Questa volta l’annuncio è arrivato all’indomani della frana che il 5 agosto ha colpito la zona di San Vito di Cadore, in provincia di Belluno, causando tre morti, tra cui una ragazzina di 14 anni. Risorse per “1,303 miliardi per avviare cantieri nelle principali città – ha promesso il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti come fosse una novità dirompente – un piano “vero, con risorse spendibili da domani”. Obiettivo: combattere il dissesto idrogeologico. Ma il governo aveva già presentato un piano identico – stesse cifre e stessi destinatari – già il 20 novembre 2014. E la promessa di questi 1,2 miliardi è stata reiterata come cosa fatta negli ultimi 7 mesi almeno 10 volte in occasioni pubbliche, intervallate dal mantra secondo cui la lotta a smottamenti e alluvioni è una “priorità assoluta del governo”.

“Il piano nazionale 2015-2020” per la messa in sicurezza delle città metropolitane contro il dissesto idrogeologico “ammonta a 1,303 miliardi ” con “654,3 milioni già deliberati dal Cipe per i lavori nelle principali città”, ha spiegato giovedì il ministro Galletti in conferenza stampa a Palazzo Chigi. Il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica aveva stanziato la cifra il 20 febbraio con la delibera 32/2015, tanto che il giorno seguente il ministro annunciò per la prima volta al Sestriere che erano stati “stanziati dal Cipe 600 milioni per il dissesto idrogeologico. Queste risorse andranno per le grandi opere nelle aree metropolitane, come per esempio Genova” (Ansa, 21 febbraio). Tempi tecnici, si dirà: la delibera è passata al vaglio di Corte dei Conti e Ragioneria dello Stato e ora possono partire le gare. Vero, ma giovedì, a 24 ore dalla tragedia del Cadore, il governo ha ripresentato per nuovi fondi di cui parla ormai da mesi.

Il miliardo e 300 milioni di cui parla Galletti, infatti, era già stato annunciato dal governo a novembre: “E’ stato presentato questa mattina a Palazzo Chigi il primo stralcio del piano nazionale 2014-20: oltre un miliardo di euro per 69 interventi già cantierabili per la sicurezza nelle dieci città metropolitane e in altre città delle regioni a statuto speciale”, si legge in un comunicato della Presidenza del consiglio dei ministri datato 20 novembre 2014, giusto 5 giorni dopo l’alluvione che mise in ginocchio Genova il 15 novembre. Soldi a disposizione dei “cantieri, che sono già pronti a partire – spiegava Erasmo D’Angelis, allora capo della task force di Palazzo Chigi ‘Italia Sicura‘ e oggi direttore de L’Unità – entro il 4 dicembre, quando i presidenti delle Regioni consegneranno al governo l’elenco delle opere, indicando le priorità faremo partire il piano”.

Sono gli stessi fondi annunciati da Galletti giovedì: “Sì, perfetto, sono quelli. Ma questa volta ci sono i 654 milioni finanziati dal Cipe – spiega Mauro Grassi, direttore della struttura di missione contro il dissesto idrogeologico della Presidenza del Consiglio dei Ministri – a ottobre i soldi arriveranno alle Regioni, a inizio 2016 partiranno le prime gare”. Gli stessi 650 milioni di cui Galletti parla da febbraio. E gli altri 650? “Quelli ancora non ci sono, dobbiamo trovare i finanziamenti – continua Grassi – cercheremo di farli stanziare con la legge di Stabilità”. Poi dice che il governo Renzi viene accusato di ‘annuncite‘: “Noi vogliamo lavorare su piani di lungo periodo, creare un contenitore in cui vengano dirottate le risorse non appena vengono trovate, indipendentemente dal collegio elettorale del parlamentare che le trova. Gli annunci servono a questo: è stato questo battage continuo che costringe noi, il governo, il Mef a far sì che i soldi vengano trovati e i progetti realizzati”.

Così di questo miliardo l’esecutivo parla da inizio anno. Già il 5 febbraio, infatti, il governo annunciava come fosse una novità assoluta di aver trovato “1-1,2 miliardi che serviranno per gli interventi più urgenti tra cui Genova, l’Arno, il Seveso e il Sarno”, scandiva ancora Erasmo D’Angelis in occasione di un convegno dell’Anbi, Associazione nazionale bonifiche e irrigazioni (Ansa, 5 febbraio). A seguire l’annuncio di Galletti al Sestriere il 21 febbraio e il 6 marzo a margine della riunione del Consiglio Ue a Bruxelles, il ministro ripeteva: “Abbiamo stanziato i primi 600 milioni” (Ansa, 6 marzo).

Il 24 aprile a Rimini Galletti tirava fuori dalla borsa lo stesso discorso dei 600 milioni perché “il contrasto al dissesto idrogeologico è una priorità per questo Governo.” (Ansa, 24 aprile). Il copione rimane lo stesso anche l’11 maggio, quando a Cuneo il ministro alzava il tiro: “Il governo è pronto a stanziare 7 miliardi in 7 anni. I primi 600 milioni, già finanziati, sono destinati alle grandi aree metropolitane del centro nord. Altri 600 milioni saranno disponibili per fine anno” (Ansa, 11 maggio). Concetto ribadito il 9 maggio a Monghidoro, sulla montagna bolognese: “Il primo miliardo e 200 milioni è già stato messo a disposizione per l’anno 2015. Seicento milioni ci sono già, mentre altri 600 verranno stanziati entro fine anno”. (Ansa, 9 maggio).

Due settimane dopo, il 25 maggio, durante un incontro elettorale a Monselice (Padova), Galletti fissava addirittura una scadenza: “Il problema del dissesto idrogeologico è prioritario. Entro giugno firmerò con tutte le Regioni del centro nord un accordo di programma molto importante che prevede 600 milioni di euro già disponibili per le grandi aree metropolitane e altri 600 milioni che verranno dati entro fine anno” (Ansa, 25 maggio). Neanche un mese più tardi, il 22 giugno, D’Angelis tornava a promettere: ”Nei prossimi giorni”, il premier Matteo Renzi, il ministro dell’Ambiente Galletti e il ministro delle Infrastrutture Delrio firmeranno ”la prima spesa stralcio per 1,2 miliardi per le città metropolitane per interventi anti-dissesto suolo” (Ansa, 22 giugno).

Ma anche il 23 luglio a Milano, durante una visita a Expo, il ministro annunciava che il governo stanzierà “nelle prossime settimane 1,2 miliardi per il dissesto idrogeologico”. Ovviamente “di questa somma, 600 milioni sono già disponibili. Gli altri 600 milioni saranno utilizzabili da fine anno” (Ansa, 23 luglio). E poi il 3 agosto, giusto 48 ore prima che una bomba d’acqua causasse la frana nel bellunese, Galletti annunciava a Roncade, nel trevigiano: “Nelle prossime settimane firmerò degli accordi di programma con tutte le Regioni d’Italia, compreso il Veneto, per l’erogazione di finanziamenti ingenti, si parla di 1,2 miliardi, di cui 600 milioni già disponibili per intervenire contro il dissesto idrogeologico” (Ansa, 3 agosto 2015). Gli accordi di programma ancora non ci sono però, vista la nuova frana, il ministro ha preferito annunciare di nuovo il miliardo e due.

“Nell’ultimo anno abbiamo messo in cantiere 870 lavori per un miliardo e 90 milioni di euro – continua Grassi –  e restano a disposizione un miliardo e 600 milioni del piano 2000-2014″. “E’ stato fatto un passo in avanti – spiega Massimo Gargano, direttore generale dell’Anbi – il governo ha avuto il merito di semplificare le procedure affidando ai governatori il ruolo di commissari e gestori delle risorse: ora le Regioni hanno i soldi e possono gestirli, senza chiedere al governo gli stati di emergenza o di calamità naturale. Quello che però deve cambiare è l’approccio alla questione, che da emergenziale deve diventare di tipo preventivo. Per questo occorre che veda la luce la legge sul consumo del suolo“. Che giace in Parlamento dal 2013 nonostante il mantra ripetuto dopo ogni tragedia: “Il dissesto idrogeologico è una priorità assoluta di questo governo”.

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