Medicina

Il governo in questi giorni sta cercando di ridurre la spesa improduttiva all’interno della sanità. Uno degli argomenti presi in considerazione riguarda le numerose analisi ed esami messe in atto dalla classe medica per la così detta “medicina difensiva”. Si tratta della tendenza dei medici a prescrivere visite, analisi ed esami in grande quantità per evitare di poter essere denunciati dai pazienti.

Per comprendere di cosa si tratti faccio un esempio: presso gli ambulatori dei medici di famiglia o degli specialisti ogni giorno si presentano migliaia di pazienti affetti da “mal di testa” oppure “vertigini”. Metto tra virgolette il sintomo per indicare il fatto che spesso si tratta di manifestazioni generiche che ogni paziente vive in modo diverso e che spesso non sono immediatamente inquadrabili in una diagnosi medica codificata. Di fronte a queste generiche manifestazioni la valutazione clinica dovrebbe avere la meglio. Il medico conoscendo il paziente e colloquiando con lui il più delle volte può capire di quale problema si tratta. Rimane però sempre ineludibile la possibilità, anche se remota e probabilisticamente molto bassa, che questo sia il primo sintomo di una patologia molto più grave. Seguendo le indicazioni cliniche il medico nella quasi totalità dei casi potrebbe limitarsi a monitorare i sintomi ed eventualmente affrontare il problema fornendo una prima terapia sintomatica per poi, con un poco di tempo e ulteriori visite, capire meglio che tipo di patologia ha di fronte. Se però segue la medicina difensiva deve, per tutelarsi rispetto alla remota possibilità che il paziente sia affetto ad esempio da un tumore cerebrale, prescrivere a tutti coloro che si presentano con quei sintomi di eseguire la risonanza magnetica cerebrale o una tac. Nel caso malaugurato in cui infatti il paziente nei mesi successivi presentasse questa patologia  molto probabilmente il medico verrebbe accusato per omicidio colposo per aver ritardato la diagnosi. Le situazioni cliniche incerte o indeterminate sono molteplici per cui la necessità di esercitare una medicina volta a scongiurare eventuali denunce da parte dei pazienti sta divenendo un problema molto diffuso.

La tendenza da parte dei pazienti a rivalersi nei confronti dei medici per vari problemi intervenuti durante le cure o per esiti infausti di queste è in grandissimo aumento. Le statistiche aggiornate a due anni fa parlano di 30 mila denunce per cui significa che annualmente il 5% dei medici va incontro a un procedimento giudiziario. In una carriera quarantennale quindi ogni medico subirà due processi. Purtroppo vari fattori portano a ritenere che il contenzioso sia destinato ad aumentare ulteriormente fino ad arrivare al 10% di medici denunciati annualmente: la pletora degli avvocati per cui in una grande città italiana ci sono tanti avvocati come in tutta la Francia provoca spot pubblicitari sulla possibilità di denunciare il medico, le campagne di stampa contro la mala sanità inducono nel paziente un atteggiamento di sfiducia, la rabbia dei cittadini che pagano con le tasse il servizio sanitario per poi non essere soddisfatti completamente delle prestazioni.

Alcuni amici che lavorano negli Stati Uniti affermano che quasi la metà delle parcelle serve per pagare le coperture assicurative. Addirittura in quel Paese alcune professioni considerate troppo a rischio denuncia, come il ginecologo, vengono rifiutate dagli americani per cui le donne devono rivolgersi a ginecologi provenienti da Paesi stranieri, soprattutto indiani. Come conseguenza i costi della sanità negli Stati Uniti sono enormi rispetto a quelli italiani per cui una grande fascia della popolazione non può permetterseli.

Se non vogliamo progressivamente scivolare verso un modello simile a quello americano dobbiamo affrontare il problema del contenzioso medico-paziente e della medicina difensiva.

Una stortura molto evidente è quella per cui accanto a un procedimento civile spesso, per esercitare pressioni sul medico e velocizzare il risarcimento, si intentano cause penali in cui il medico rischia il carcere. Il ministro Balduzzi alcuni anni orsono aveva tentato di ridurre la possibilità di denuncia penale alla sola colpa grave ma questa legge è stata stravolta dalle interpretazioni e correzioni per cui non ha determinato grandi effetti.

Ora il governo pone dei limiti economici per cui, da quello che ho capito, il medico in base a valutazioni del ministero avrà a disposizione per ogni sintomo o patologia certi accertamenti e non altri. Se il medico deciderà di procedere con ulteriori esami o visite queste saranno pagate integralmente dal paziente oppure dal medico stesso. In questo modo si pone in essere una sorta di argine economico che suona però come un ricatto. Ingabbiare tutta la complessità della medicina dietro a linee guida ministeriali rischia di divenire un  problema. Le difficoltà sono:

  • che il medico per tutelarsi economicamente non faccia fare anche esami che riterrebbe opportuni,
  • che il paziente non abbia più fiducia nel medico perché si chiede se questi sta consigliando il procedimento diagnostico e terapeutico migliore o viceversa il più economico,
  • che il contenzioso nel caso in cui le linee guida non abbiano garantito un buon risultato aumenti.

Per tornare all’esempio con cui ho iniziato se non viene fatta la risonanza magnetica in ottemperanza alle linee guida ed emerge in un caso su centomila che c’era un tumore cerebrale scatterà la rabbia del paziente e dei suoi familiari contro il medico e contro il sistema burocratico che ha sconsigliato l’accertamento.

Cosa fare?

Credo che per prima cosa occorra che l’opinione pubblica accetti l’idea che la medicina è una scienza esatta ma con troppe incognite per risultare prevedibile. Se diecimila pazienti affetti da un certo sintomo stanno bene con un approccio terapeutico c’è sempre il caso di una persona che non ha i medesimi risultati. La medicina quindi non può essere un’attività standardizzabile ma deve essere calibrata sul singolo caso. Fatta questa premessa sarebbe opportuno che il legislatore, fatta salva la possibilità di un contenzioso in sede civile, riducesse la possibilità di denuncie penali. Insomma il medico che opera al cuore un paziente non deve rischiare il carcere altrimenti la sua serenità va a farsi benedire. Se fa un errore dovrà rischiare un risarcimento economico ma non la privazione della libertà altrimenti chi mai in futuro farà la professione del chirurgo? Le linee guida possono essere utili ma deve rimanere una rilevante duttilità  di scelta da parte del medico e se emanate devono risultare protettive in sede di contenzioso per cui il medico, che si è attenuto alle direttive del ministero, deve essere sicuro  di non incorrere in problemi.

Ultimo aspetto riguarda il consenso informato alle cure e la responsabilizzazione del paziente. Il medico dovrà spiegare al paziente tutte le possibilità, ad esempio che un banale mal di testa potrebbe essere conseguenza, in casi molto rari, di un tumore cerebrale, prospettargli la possibilità di fare certi accertamenti con i pro e i contro, come ad esempio un eccesso di radiazioni non necessarie, e fare scegliere il paziente. Sarà quindi il paziente a scegliere, fra le ipotesi che il medico gli prospetta aderendo o meno al consiglio che lui gli sta fornendo.

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