“Hai visto la mia nuova Classe A diesel?”, “Che bella, è il 2.2?”, “No no, sai, con questi motori moderni 90 CV bastano” “Ah, bravo, allora hai lo stesso motore della mia Dacia Duster, quanto l’hai pagata?”. Il proprietario della Classe A è rimasto attonito e sta cercando di mettere a fuoco la portata della notizia. Nessuno gli aveva detto che con i 24.000 euro spesi per la sua Mercedes si ritrova sotto il cofano lo stesso motore di una Dacia (che costa circa 10.000 euro in meno). E non si è ancora trovato a chiacchierare con il proprietario di una Nissan Qashqai o di una Renault Clio… Scherzi a parte, per quale motivo quelli che si vantano di aver inventato l’automobile usano lo stesso propulsore del primo marchio low-cost della storia, che nella sua carriera non ne ha mai progettato uno con le proprie forze? La risposta è tanto semplice quanto scontata: per spendere meno soldi.

Il fatto è che con l’uscita di scena della vecchia Classe A e dei suoi motori a “sogliola”, i tedeschi si sono trovati davanti a un bivio: progettare un motore diesel medio-piccolo partendo da zero o utilizzare qualcosa di già pronto. Ha prevalso la seconda soluzione e gli amici di Renault sono venuti in aiuto fornendo l’onnipresente 1.5 dCi. Dopodiché a Stoccarda ci hanno preso gusto e nel vano motore della nuova Classe C è finito il 1.6 dCi. Ma non è tutto, perché per sdebitarsi i tecnici Mercedes hanno fatto diverse visite in Francia, curando la qualità delle nuove Renault Espace e Talisman, ma hanno anche fornito il 2.2 diesel (con tanto di cambio automatico) alla Infiniti Q50, mentre la nuova Q30 utilizzerà tutta la piattaforma proprio della Classe A. Questo perché Infiniti è il brand di lusso di Nissan, che a sua volta fa gruppo con Renault. Un bell’intreccio, non c’è che dire, e la trama è diventata ancora più fitta con l’arrivo della nuova Smart, in cui le “parentele” con la Twingo sono fin troppo evidenti.

Che c’è di male? Niente, se ci si convince che il blasone è qualcosa che non ha a che fare con il metallo e poi “così fan tutte”. Il Gruppo Volkswagen è maestro indiscusso nell’incrociare non solo motori e cambi, ma anche intere piattaforme, sospensioni componenti di ogni tipo, insomma, tutto quello che non si vede da fuori. Così può succedere che l’Audi TT, la Skoda Octavia, la Seat Leon e la Volkswagen Golf siano quasi impossibili da distinguere se guardate da sotto il ponte del meccanico. Altri esempi? Toyota Aygo, Citroën C1 e Peugeot 108 sono, meccanicamente parlando, la stessa macchina. Gli inglesi di Jaguar Land Rover non sono da meno, i coreani di Hyundai-Kia, i tedeschi di BMW-Mini; persino gli italo-americani di FCA stanno imparando in fretta. Avete presente la Fiat 500X e la Jeep Renegade? Ecco, spessa piattaforma, stessi motori, stessa linea produttiva. La verità è che progettare organi meccanici rispettosi delle normative ha dei costi esorbitanti, così come rientrare nelle diverse omologazioni di varie parti del mondo. Inoltre, se si eccettua una piccola parte di “talebani della tecnica”, nessuno è interessato alla meccanica o a guardare dentro il cofano. Quello che conta è quello che si vede da fuori o al massimo quello che si tocca dentro: rivestimenti, pulsanti, comandi e display.

Articolo Precedente

Toyota Mirai a idrogeno, inizia la vendita. Ma sono poche e bisogna “meritarle”

next
Articolo Successivo

Audi, car sharing di lusso. Per le aziende e per chi vuole cambiare auto ogni giorno

next