Il Porto Rico è ufficialmente in default dopo che lunedì 3 agosto ha rimborsato ai creditori solo 628mila dollari su un prestito in scadenza che valeva 58 milioni. E’ la prima volta nella storia che un territorio statunitense non riesce a ripagare i propri debiti e “fallisce”. L’agenzia di rating Moody’s ha ufficializzato lo stato di default e prevede che l’arcipelago, che non fa parte degli Stati Uniti ma ha chiesto l’ammissione alla federazione per diventarne il 51esimo Stato, “non abbia le risorse per fare fronte a tutti i prossimi pagamenti”.

La presidente della Government Development Bank, Melba Acosta-Febo, ha spiegato che il mancato pagamento è stato dovuto alla “mancanza di fondi sufficienti per l’anno fiscale in corso” e la decisione è stata presa tenendo conto degli “obblighi verso i creditori e degli obblighi altrettanto importanti verso la popolazione di Porto Rico per garantire i servizi essenziali che si meritano”.

Già a fine giugno il governatore Alejandro Garcia Padilla aveva annunciato che il Paese non sarebbe stato in grado di fare fronte al proprio debito di 72 miliardi di dollari, pari circa al 70% del pil, e aveva lanciato un appello ai creditori affinché “condividessero i sacrifici“. La Casa Bianca ha fatto però sapere di non aver intenzione di varare piani di salvataggio. Padilla sta lavorando a un piano di ristrutturazione da concordare con i creditori i cui dettagli sono attesi per il primo settembre.

Il tema è stato anche al centro di un botta e risposta tra il segretario al tesoro Jack Lew e il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaueble durante le trattative sulla crisi della Grecia: il 9 luglio, pochi giorni prima della firma dell’accordo tra i leader dell’Eurozona e Alexis Tsipras, Schaeuble ha reagito a quelle che ha letto come “ingerenze” statunitensi nella gestione del dossier dicendo in conferenza stampa: “Noi accoglieremo nell’euro Porto Rico se loro accetteranno la Grecia nel sistema dollaro”. Diversamente dal debito sovrano greco, però, gran parte dei bond di Porto Rico è in mano non a Stati sovrani ma ai risparmiatori americani che hanno sottoscritto fondi comuni di investimento. Questi ultimi avevano puntato sui bond di Porto Rico non appena furono emessi perché all’epoca avevano il rating più alto (investment grade) ma pagavano rendimenti sopra la media. Ora però sono classificati come “junk”, spazzatura.

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