Robot replace human”. Cioè i robot rimpiazzano l’uomo. Non è il titolo di un film di fantascienza, ma il nome del programma industriale della provincia di Guangdong, nel sud-est della Cina. Del valore di circa 150 miliardi di dollari. Un piano che, dopo gli annunci, porta i primi risultati: la fabbrica “deumanizzata” è diventata una realtà nella Repubblica popolare. O almeno, così spiega il Quotidiano del popolo, l’organo di stampa del Partito comunista: il giornale riporta la storia di uno stabilimento di Dongguan, città della regione, dove i robot hanno sostituito gli operai, che passeranno presto da 650 a 20. Ma si tratta solo del primo passo di una più ampia strategia di robotizzazione della produzione intrapresa non solo dal governo della provincia, ma pure da quello nazionale, anche in risposta al rallentamento dell’economia che si sta facendo sempre più evidente nelle ultime settimane.

La fabbrica in questione è di proprietà della Changying Precision Technology Company, che produce componenti per telefoni cellulari. Qui, riporta il Quotidiano del popolo, tutti i processi produttivi sono gestiti da robot a loro volta diretti da computer, macchinari a controllo numerico, veicoli con pilota automatico. Sessanta braccia robotiche, distribuite su dieci linee di produzione, lavorano giorno e notte. E gli unici dipendenti rimasti hanno il compito di rimanere seduti dietro a un computer per controllare le operazioni svolte dalle macchine: ogni linea conta tre lavoratori responsabili del monitoraggio.

Fino a pochi mesi fa, queste operazioni impiegavano 650 operai. Un braccio robotico può sostituire da 6 a 8 lavoratori in carne e ossa, ora ci sono 60 operai e il loro numero si ridurrà a 20 nel futuro, sostiene il manager della società Luo Weiqiang. Questo, infatti, è solo il primo passo del programma. Nei prossimi due anni il numero di robot salirà a mille e l’80% del processo produttivo sarà condotto da robot, spiega il presidente dell’azienda, Chen Qixing. Il Quotidiano del popolo snocciola poi alcuni dati per dimostrare la superiorità del lavoro robotico rispetto all’attività umana: il tasso di difetti di fabbricazione è sceso da oltre il 25% a meno del 5% e la produzione è aumentata da 8mila pezzi a persona al mese fino a 21mila. E ancora, nella sola città di Dongguan, si prevede di portare a termine tra i mille e i 1.500 programmi di automazione della produzione entro il 2016.

La spinta verso la robotizzazione si inserisce, non a caso, in un contesto di rallentamento dell’economia cinese che sta spaventando i mercati di tutto il mondo. I numeri parlano chiaro. Nel 2014 il Pil cinese è aumentato solo del 7,4%, il livello più basso dal 1990, anno delle sanzioni internazionali dopo il massacro di piazza Tian’anmen. Ad agosto l’indice basato sulle aspettative dei dirigenti responsabili degli acquisti ha registrato un calo di 0,3 punti scendendo a 49,7: un altro segnale scoraggiante per il settore manifatturiero. Una situazione che si lega a sua volta con il problema della forza lavoro, sempre più scarsa e più costosa. Secondo l’Ufficio nazionale di statistica, la popolazione attiva e in età lavorativa è calata di 3,7 milioni di persone tra 2013 e 2014. Intanto, gli stipendi degli operai sono quasi triplicati nel giro di dieci anni: nel 2003 il salario lordo mensile era di circa 14mila yuan, nel 2013 si attestava a quota 50mila. Allo stesso tempo, il costo dei robot è calato con un ritmo del 5% ogni anno. Le stime ufficiali parlano dell’80% di attività manufatturiere che useranno la tecnologia robot entro il 2020.

E questa tendenza è confermata dall’ultimo rapporto della Federazione internazionale di robotica (Ifr), relativo al 2014: entro il 2017, spiega il documento, in Cina saranno attivi più robot industriali che in Europa o Nord America. Lo studio dice che nel Paese il numero di automi raddoppierà, passando dalle attuali 200mila a 400mila unità. In Nord America, invece, si stima un incremento fino a 300mila robot, in Europa fino a 340mila. La Cina è già il primo mercato mondiale nella vendita di robot industriali, ma dimostra ancora una bassa “densità robotica”: nel Paese, ci sono solo 30 robot industriali ogni 10mila addetti in imprese manifatturiere. Questo dato è 10 volte più elevato in Germania, 11 volte in Giappone. Ma il governo cinese, evidentemente, ha deciso di invertire la tendenza.

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