Cinema

Novant’anni dopo possiamo dirlo: la Corazzata Potemkin non è una cagata pazzesca

Nel nostro paese il film non gode di gran fama e la colpa è tutta sua, di Paolo Villaggio, o meglio del ragionier Ugo Fantozzi, il suo personaggio più noto. Se il mediocre e sfortunato impiegato non avesse pronunciato a gran voce quella frase ormai cult forse anche dalle nostre parti potremmo giudicare con maggiore obiettività uno dei film più grandi della storia del cinema mondiale

di Domenico Naso

Altro che ore e ore di bobine, sono solo settantacinque minuti, non un secondo in più. Tanto dura La corazzata Potemkin, capolavoro del cinema russo, diretto da Sergej Eisenstein nel 1925. A novant’anni dal film, lo Spazio Oberdan, Fondazione Cineteca Italiana, dedica dal 18 luglio al 2 agosto una retrospettiva al regista sovietico con titoli, oltre l’immortale racconto della rivolta di Odessa, come Ivan il terribile, Alexander Nevskij e il raro Lampi sul Messico, nato da un viaggio in Centroamerica all’inizio degli anni Trenta.

Nel nostro paese la Corazzata non gode di gran fama, è vero, e la colpa è tutta sua, di Paolo Villaggio, o meglio del ragionier Ugo Fantozzi, il suo personaggio più noto. Se il mediocre e sfortunato impiegato non avesse pronunciato a gran voce quella frase ormai cult (“E’ una cagata pazzesca!”), forse anche dalle nostre parti potremmo giudicare con maggiore obiettività uno dei film più grandi della storia del cinema mondiale. Dalle nostre parti tira più una battuta di Fantozzi in salita che un carro di buoi in discesa. Lo sappiamo ma non ci rassegniamo. Altro che panda del Sichuan o foche monache, bisognerebbe fondare un’associazione che difenda la pellicola di Eisenstein dall’etichetta di film interminabile e palloso, comprensibile solo a una ristretta élite culturale, mentre la “gggente” (rigorosamente con tre g) non è in grado di capirlo.

Quaranta anni dopo Fantozzi, però, su quel palco del cineforum aziendale, mentre i frustrati dipendenti fingono di partecipare interessati al dibattito post proiezione, vorremmo salirci noi. E urlare, con ancora più coraggio del ragionier Ugo, che no, la corazzata Potemkin non è affatto una cagata pazzesca, che il paradigmatico “occhio della madre” è davvero una delle scene più intense dell’intera storia cinematografica mondiale, che i settantacinque minuti del film non possono essere ridotti alla pur toccante scena della fucilazione sulla scalinata di Odessa. Peraltro, la Corazzata non è così lontana dall’universo popolare, da quell’immaginario pop che permea di se tutto quello che ci circonda. Sapevate, ad esempio, che i Pet Shop Boys (raffinati e ricercati musicisti ma estremisti profeti della pop culture) nel 2005 hanno firmato un’intera colonna sonora per il film di Eisenstein , girato nel 1925 e ovviamente muto? O, ancora, vi eravate accorti che le scene più note della Corazzata vengono citate in alcuni tra i film più famosi (e commerciali) del mondo? Gli Intoccabili di Brian De Palma, il terzo episodio delle Guerre Stellari di George Lucas, Hook e Schindler’s List (l’idea del cappottino rosso, unica macchia di colore in un film in bianco e nero, viene da lì) di Steven Spielberg, Il dittatore dello stato libero di Bananas di Woody Allen, persino l’ultimo capitolo della demenziale “pallottola spuntata” di Leslie Nielsen. E potremmo continuare a lungo.

Noi italiani, invece, nella trappola qualunquista di Fantozzi ci siamo caduti con tutte le scarpe. Abbiamo creduto all’uomo comune, all’italiano medio (spesso sovrapponibile all’italiano mediocre), a quello che negli anni si è trasformato nella casalinga di Voghera, nell’uomo della strada, nel consumatore compulsivo di merci e messaggi sottoculturali. Noi italiani siamo così. Delle élite ci fidiamo poco, a volte a ragione. E allora, se qualche critico ci dice che La corazzata Potemkin è un capolavoro imperdibile, noi no, non ci crediamo. Altro che Mereghetti o Morandini, preferiamo dar retta al ragioniere vessato, che è uno di noi. Ebbene, è giunto il momento di porre fine al qualunquistico equivoco fantozziano. Qualcuno, in platea, interrompa lo sfogo di Ugo. Gli spieghi che la vera cagata pazzesca, che gli italiani hanno sempre pagato carissima, è stata delegare la cultura in toto all’élite intellettuale, accontentandosi della partita in tv, dei fustini di detersivo al posto di uno, delle poppute cameriere di Drive In, dei grandi fratelli, delle pupe e dei secchioni.

Più “occhio della madre” e montaggio analogico, meno Pomeriggio 5. Più Sergej Eisenstein, meno Barbara D’Urso. E chi non ci sta, allora merita davvero di restare mediocre a vita, crocifisso in sala mensa, e di rimanere inginocchiato vita natural durante sui ceci, anche questi, guarda caso, di fantozziana memoria.

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