Questa volta il podio della 50 chilometri di marcia ai Mondiali di atletica non verrà spazzato via da un’indagine dell’Antidoping mondiale e stravolto a tavolino dopo processi e squalifiche. Perché nella più massacrante delle gare di atletica leggera, il più veloce di tutti è stato lo slovacco Matej Toth e l’argento è andato all’australiano Jared Tallent: due dei volti puliti della marcia, impegnati da anni attivamente nella lotta al doping con denunce pubbliche, dominano sulle strade di Pechino sgombre dalle ombre dei marciatori russi.

Toth ha controllato la gara dal primo all’ultimo chilometro chiudendo in 3 ore, 40 minuti e 32 secondi, mentre Tallent ha tagliato il traguardo con un minuto e 45 secondi. La medaglia di bronzo è andata invece al giapponese Takayuki Tanii (3h42’55”).

Il 32enne slovacco assieme all’australiano, tre volte sul podio olimpico, combatte da sempre una feroce battaglia mediatica contro l’uso dell’Epo. Una piaga che affligge da tempo la loro disciplina, sconvolta dall’esorbitante numero di atleti fermati. Lo scorso anno Tallent sollevò il caso legato alla presenza dell’allenatore russo Viktor Chegin sulle strade di Zurigo, durante la 20 chilometri di marcia degli Europei, nonostante la Federazione russa lo avesse già allontanato visto il poco invidiabile record di 18 suoi atleti sospesi o indagati per doping. Matej Toth, membro in quota atleti della commissione Iaaf (la Federazione internazionale di atletica) rilanciò le accuse dell’australiano definendo il tutto “una farsa” e a ilfattoquotidiano.it dichiarò: “E’ senza accredito. Come può girare nell’area atleti, spostarsi con il bus e passeggiare in mixed zone?”. I marciatori allenati da Chegin, in quei giorni, conquistarono un oro, un argento e un bronzo. Il metallo più pregiato lo portò a casa Elmira Alembekova, che a poche ore prima dei mondiali di Pechino è stata inserita in una lista di 6 atleti russi risultati positivi a un test anti-doping del 15 luglio.

Salvi al momento gli altri finiti sotto accusa in Svizzera, Aleksandr Ivanov e Denis Strelkov: “Ufficialmente sono puliti e i titolari delle medaglie. Ma perché altri diciotto si sarebbero dovuti dopare e loro no?”, commentò un anno fa il neo-campione mondiale facendo riferimento al numero di marciatori allievi di Chegin squalificati. Il triste conteggio è nel frattempo salito a 31 e “l’Untore” – questo il soprannome dell’allenatore – è stato fermato a vita dalla Russia e allontanato dal centro federale di Saransk.

Travolta dalle accuse e al centro delle inchieste giornalistiche, la Federazione russa ha deciso di non presentare propri atleti nelle tre gare di marcia in programma a Pechino per ragioni di opportunità politica e di immagine. L’unico iscritto era Aleksandr Yargunkin, 34enne non allievo di Chegin che avrebbe dovuto prendere parte alla 50 chilometri. Non è neanche arrivato in Cina: a pochi giorni dai mondiali è risultato positivo all’Epo. Senza le ombre russe – 16 dei 17 ori conquistati in appuntamenti internazionali negli ultimi anni sono stati squalificati o indagati per doping – Toth e Tallent, i due alfieri dell’ultima marcia pulita. Finalmente.

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