Prima era solo un vago sospetto, adesso è una certezza: Mercedes Ibanez, la donna di 70 anni uccisa a Palagonia (vicino a Mineo) assieme al marito Vincenzo Solano dal diciottenne ivoriano Mamadou Kamara, ha subito violenza sessuale prima di essere colpita a morte. Lo dice l’autopsia disposta sul cadavere della donna e lo conferma l’ordinanza emessa il 4 settembre dal Gip di Caltagirone Ivana Cardillo, con la quale viene convalidato il fermo dell’ivoriano e gli viene applicata la misura della custodia cautelare. Ed è un altro tassello, il più brutto, che compone il mosaico di una scena del delitto che Giuseppe Verzera definisce raccapricciante: “C’era sangue dappertutto”, dice il procuratore in conferenza stampa.

Secondo la ricostruzione del Gip Cardillo a carico di Mamadou Kamara, che non è incensurato come si ricorda nell’ordinanza, ci sono tutta una serie di elementi che non lasciano spazio a dubbi. Come il ritrovamento nel borsone dell’ivoriano di cellulari, computer portatili, orologi, macchine fotografiche e indumenti appartenuti alle vittime e le ripetute bugie sui propri spostamenti la sera del delitto. Per esempio, quando prima afferma di avere utilizzato una bici di sua proprietà e poi è costretto ad ammettere davanti alla contestazione del giudice che la bici gli era stata data in prestito da un altro ospite del Cara sentito precedentemente dai poliziotti.

Ma soprattutto ci sono quelle macchie di sangue sui propri indumenti trovati nel borsone al posto dei quali lui ha indossato quelli di Vincenzo Solano. Il Gip nell’ordinanza parla di “condotta violenta connotata da una disumana crudeltà essendosi infierito contro le vittime con ripetuti colpi al capo e al volto, oltre che nelle parti intime e particolarmente odiosa in quanto posta in essere nei confronti di vittime in età avanzata”. Contro la povera signora Mercedes l’ivoriano si è accanito con particolare impeto: “Le risultanze dell’ispezione cadaverica – si scrive nell’ordinanza – rivelano diverse lesioni sul corpo della Ibanez, consentendo di ipotizzare che le stesse erano state prodotte verosimilmente da un mezzo contundente utilizzato con meccanismo compressivo e notevole forza viva, percuotendola reiteratamente, nonché dall’azione di un pugno. Inoltre si accertava che la vittima, dopo aver subìto violenza sessuale e aver tentato di sottrarsi all’azione dell’aggressore, era stata nuovamente raggiunta, scaraventata sul pavimento e colpita ripetutamente con colpi contundenti al capo per poi essere gettata dal balcone”.

Parole dure quelle del Gip anche a proposito della personalità dell’indagato: “Tendente a efferati crimini, come desumibile anche dal suo atteggiamento post factum (è segno di grande freddezza e distacco dai fatti, abbrutimento e di un comportamento che denota un atteggiamento primordiale indossare i vestiti e le scarpe di un uomo appena ucciso)”.

L’ivoriano va tenuto in carcere, scrive il giudice Cardillo, in quanto soggetto pericoloso che potrebbe commettere altri reati ma anche per evitare ogni contatto coi possibili complici: “I forti sospetti che l’indagato non abbia agito da solo suggeriscono di scegliere una misura cautelare diversa da quella degli arresti domiciliari, che possa interrompere del tutto quel collegamento dell’indagato con l’ambiente in cui lo stesso è fino ad ora vissuto (essendo entrato nel territorio nazionale solo lo scorso giugno 2015), non potendosi escludere allo stato che i complici provengano dallo stesso ambiente”.

Quell’ambiente è il Cara di Mineo, dal quale negli ultimi tre anni sono scappati senza lasciare traccia 3418 ospiti (anche per questo il gip preferisce cautelarsi con l’arresto). Venerdì 4 settembre ci è andato Matteo Salvini per la quarta volta quest’anno. La novità però è che questa volta non lo contesta nessuno e ad accoglierlo trova le bandiere leghiste. E a chi gli ricorda le parole del vescovo di Caltagirone Calogero Peri che, poco prima dell’arrivo del leghista aveva detto a proposito del Cara: “L’ha voluto il ministro Maroni, noi non lo volevamo”, il capo leghista ribatte “perfetto, si candidi con Rifondazione comunista, prenda i voti e poi ne riparliamo”. Salvini ha voluto anche incontrare le figlie dei coniugi Solano. “Io sciacallo?” – ha replicato alle accuse del ministro Alfano – Gli sciacalli sono quelli che vanno a piangere i morti che si potevano evitare”.

da il Fatto Quotidiano di sabato 5 settembre 2015

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