“L’Art Bonus rappresenta un’autentica rivoluzione nell’ambito della cultura e del turismo”. Così il ministro dei Beni e delle Attività culturali, Dario Franceschini, aveva definito un anno fa l’iniziativa che permette ai privati di finanziare il restauro di opere, monumenti, musei e biblioteche, adottando i beni a proprio nome e ottenendo un credito d’imposta sulla dichiarazione dei redditi da scaricare dalle tasse l’anno successivo. Ma se in alcune città qualche risultato è stato registrato, a Piacenza dopo il primo anno il saldo è desolante: sono stati infatti donati solo 10 euro e neppure da un piacentino.

Una circostanza che l’assessore al Bilancio, Luigi Gazzola, ha faticato a commentare senza scoppiare in una sonora risata: “Non so che effetto abbia avuto nel resto del Paese – ha spiegato – però, per quanto riguarda noi, ha prodotto questo unico versamento da parte di un varesotto, il quale ha deciso di destinare la somma di 10 euro al nostro Comune”. Non che l’amministrazione si attendesse grosse cifre provenienti da mecenati, però certamente neppure si aspettava un tale disinteresse. Che comunque è stato riscontrato anche in altre città. Come per esempio a Torino, dove però almeno sono stati cinque i donatori che in totale hanno versato nelle casse comunali la cifra di 5mila e 850 euro.

Eppure i vantaggi non mancano, visto che coloro che amano il proprio territorio possono spendere ma guadagnandoci un credito da poter scaricare dalle tasse. In particolare, il 65 per cento della cifra versata quest’anno e il 50 per cento l’anno prossimo. Niente da fare, i piacentini – che si vantano di essere generosi – questa volta non hanno abboccato. Certo, Piacenza non è Firenze, dove la nuova legge ha invece prodotto negli ultimi 12 mesi introiti per 18 milioni di euro o Pisa per 5 milioni. Però il divario, alla luce di questo dato, appare esorbitante. Anche perché, rispetto anche a Torino, sarà difficile poter stanziare i 10 euro, ha confessato Gazzola: “Una donazione così esigua ci ha comportato un lavoro di rendicontazione e, alla fine, lo sforzo fatto ha richiesto un esborso maggiore alla cifra donata”.

Molti i motivi che possono aver portato i mecenati piacentini a non utilizzare questo strumento normativo, non da ultimo la complessità burocratica del metodo: “Le somme devono essere finalizzate a iniziative molto mirate e assolutamente rendicontate con una procedura molto complessa, il tutto in assoluta trasparenza. Oggi i privati, almeno per la nostra realtà, preferiscono forse sponsorizzare certi eventi avendo subito un riscontro di immagine o donarli a realtà alle quali sono legati direttamente”.

Ma non solo, come ha cercato di ipotizzare sempre l’assessore al Bilancio: “E’ difficile trovare, in una fase economica come questa, persone disposte a finanziare la cultura e le arti. Ci sono, sicuramente in altre città, benefattori, mecenati, aziende, associazioni di categoria che sostengono manifestazioni e lavori di valorizzazione. A Piacenza, però, si fa più fatica perché dipende dai tessuti economici e dalle tradizioni. Non mancano le sponsorizzazioni a manifestazioni locali, però sicuramente non si registrano grosse destinazioni di fondi per interventi specifici, anzi, credo non ne abbiamo mai avute”. E ha concluso, amaramente: “Ricordiamolo comunque che esiste questa possibilità, magari qualcuno volesse contribuire fa ancora in tempo a farlo per il 2015, anche se a me, per ora, non risulta”.

Articolo Precedente

PornHub nello spot si paragona al Parmigiano. Il Consorzio chiama gli avvocati e il sito porno censura il video

next
Articolo Successivo

Riforma Province, Rimini per fare cassa mette tutto all’asta: dalla poltrona del presidente ai banchi

next