Reinventarsi sulla soglia dei cinquant’anni dopo un fallimento lavorativo. Questa la sfida che Luca Patrizio Ciuti, ha dovuto affrontare quando si è trovato a scegliere tra Italia e Tunisia. Con un matrimonio finito alle spalle, il fascino tunisino non ci ha messo molto a conquistarlo. Oltre alla curiosità, dopo aver passato una vita dedicata ai prodotti “Made in Italy”, di vedere cosa sarebbe successo scegliendo a 48 anni di passare in una squadra avversaria, giocando per il “Made in Tunisia”.

La Tunisia Luca la conosceva dal 2004, quando lavorava nel settore tessile gestendo la produzione di prototipi per conto di importanti marchi di abbigliamento. Poi l’offerta di gestire in autonomia alcune commesse di produzione italiane – che erano inviate in Tunisia per essere confezionate – e la scelta di aprire un suo laboratorio otto anni fa. Ma “soci locali poco affidabili su consegne e presenza” lo hanno costretto a trasferirsi in Tunisia per tentare di salvare la clientela e ridurre le perdite. Peccato che fosse troppo tardi. “Le opzioni erano tornare in Italia cercando una collocazione di fortuna – racconta Luca – o tentare un’avventura in questa nuova terra”. Luca ha scelto la seconda. “In Italia non ci sono le condizioni per poter investire con la certezza di un ritorno economico e quindi non c’è altra possibilità che guardarsi attorno”.

I lati positivi di reinventarsi in Tunisia? “Basso costo della manodopera e incentivi fiscali per chi crea occupazione”. Ma oltre ai vantaggi economici, “ho avuto l’impressione di un paese pieno di risorse e ancora da costruzione, e non uno stato saturo come l’Italia”. Due i progetti: prima una società di supporto a chi vuole investire, delocalizzare o trasferirsi in Tunisia. Il secondo – “Le eccellenze della Tunisia” – mira invece a produrre, confezionare e commercializzare prodotti biologici tunisini, come l’olio extravergine di oliva. “L’olio d’oliva tunisino è esportato e imbottigliato all’estero, soprattutto in Italia – racconta Luca – e finisce sulle tavole dei consumatori europei senza che neppure lo sappiano. Io vorrei valorizzarlo in loco, ottenendo un prodotto tunisino d’eccellenza”.

Nella rinascita tunisina, Luca rivede le potenzialità che in passato hanno portato l’Italia al miracolo economico del dopoguerra. E visto che uno stipendio medio in Tunisia si aggira intorno ai 250 euro, “se si ha una rendita di 500 euro al mese si può vivere più che dignitosamente, permettendosi anche qualche vizio”, come cene italiane con la nutrita comunità di espatriati. Tra questi, molti pensionati che “vengono qui per rivalutare quanto riscuotono a fine mese”. Tanto che Luca organizza anche seminari dedicati ai connazionali che, al termine dei loro anni di lavoro, possono essere incuriositi dall’idea di trasferirsi in Tunisia.

Tra le vie tunisine l’imprenditore marchigiano ha ritrovato anche l’amore, risposandosi lo scorso dicembre. “Quella di mia moglie è una famiglia semplice ma accogliente – racconta Luca – Con mia madre che trascorre spesso grandi periodi nella mia nuova casa, l’unica cosa che mi manca dell’Italia sono i miei due figli”. Le volte che torna ad Ascoli Piceno, gli amici lo appellano come “il coraggioso”, ma “se conoscessero meglio la Tunisia, si accorgerebbero che il salto culturale è meno impegnativo di quanto si creda”.

A complicare il quadro, però, si inserisce quanto accaduto negli ultimi mesi. Dopo l’attacco jihadista al Museo del Bardo a Tunisi, dove a marzo hanno perso la vita 23 persone, sono calati gli investimenti nel paese. E il colpo di grazia per il settore turistico è stato il successivo attentato di giugno sulle spiagge di Sousse, che “ha fortemente intimorito l’utenza del turismo di massa, provocando conseguenze devastanti per l’economia tunisina”. Ripercussioni difficili in un Paese dove “le opportunità economiche sono particolarmente evidenti in due settori: quello turistico e quello agroalimentare”.

Le paure dei tunisini dopo i due attentati jihadisti? Secondo l’imprenditore marchigiano prevale il timore della crisi economica a quello dell’avanzata del fondamentalismo islamico. E l’impoverimento porterebbe a alla destabilizzazione, rendendo vane le conquiste maturate in questi anni. “La speranza è quella di ricominciare a trasmettere l’immagine di un paese sicuro, per recuperare in fretta l’utenza del turismo di massa”. E Luca è convinto che “la Tunisia reggerà il colpo. In Italia – conclude l’imprenditore – vedo facce tristi di chi, colpito dalla crisi, è incapace di accettare le piccole rinunce. Qui a Kelibia le persone, pur con un solo dinaro in tasca, non rinunciano al sorriso”.

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