Parola d’ordine: liberarsi di Rosario Crocetta e tornare al voto. Dai renziani ai cuperliani, dal Nuovo Centrodestra all’Udc: mai nei tre anni di governo siciliano le forze politiche avevano raggiunto una totale unità d’intenti. Adesso invece ecco trovato un obiettivo comune: chiudere l’esperienza di governo e andare a nuove elezioni.

Un copione, che dopo alcune dichiarazioni rilasciate in ordine sparso, viene messo nero su bianco addirittura dal Matteo Orfini. “A prescindere dalla telefonata falsa, perché ci atteniamo a quanto ha detto la Procura, quello che emerge è un quadro inquietante di relazioni complicate e pericolose del cerchio magico del governatore. Cosa che il Pd siciliano aveva denunciato da tempo, criticando Crocetta per le cose che stanno emergendo”, ha attaccato il presidente nazionale dei dem. “La sfiducia al governatore? Quando dico valutare ogni scenario dico questo”, ha spiegato Orfini.

Dopo mesi di lotte intestine con le varie fazioni del suo partito, quindi, i giorni successivi all’intercettazione telefonica pubblicata dall’Espresso si stanno rivelando letali per il presidente. “Un combattente muore sulle barricate, non si ritira: io sono vittima di un complotto ordito per fermare il primo governo che veramente ha fatto la lotta alla mafia in Sicilia”, dice Crocetta, che dopo la diffusione dell’anticipazione dellEspresso si era autosospeso dalla carica di governatore. “Lucia Borsellino va fatta fuori come suo padre” avrebbe detto il medico Matteo Tutino al governatore, che non avrebbe replicato. La procura di Palermo però ha smentito di essere in possesso di quella registrazione. E il governatore è andato al contrattacco. “Si tratta di un golpe, vogliono le mie dimissioni o il mio suicidio: il Pd non mi sfiduci o si rende complice del complotto“, tuonava nelle scorse ore. Come dire che l’ex sindaco di Gela non ha nessuna intenzione di farsi da parte, come invece si era pronosticato alla fine della scorsa settimana. “In intercettazione ambientale la frase di Matteo Tutino? Non è una mia convinzione, non è una cosa di cui sono convinto, assolutamente no. E’ solo una delle tante minchiate che mi hanno riferito come ipotesi di quanto accaduto. Tra le tante voci messe in circolazione, c’è anche questa”, ha chiarito il presidente, dopo che stamattina, in un’intervista al Corriere della Sera, aveva ipotizzato l’effettiva esistenza di quella registrazione, captata da una cimice ambientale, senza che fosse però lui l’interlocutore di Tutino.

Al netto dell’esistenza di quell’intercettazione, l’impressione è che ormai ai piani alti di largo del Nazareno abbiano già deciso per il pollice verso: dimissionare Rosario Crocetta. Un leit motiv che prima di Orfini era già stato lanciato da Debora Serracchiani. “Intercettazione o non intercettazione, dopo le parole di Manfredi Borsellino la situazione in Sicilia è insostenibile“,  aveva dichiarato a Repubblica il vicesegretario dei dem Parole che, unite a quelle del presidente democrat, suonano ormai come un de profundis sull’esperienza di governo dell’ex primo cittadino di Gela, e che pesano come macigni a 24 ore dall’intervento del governatore all’Assemblea regionale siciliana. Il rischio di una sfiducia palese a Sala d’Ercole inizia ad essere concreto, dato che anche il segretario siciliano Fausto Raciti, in un primo momento difensore del governatore,  ha aggiustato il tiro riallineandosi alla linea romana. “Il problema – dice – non è solo dimettersi o farlo cadere, il problema è come costruire una proposta politica per il futuro. Noi ci siamo posti sempre in alternativa al cerchio magico, è il punto vero sul conflitto”. Il Pd, insomma, è ormai deciso a fare fuori il primo governatore di centro sinistra eletto in Sicilia: i democrat si sono dati appuntamento domani alle ore 13 per decidere il da farsi, mentre sembra probabile che Crocetta non si presenti all’Ars rinviando la resa dei conti con il Parlamento. A tifare per la fine del governo, infatti, non sono solo i democratici: per la prima volta, infatti, anche gli altri partiti prendono posizione.

“Nessuno ci può costringere a continuare in questa maniera. O ci sono fatti nuovi e positivi in questa settimana oppure è meglio chiudere la partita subito”, fanno sapere dall’Udc, il primo partito a sostenere Crocetta nella corsa a Palazzo d’Orleans nell’estate del 2012. Ma non solo. Perchè anche dal Nuovo Centrodestra sembrano auspicare la fine del governo, per poi andare alle elezioni alleati con il democratici, ricalcando quindi lo schema del governo nazionale. Un’ipotesi ben vista dal numero uno dei renziani siciliani e cioè il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone. “Le dimissioni di Crocetta sono inevitabili”, aveva detto Faraone pochi giorni fa, confermandosi come primo sponsor della decapitazione del governatore.

Non è un mistero infatti, che il sottosegretario ambisca alla poltrona di governatore. “Fare il presidente della Regione? Come fare Messi ai mondiali. Se mi convocano ci provo“, aveva dichiarato lo scorso anno. Solo che adesso il Pd si trova ad un bivio: disarcionando Crocetta dovrà infatti fronteggiare lo spettro del Movimento 5 Stelle. Un sondaggio commissionato dagli stessi dem darebbe infatti il Pd al 17 per cento alle prossime elezioni regionali, mentre il Movimento di Beppe Grillo viaggerebbe su percentuali superiori al 25 punti percentuali. Il rischio insomma è che la Sicilia diventi la prima Regione conquistata dai Cinque Stelle, dopo l’exploit del 2012. Il Pd però intende comunque tirare dritto: fare cadere il governatore in carica e giocarsi tutto in campagna elettorale con l’appoggio diretto di Renzi. Ed è proprio dal segretario – premier che adesso si attende il definitivo via libera per sfiduciare il governatore.

Nel frattempo il renziano Fabrizio Ferrandelli si è addirittura dimesso da deputato regionale sfidando gli altri parlamentari. “Sfido i 24 deputati regionali del Pd siciliano a presentare le proprie dimissioni come ho fatto io ieri, lo dico pure ai grillini che sono 14, così come ai parlamentari di Udc e Ncd”, ha detto l’ex golden boy di Leoluca Orlando, che si era candidato sindaco di Palermo con l’appoggio dello stesso Crocetta. Acqua passata, mentre oggi con le dimissioni di Ferrandelli il Pd sembra essere costretto ad eleggere all’Ars Francesco Riggio, primo dei non eletti nel 2012 (dopo Faraone che però rimarrà parlamentare nazionale). L’agenzia Ansa fa risalire al 12 marzo del 1992 il suo esordio pubblico: quel giorno Riggio si trovava nella villa dell’europarlamentare Dc Salvo Lima, poco prima che il luogotenente di Giulio Andreotti venisse ucciso davanti casa da due killer in motocicletta. Dopo aver fallito la candidatura a Sala D’Ercole, invece, Riggio è stato travolto dall’inchiesta sulla Formazione siciliana:  arrestato e processato per associazione per delinquere e corruzione. L’entrata all’Ars dell’avvocato imputato, in pratica, rappresenterebbe  l’ennesima tegola per il Pd, che infatti ne prende subito le distanze. “Le vicende giudiziarie successive alle elezioni regionali – fanno sapere dalla segreteria dei dem – hanno reso Riggio incompatibile con il Partito Democratico”. Dal canto suo, il diretto interessato, replica con un’alzata di spalle. “Io sarei incompatibile con il Pd? Non mi interessa, io non sono mai stato iscritto al Pd, non ho mai partecipato a una sola assemblea o a un congresso Pd. Non ho neppure votato alle Primarie”. E in attesa di capire se Riggio entrerà o meno all’Ars, resta da capire chi nel Pd decise di candidarlo tre anni fa.

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