretario Azzola parla di “un vero e proprio ricatto nei confronti del governo”. E che contesta la reale esistenza degli esuberi, attaccando i colleghi firmatari: “La giustificazione sindacale per la firma di tale intesa sta nell’evitare una societarizzazione del servizio caring che non è mai stata nelle reali volontà aziendali, come si può tranquillamente comprendere da tutti gli atti ufficiali della società”.

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