E’ il documento del ministero dell’Economia che il Senato aspetta per sbloccare l’esame in commissione del ddl Cirinnà sulle unioni civili. La relazione tecnica del governo – che riguarda la copertura finanziaria del provvedimento – non è ancora stata depositata in commissione Bilancio a Palazzo Madama, ma il Mef scrive che “gli oneri complessivi” per le casse dello Stato vanno dai 3,7 milioni nel 2016 ai 22,7 milioni nel 2025 tra “minor gettito Irpef per le detrazioni fiscali, maggiori prestazioni per assegni al nucleo familiare, maggiori prestazioni pensionistiche di reversibilità”. Numeri che smentiscono quanto aveva preventivato il ministro dell’Interno Angelino Alfano, che il 10 marzo, a proposito di una sentenza del Tar in materia, aveva parlato di costi per le pensioni di reversibilità pari a 40 miliardi di euro.

Nel dettaglio, il costo derivante dal minor gettito Irpef per le detrazioni fiscali va dai 3,2 milioni nel 2016 ai 16 milioni calcolabili nell’arco di tempo che va dall’anno prossimo al 2025. Le maggiori prestazioni per gli assegni al nucleo familiare, si legge nel testo, l’anno prossimo avranno un costo pari a 0,4 milioni. Costo che, a partire dal 2017 e fino al 2025 si stabilizzerà a 600mila euro.

Per quanto riguarda gli effetti sulle pensioni di reversibilità, infine, le previsioni dei costi di via XX settembre vanno dagli 0,1 milioni di euro nel 2016 ai 6,1 milioni nel 2015.
Complessivamente, quindi, la relazione tecnica calcola un onere che andrà dai 3,7 milioni dell’anno prossimo fino ai 232,7 milioni del 2025 secondo una scala crescente che, si prevede, toccherà gli 8 milioni nel 2018, i 15,8 milioni nel 2022, i 20,3 milioni nel 2024. Già in mattinata dal ministero dell’Economia erano arrivati via Twitter i primi dati: i costi che deriverebbero sono di “3,5 milioni in 2016 e 6,0 milioni in 2017”.

L’Inps “non avendo dati analitici di natura contributiva e reddituale relativamente alle coppie dello stesso sesso – scrive il Mef – ha adottato prudenzialmente” alcune ipotesi: che il numero delle unioni civili, in analogia all’esperienza tedesca, è pari a 67mila; che circa il 19% del collettivo in esame appartiene alla gestione dipendenti pubblici, percentuale individuata quale rapporto tra gli attivi iscritti alla Gestione pubblica e quelli iscritti alla Gestione privata per i quali l’Anf è a carico dell’amministrazione di appartenenza; che l’importo medio mensile massimo dell’Anf è pari a 46,48 euro; infine, che la percentuale di ricorso all’Anf desunta dal rapporto tra assicurati e beneficiari lavoratori dipendenti del settore privato, relativamente ai nuclei composti da soli coniugi, è pari al 1,7%. Sulla base delle ipotesi formulate dal Mef l’onere stimato è di circa 400 milioni di euro annui nel 2016 e di 600 milioni di euro annui a regime.

Le reazioni – Al tweet di questa mattina del Mef, il sottosegretario alle Riforme e ai Rapporti con il Parlamento Ivan Scalfarotto sottolineava come si trattasse di importi diversi rispetto “ai costi esorbitanti paventati dal ministro Alfano“. Quindi sulle unioni civili “bisogna risolvere con urgenza, e rimuovere, entro la fine dell’anno, come detto dal premier Matteo Renzi, la situazione di imbarazzo internazionale in cui si trova l’Italia dopo la sentenza della Corte dei diritti dell’uomo”. I giudici di Strasburgo hanno infatti accolto il ricorso di tre coppie omosessuali, perché la legislazione italiana non riconosce unioni civili o matrimoni tra persone dello stesso sesso. E anche Micaela Campana responsabile diritti del Pd insiste sul costo reale del provvedimento: “Il Mef smentisce chi nelle settimane passate aveva vaticinato spesa di 40 miliardi per le unioni civili al solo fine di impantanare la discussione. Il Pd non cede a ricatti e allarmismi e va avanti”.

I senatori M5S della Commissione Giustizia parlano di “teatro dell’assurdo”: “Oggi la commissione Giustizia viene di nuovo sconvocata perché manca ancora la relazione tecnica del governo con i costi delle unioni civili, ma contemporaneamente il Mef rende note le cifre su Twitter!”. E continuano: “Ricapitoliamo: il Parlamento vorrebbe votare questa riforma entro l’estate, ma il governo si mette di traverso. Il ministro Boschi prima blocca la relatrice Cirinnà, poi accelera perché ce lo chiede l’Europa, infine trattiene presso di sé la relazione tecnica necessaria al prosieguo del procedimento in Senato, costringendo il presidente della commissione Giustizia a sconvocare la seduta programmata per oggi pomeriggio. Evidentemente non hanno ancora raggiunto l’accordo per incassare il sì di Ncd. Dei diritti civili, chi se ne importa”.

Ed è proprio sul fronte Ncd che proseguono le critiche sul ddl e sulle cifre diffuse dal Ministero. “Siamo alle coperture via tweet? – scrive il presidente della Commissione lavoro del Senato Maurizio Sacconi – Come sanno coloro che conoscono le regole di contabilità pubblica – prosegue in una nota – la copertura per la spesa previdenziale deve essere calcolata per almeno dieci anni in quanto deve stimare la piena espressione degli effetti a regime delle nuove norme. Leggeremo la relazione tecnica per capire la base di calcolo e la proiezione temporale rispetto ad un volume di spesa su reversibilità e familiari a carico che è di circa 50 miliardi. Spero che almeno la Ragioneria dello Stato conservi la usuale professionalità e indipendenza”. E anche il ministro dell’Interno Angelino Alfano, pur non intervenendo sui numeri del Mef ribadisce la sua posizione: “Diciamo sì al rafforzamento dei diritti individuali. Ma temiamo che con il ddl Cirinnà si arrivi all’adozione dei bambini, e abbiamo il dubbio che si arrivi anche all’equiparazione” delle unioni civili “con il matrimonio“.

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