Una pratica molto in uso nei partiti italiani è non rispondere alle richieste che i cittadini/e rivolgono loro direttamente. Questa modalità del tutto comune tra i rappresentanti dei componenti dei diversi schieramenti mi stupì molto quando rientrai in Italia dopo parecchi anni trascorsi all’estero.

Chi ha lavorato in altri Paesi sa bene quanto il rispetto della comunicazione con i cittadini sia modalità comune quasi ovunque fuorché da noi. Questa cattiva pratica della politica nostrana è poi “colata” ed è stata adottata dalle istituzioni tutte e anche da molte aziende private. E’ esperienza comune ad esempio in Italia che i laureati scrivano alle organizzazioni inviando i loro curricula in cerca di lavoro e nessuno o quasi riceva risposta: non ci si scandalizza più, è divenuto “normale” anche se “normale” non è.

Nelle organizzazioni internazionali serie ed evolute il rapporto con i consumatori viene curato con attenzione in particolare ora che attraverso internet e i social network le opinioni corrono veloci e ci vuole veramente poco per rovinare “l’immagine di marca” costruita in anni di lavoro.

All’estero i partiti, in primis quelli anglosassoni, hanno mutuato questa che definirei una buona abitudine e quindi sono in contatto diretto e assiduo con i loro potenziali o effettivi elettori ed elettrici per conquistarne di nuovi e per preservare quelli passati.

Da noi non funziona così: i partiti anche quelli che si definiscono più “moderni” mettono in atto pratiche di comunicazione primitive.

Prendiamo ad esempio il Partito democratico.

Matteo Renzi intrattiene buoni rapporti con le multinazionali, più volte in occasione di visite all’Expo, le ha ringraziate per partecipare alla grande esposizione e si è addirittura mostrato con un’agenda recante un logo Coca Cola in segno di ammirazione/simpatia. Una delle caratteristiche che accomuna le multinazionali è la valorizzazione dei consumatori, faticosamente acquisiti e che spesso anche per un piccolo errore possono “migrare” altrove verso altri prodotti. Come può dunque un premier, affascinato dall’efficienza delle multinazionali tanto da mutuarne il gergo fino a definire il Pd “scalabile” come si direbbe di un’azienda, non adottare le buone pratiche di valorizzazione dei consumatori/elettori?

Conosco da vicino due casi a cui il Pd sta dedicando pochissima attenzione e che potrebbero rivelarsi un boomerang elettorale: il servizio pubblico radio-televisivo e la mancata elezione di una ministra per le Pari Opportunità. In entrambi i casi moltitudini di cittadini/e associati o individualmente hanno scritto e richiesto che si faccia chiarezza su quelli che sono ritenuti punti fondamentali per la nostra democrazia. Le risposte latitano in entrambi i casi.

L’Italia è quasi un unicum nel non avere una ministra che si occupi di Pari Opportunità: più volte le associazioni che si occupano di violenza contro le donne hanno sollecitato il premier, l’Onorevole Boschi, la vice Presidente a del Senato Fedeli a dare una risposta alle loro richieste: la risposta sui social network è stato un silenzio assordante. E uso il termine assordante perché è quello più veritiero: la questione poteva essere risolta dando ascolto reale alle Associazioni, nominando una ministra seria e capace che si facesse carico. E invece il silenzio, che non viene interpretato come parere contrario alle richieste ma, ed è veramente peggio, come disinteresse per le cittadine e i cittadini che pongono la questione, crea sui social network una disaffezione e quel che è peggio un ulteriore allontanamento dalla politica dei partiti.

Ci si domanda da cosa sia causato un atteggiamento così miope e grezzo? Da profonda ignoranza da parte di chi crede di non avere tra i propri doveri quello di essere in contatto diretto e disponibile con i cittadini. E’ tipici di un Paese arretrato ritenere che i diritti che la gestione della politica concede prevedano l’esercizio del potere in modo arrogante. Ma questo poteva essere vero, in democrazia, finché Internet e i social network non hanno dato ai cittadini un potere enorme, senza precedenti.

E allora un bravo politico oggi deve sapere che non solo è suo dovere dare ascolto alle richieste degli elettori, ma che anche conviene, anzi non se ne può fare a meno pena la perdita di credibilità e in ultima analisi di voti. Gli unici Paesi che, nel breve periodo, possono ritenere di fare a meno dell’opinione dei cittadini sono le dittature che impediscono la libera circolazione delle opinioni, specialmente online. I politici in questi Paesi sono al sicuro: le loro azioni non possono essere messe in discussione.

In democrazia invece quando gli elettori sono liberi di dimostrare il loro malcontento, è fondamentale che i rappresentanti politici mantengano il dialogo aperto con i cittadini, il rischio di perderne i voti è concreto.

Una delle regole delle organizzazioni di successo è liberarsi dagli YesMen e dalle YesWomen. Da anni si è capito che tali individui danneggiano profondamente l’organizzazione per cui lavorano: adulando il capo e “accontentandolo” nelle sue richieste anche più impopolari, rappresentano un danno enorme nel lungo periodo. Consiglierei, dunque, al premier Renzi di circondarsi al più presto di collaboratori che sappiano anche contrastarlo, mettendolo al corrente di ciò che i cittadini chiedono e costruendo un canale di comunicazione con la società civile. In fretta.

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