Ad un anno e mezzo dalla contestatissima riforma della norma che punisce il voto di scambio politico mafioso arriva finalmente l’annuncio: una legge per disciplinare l’interpretazione del 416 ter, A prometterla è lo stesso parlamentare che nell’aprile del 2014  fu il relatore del provvedimento di riforma:e cioè il deputato del Pd Davide Mattiello.  “Sul nuovo 416 ter bisogna fare chiarezza – dice il deputato dem – lo Stato non può permettersi tentennamenti su una materia così delicata. Il metodo mafioso – continua – è l’appartenenza al sodalizio criminale. Il mafioso è tale perché appartiene al sodalizio mafioso. Se questo è il fuoco, bisognerà che gli inquirenti provino che il soggetto che accetta la promessa di voti, in cambio della promessa di soldi o di altra utilità, sia consapevole di accordarsi con chi concretamente agisce in un sodalizio mafioso”.

La norma nacque nel 1992 per colpire l’accordo elettorale tra i politici e gli esponenti delle cosche. Con la riforma del 2014, però, venne inserito nel testo della legge la dicitura “denaro o altra utilità”  per indicare la promesse fatte dal politico in cambio del consenso elettorale, mentre in precedenza si faceva riferimento esclusivamente al denaro: un cambiamento che per parecchi magistrati ha alzato il livello di difficoltà nell’applicabilità del reato. In più per essere contestato, il nuovo reato di voto di scambio prevede che venga dimostrato “il metodo mafioso” di procacciamento delle preferenze: particolare che, secondo numero investigatori, tende quasi a neutralizzare l’esistenza stessa della norma. “La legge 62 del 2014 – dice però Mattiello – ha segnato un deciso passo in avanti nella possibilità di applicare la norma. Tuttavia il Parlamento ha dimostrato anche recentemente di saper riflettere su alcune critiche mosse, per esempio votando in Commissione Giustizia alla Camera l’aumento delle pene previste per chi commette questo reato. Resta da sciogliere il nodo interpretativo del metodo mafioso nell’accordo tra le parti che mi auguro possa essere risolto dalla Giurisprudenza ma sono pronto a presentare una legge di interpretazione autentica qualora si rendesse necessario”.

La proposta di una legge interpretativa viene attaccata dal senatore del Movimento 5 Stelle Mario Michele Giarrusso. “Il relatore è in difficoltà perché è la Caporetto della norma. Va espunto dal codice il fatto che debba essere dimostrato il metodo mafioso che non era previsto nella formulazione del ’92”. La legge interpretativa piace invece all’ex procuratore di Torino Gian Carlo Caselli: “Se i legislatore intendeva una cosa e il testo si presta a una lettura diversa, l’interpretazione autentica è la strada giusta”.

Un attacco diretto alla riforma era arrivato nel maggio scorso dal procuratore aggiunto di Palermo Vittorio Teresi, che in conferenza stampa aveva commentato un’inchiesta che coinvolgeva anche quattro politici siciliani, in cui non era stato possibile contestare il reato di voto di scambio. “La concezione che sta alla base delle norme sul nuovo voto di scambio – spiegava Teresi – distrugge tutto ciò che è stato fatto negli ultimi venti-trenta anni contro la mafia e il suo potere elettorale. Non è ammissibile che ogni volta ci si debba chiedere di dimostrare il metodo mafioso.

La procura aveva contestato la corruzione elettorale per tre deputati regionali, e il voto di scambio politico mafioso per un aspirante consigliere comunale e per altri 23 indagati (tra cui molti presunti uomini d’onore dei clan di Passo di Rigano): richiesta rigettata dal gip Ettorina Contino, che nell’ordinanza di custodia cautelare, faceva esplicito cenno alla riforma dell’aprile 2014. “Tale cambiamento – scriveva il giudice – apportato nel corso dei lavoro parlamentari dimostra, secondo la Suprema Corte, che il legislatore ha deliberatamente inserito la previsione relativa al metodo di procacciamento dei voti: sulla scorta di questo ragionamento, la Cassazione è pervenuta alla conclusione che il nuovo reato costituisce legge più favorevole all’imputato”.  Altra bocciatura della riforma era arrivata il 3 giugno del 2014, quando la Cassazione aveva annullato con rinvio alla Corte di appello di Palermo la sentenza con la quale era stato condannato per voto di scambio l’ex europarlamentare Antonello Antinoro: secondo i giudici mancava un esplicito riferimento alle modalità mafiose con le quali i voti promessi sono stati in concreto procurati.

In alcuni casi, però, la contestazione del nuovo reato ha ricevuto il bollo da parte di un giudice terzo: anche con la riforma, in pratica, è stato sufficientemente provato il patto elettorale politico mafioso. Nel marzo scorso, per esempio, il tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha accolto la richiesta del pm della dda di Napoli condannando a 7 anni di carcere l’esponente del clan dei Casalesi Alessandro Cirillo, ex braccio destro del capo dell’ala stragista del clan Giuseppe Setola, proprio per il reato di voto di scambio politico-mafioso così come modificato nell’aprile 2014 e commesso in occasione delle elezioni comunali di Casal di Principe. Il 28 maggio scorso, invece, la corte d’Appello di Torino ha pronunciato 45 condanne al termine del troncone principale del processo Minotauro, relativo alla presenza delle cosche nel capoluogo piemontese e dintorni, con una sentenza che riconosce il voto di scambio.

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