Orari non rispettati, presenze overbooking, sistemi di prevenzione e controllo parziali: il faro è acceso sul Guendalina di Santa Cesarea Terme e gli investigatori sono a lavoro. Il day after della morte di Lorenzo Toma tiene col fiato sospeso i titolari della discoteca in cui il 19enne salentino ha trascorso la sua ultima notte, prima di accasciarsi al suolo senza ritorno. “Non ci era mai capitato. È stata una prima volta tremenda, come se fosse morto uno di noi”, dice Carlo Spagnolo, uno dei soci. Ha trascorso con gli altri la mattinata ai piedi della Prefettura di Lecce, per capire quale sarà il responso sulla sorte del suo locale. Dovrà attendere: se sarà chiusura lo si valuterà solo al termine dell’esame autoptico in programma per domani mattina. Nel frattempo, però, il comitato per l’ordine e la sicurezza ha fatto emergere nodi cruciali.

Carlo Spagnolo, il prefetto Claudio Palomba è stato chiaro: la vostra chiusura era fissata per le 4 del mattino, ma Lorenzo è morto dopo. Perché eravate ancora aperti?
“E’ stato per ragioni di sicurezza. Quando ci siamo accorti che il ragazzo era per terra, nel parcheggio, con duemila persone all’interno, ci siamo resi conto che sarebbe stato molto pericoloso far defluire la gente. Per questo abbiamo ritenuto opportuno non spegnere la musica, ma protrarla per un’altra mezz’ora”.

I tempi non coincidono comunque: la chiusura è fissata alla 4, con la concessione di un’ora in più per far defluire i clienti. Lorenzo si è sentito male, però, alle 6.20 e all’interno era ancora festa.
“Sì, la serata è partita all’1.30 circa. Non c’era ancora stato lo show di uno dei dj previsti e che per contratto doveva esibirsi. E quindi abbiamo sforato all’incirca di un’ora”.

La Prefettura ha rilevato che non siete dotati di sistema di videosorveglianza né interno né esterno. Perché?
“E’ vero, non c’è perché non c’è mai stato il bisogno di installarlo. Ora, ovviamente, provvederemo senz’altro, se sarà necessario. Sebbene non ci siano le telecamere, abbiamo ad ogni modo un serrato sistema di controlli. È di due tipologie: il primo è il servizio d’ordine interno, da noi affidato ad un’agenzia di security; il secondo nasce dalla collaborazione che abbiamo sempre avuto con il comando dei carabinieri di Maglie e Poggiardo. Da sempre, nel locale e fuori, è presente un massiccio numero di agenti, anche in borghese. Li avvisiamo per tutte le serate che organizziamo al Guendalina e per i nostri party itineranti”.

Per il 12 agosto, è in programma il “Cocoricò night”, la manifestazione a sostegno del locale di Riccione. Temete ora la stessa sorte?
“In segno di lutto e di rispetto, abbiamo annullato l’evento e in quella data resteremo chiusi. Ci atterremmo alle disposizioni della Prefettura, ma non possiamo adesso demonizzare la discoteca, gli avventori o fare facile retorica. Tra l’altro, non abbiamo ancora il risultato dell’autopsia e non possiamo dire quali siano le cause del decesso”.

Lei c’era quando Lorenzo è morto. Com’è andata?
“Ero in ufficio e sono stato chiamato da uno dei miei soci. Il ragazzo era già steso fuori, nel parcheggio. La scena è stata tragica. Dal primo momento ci siamo resi conto che la situazione era molto molto grave, perché il ragazzo non rispondeva. Il servizio d’ordine interno ha effettuato un intervento di primo soccorso: respirazione e massaggio cardiaco. Si sono alternate sei persone per farlo. Quando è arrivata l’ambulanza non c’era più nulla da fare”.

Come cambia, ora, la vita del Guendalina, una delle discoteche nella Top 50 mondiale?
“Non so cosa dire. Bisogna anche pensare al fatto che ci lavorano cinquanta persone. Siamo disposti ad accettare ogni decisione, a collaborare ancora di più, a implementare la prevenzione. Ma la nostra intenzione non è certo quella di mollare”.

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