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Un fenomeno che non si riesce a spiegare, che la scienza non sa decifrare, che nemmeno i maghi e i veggenti riescono a interpretare. Come mai, dannazione, invece di cliccare sulla notizia “Suora diventa lapdancer” o sul titolo “Cane lupo di Taiwan sa le tabelline”, gli italiani si siano letti avidamente il carteggio Staino-Cuperlo, una cosa che pesa sulla società italiana come un documentario sull’accoppiamento delle lumache. Masochismo estivo, probabilmente, o meglio ancora un portato delle molte sfumature che si vendono in libreria: “Caro, questa sera ti frusto con il gatto a nove code”. “No, tesoro, fammi più male ancora, leggimi la lettera di Staino a Cuperlo”.

In ogni caso, e al netto dello scambio epistolare tra un gigante della satira (Cuperlo) e un titano del renzismo (Staino), è il caso di dedicare qualche riflessione al succo della questione. E cioè al fremente dibattito su cosa sia di sinistra e cosa no, una questione davvero entusiasmante, un dibattito che sarà apprezzatissimo, per esempio, dagli schiavi che raccolgono i pomodori nei campi pugliesi morendo nelle piantagioni come nell’Alabama dell’800.

Se ci pensate, è il modo migliore per parlare d’altro, per spostare la discussione dalle cose vere (che so, i tagli alla sanità, Confindustria che applaude, lo sconto agli evasori fiscali, una legge sul falso in bilancio peggiore di quella che fece Berlusconi, cosucce così) a un piano aleatorio e teorico, dove vale tutto. Da qui l’entusiasmante diatriba su siamo di sinistra, no, non lo siete, lo eravate, ma solo un po’, sui bordi, anzi no, eccetera eccetera, con tutte le varianti del caso: niente ci verrà risparmiato. Dopo le interessantissime discussioni sulla prova costume, ecco le schermaglie sulla “prova sinistra”.

Disse Matteo Renzi nel febbraio del 2014, quando ancora pareva un burbanzoso innovatore che avrebbe rottamato il passato cinico e baro, che il suo era “il governo più di sinistra degli ultimi trent’anni”, che ancora oggi – dopo che ne ha dette migliaia – resta la sua battuta migliore.

Poco più di un anno dopo, quel governo così di sinistra proponeva nella stessa settimana un taglio delle tasse sui profitti delle imprese (non sul lavoro, non sugli investimenti, non sulle vite dei cittadini, no, no, proprio sui profitti) e contestualmente un taglio della sanità pubblica. Ora, per convincere tutti che questa sia una cosa di sinistra ci sono molte strade: dall’ipnosi di massa alla distribuzione di pasticche lisergiche. Si sceglie invece una strada più tortuosa: attaccare la sinistra del Pd dicendo che non capisce il senso profondamente di sinistra di tutto questo.

La sinistra Pd, dal canto suo e parlandone da viva, gioca il ruolo delle cantanti liriche nelle opere più entusiasmanti, cioè canta per un intero atto “Muoio… muoio… ah, guardate come muoio, me tapina… muoio”, e così avanti per giorni e giorni, senza morire mai, senza andarsene mai e soprattutto votando con il partito quando ce n’è bisogno, salvo rari casi.

La stessa sinistra Pd che oggi si fa alfiere e portavoce della “sinistra” è quella che votava compatta il governo Monti, la legge Fornero, il pareggio di bilancio nella Costituzione. Insomma, c’è un concetto di sinistra molto variabile e ballerino, che si sventola oggi sì, domani no, dopodomani vedremo cosa ci conviene, e la sensazione è che possa passare qualunque porcata galattica purché la si dica “di sinistra”. Intanto, negli ultimi trent’anni la forbice tra rendite e profitti e redditi da lavoro si è allargata a dismisura: i ricchi sono più ricchi e i poveri più poveri, ma di questo – che è l’unico argomento su cui tessere una teoria di sinistra ai tempi del colera – non si occupa nessuno. Uff, che noia… uff, che palle. Vuoi mettere leggere cosa ne pensa Staino?

Dal Fatto Quotidiano del 12 agosto 2015 

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