Diciamola tutta e subito, al netto delle speranze che, prendendo per buone le parole del premier, la riduzione corposa del carico fiscale pure mette in moto: gli annunci di Matteo Renzi sulla “rivoluzione copernicana” delle tasse si profila come una delle tante, troppe, operazioni propagandistiche negli ultimi decenni propinateci dai governanti di turno.

In un sistema fiscale marchiato da una tassazione insopportabile per i cittadini onesti, parlare di rivoluzione copernicana senza minimamente accennare al tema dell’evasione appare come una autentica beffa, una sfida alla pazienza dei cittadini onesti, quelli che le tasse le pagano davvero, puntualmente, anche per quella metà degli italiani che continuano a fottersene benedetti dalle omissioni dei politici che da sempre li proteggono.

Occhio perciò alla manovra in corso, come sempre incensata da giornali e tv. La verità, anche per le sue scadenze ritagliate su misura sui prossimi appuntamenti elettorali, amministrativi e politici (in testa a tutte le date quella del 2018), è che l’ultima rivoluzione di Renzi di rivoluzionario non ha un bel niente. Anzi, è un déjà vu.

Giustizia fiscale sarà fatta e l’economia ripartirà davvero quando un governo finalmente normale farà emergere il sommerso e l’evaso. Quando riusciremo a mettere le mani sul centinaio di miliardi annui di gettito sottratti al fisco.

Ma per raggiungere questo obiettivo pare che dovremo ancora aspettare. Anche con il rivoluzionario Matteo gli evasori fiscali italiani possono infatti dormire sonni tranquilli.

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