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A partire dall’inizio di luglio in tutto il Messico è vietato utilizzare animali esotici negli spettacoli circensi. La legge in questione, passata al Parlamento lo scorso gennaio, segue un percorso già iniziato da quasi la metà degli Stati del Paese, tra cui anche quello di Città del Messico, dove già le carovane circensi con animali al seguito non potevano avere accesso.

In questi ultimi mesi sui media messicani e internazionali si è parlato molto di questa legge, soprattutto per le lamentele e le accese polemiche dei circensi, che accusano il governo di non aver adeguatamente preparato un piano di recupero degli animali. I circensi hanno fatto annunci choc per creare clamore, dicendo che saranno costretti a uccidere o far sparire gli animali nel mercato nero se non si troveranno collocazioni adeguate per tutti.

Gli animali sono così loro malgrado ancora al centro di polemiche che fanno perdere di vista il vero segnale di questa nuova legge: un doveroso ripensamento etico dell’arte di fare spettacolo, una sua evoluzione che vada di pari passo con la presa di coscienza collettiva sui diritti degli animali. In un recente sondaggio, più del 50% dei messicani si è infatti dichiarato a favore di un circo senza animali (e soprattutto se si parla di specie esotiche ben il 60% si è dichiarato contrario al loro uso negli spettacoli).

Ma in realtà il piano governativo sembra andare avanti bene, pur nelle difficoltà. Secondo le stime ufficiali sono 1.091 gli animali in cerca di nuove collocazioni, che saranno distribuiti in un centinaio di zoo, sei centri di recupero e in parte esportati verso rifugi all’estero. E così per orsi, leoni, tigri, elefanti, giraffe e moltissimi altri comincia una nuova vita, sempre in gabbia, ma almeno lontana dai riflettori e dall’imposizione di performance contrarie alla loro natura. Con lo spettacolo di domenica 4 luglio si sono spenti per sempre i riflettori sull’ultima generazione di animali nei circhi messicani.

Questa “rivoluzione messicana” per gli animali nei circhi è estremamente incoraggiante e non è certo la prima, così come siamo certi non sarà l’ultima, in Sudamerica e nel resto del mondo. A fare da apripista mondiale al divieto di utilizzo di tutti gli animali nei circhi, non solo quelli esotici, non è stata infatti nessuna patria dell’animalismo, nessun paese europeo, ma la Bolivia. A seguire si sono in breve mossi con leggi simili anche Perù, Paraguay, Colombia, Costa Rica e adesso il Messico. Leggi al riguardo sono in discussione anche in Brasile, Ecuador e Cile. Un cambiamento che fa ben sperare e infonde ottimismo agli attivisti e gli amanti degli animali di tutto il mondo, soprattutto quelli che dai paesi occidentali guardano al Sud America come scintilla di un inaspettato cambiamento.

Ciò che però conta di più è vedere l’esempio dato da alcuni di questi Paesi non solo nella teoria, ma nell’implementazione pratica della legge, con seri programmi di riabilitazione degli animali. Il caso boliviano è diventato persino un documentario che sta vincendo premi ai festival del cinema. Si chiama Lion Ark e ripercorre il difficile e incredibile trasloco degli animali verso un enorme rifugio nel cuore degli Stati Uniti, operazione messa in piedi dall’associazione Animal Defenders International (Adi). Simile il lavoro che Adi sta mettendo in pratica adesso in Perù, dove gli animali che era possibile trasferire localmente hanno trovato casa o sono tornati nelle loro foreste di origine, mentre per gli altri è in corso il viaggio verso nuove vite aldilà del confine, in spazi che pur non essendo sconfinate savane sono decine di volte più grandi delle minuscole gabbie in cui sono stati chiusi fin dalla nascita.

Un lavoro oneroso, impegnativo, che richiede esperienza. Ma un lavoro possibile, che sta dando un messaggio di speranza per tutti gli animali utilizzati nei circhi di tutto il mondo.

La speranza per noi è quella che quanto sta accadendo possa far riflettere chi in Italia si ostina a non voler ascoltare non solo i diritti e i desideri degli animali, ma anche le richieste e le idee degli italiani stessi. In tutto il mondo c’è un cambiamento culturale in atto che oramai è inarrestabile e a cui anche i politici devono iniziare a rendere conto, ultimo in ordine di tempo il provvedimento preso dalla regione spagnola della Catalogna. Secondo i dati Eurispes 2015 più del 68% degli italiani si esprimono infatti per un circo privo di animali. Ma, chissà, forse manca il coraggio politico di fare un passo importante come quello dei colleghi sudamericani.

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