acido-6751

Io non le affiderei mio figlio. Nessuno le affiderebbe un figlio. Dunque perché lasciare quel bambino alle “cure” di una donna condannata per aver buttato acido al suo ex? Perché tirarla per le lunghe con la storia del “primo abbraccio negato”? Negato a chi? Di certo non al bambino che un primo abbraccio l’avrà ricevuto da un’altra persona. Perché parlare di atto di crudeltà se il primo pensiero deve essere quello di tutelare il bambino? Come ne tuteli la psiche se già nei primi giorni della sua nascita è diventato, suo malgrado e non per ottimi motivi, un caso nazionale? L’interesse principale non dovrebbe essere quello di sottrarlo a tanta attenzione mediatica?

Una donna violenta non diventa una fatina buona dopo aver partorito. Il tuo equilibrio non s’aggiusta perché hai generato un figlio. Mi pare una inutile strumentalizzazione quella operata ai danni del bambino, come per addolcire la storia, inserendo questa sorta di “lieto fine” che dovrebbe far pensare a tutti quanto l’amore cambia tutti e tutte. L’amore materno in special modo. Per dire: ehi, vedete? Quella là ha buttato acido a un uomo ma dopo la nascita del bambino usa l’acido solo per sturare il cesso.

E mi fa specie che se ne discuta molto tra donne, come se una nascita cancellasse ogni colpa; come se una donna che partorisce ricevesse un bonus per un’altra chance. E non sopporto la retorica che esalta il materno, l’istinto, la natura, tutte quelle cose che lasciano credere che un bambino dovrà crescere per forza con i genitori biologici, quando in realtà non è così. Un bambino cresce bene con chi lo ama, lo accudisce, lo considera persona prima che il prolungamento di sé.

Da dove viene questo desiderio di mettere in scena la favola della mamma col bambino, la madonna? La madre che non può separarsi mai dal figlio o quella che lo terrebbe accanto a se sempre e comunque, perché potrà essere crudele con chiunque ma non con il proprio figlio. Esiste un motivo per cui è bene avere chiaro che i genitori sbagliano e quando sbagliano bisogna proteggere i bambini. Non affidi un figlio a un padre con la psiche impazzita. Non vedo perché non dovrebbe essere lo stesso con una donna. Perché alcune, giustizialiste, non hanno alcun dubbio circa il fatto che i figli debbano essere tolti ai “padri”, addirittura solo in presenza di un’accusa, senza una sentenza che ne dimostri la sostanza, e oggi discutono di questa storia come di una scelta mostruosa?

Cos’è mostruoso? Strappare il figlio alla madre? Salvarlo? Tutelarlo? Cercare una famiglia che possa crescerlo senza quei gravi precedenti che incrinerebbero comunque la sua vita? Personalmente non mi importa nulla della “disperazione” della madre. Non mi importa della “disperazione” di chi non si rende conto che il proprio figlio starebbe meglio altrove piuttosto che a contatto con i propri, profondissimi, limiti.

E non c’è alcuna sete di vendetta in questa semplice considerazione. Nessun giustizialismo. Ma non c’è neppure fiducia nelle istituzioni carcerarie, non credo nella loro capacità rieducativa. Non credo che le cure psichiatriche in galera portino a qualcosa di buono. E poi che vita sarebbe? Devi restare 15 anni in carcere, o forse poco meno. Con chi crescerebbe tuo figlio nel frattempo? E perché mai la pietà umana si esercita per concedere l’abbraccio madre/figlio e quando c’è gente che in galera ci muore, impiccata, suicidata non si sa da chi, non interessa a nessuno?

Sul serio, qualcuno ha ancora dubbi su questa faccenda? Io non ne ho. La maternità non ti rende più buona, altrimenti non avremmo tante madri che ammazzano i loro figlioli senza che vi sia un conteggio per rilevare questo triste dato. La maternità non è neppure quella che qualifica il valore di una donna. Se hai figli o non ce li hai, nel caso tu sia una brava persona, lo sei comunque. Dunque perché tante mistificazioni su questa faccenda? Ditemi un po’.

MANI PULITE 25 ANNI DOPO

di Gianni Barbacetto ,Marco Travaglio ,Peter Gomez 12€ Acquista
Articolo Precedente

Amnesty vota per la decriminalizzazione del lavoro sessuale

next
Articolo Successivo

Giornalismo: pettegoli e misoginia

next