Regioni, Province e Comuni hanno in pancia un “tesoretto” da 15,8 miliardi, che se monetizzato consentirebbe di appianare oltre un quinto del loro debito. A calcolarlo è l’area studi di Mediobanca, che mette in fila i dati 2013 sulle performance delle partecipate degli enti locali. Una giungla di società nei cui ranghi siedono oltre 5mila persone, con stipendi medi di oltre 24.700 euro ma che arrivano a superare i 40mila se si restringe il campo ai consigli di amministrazione. Il rapporto annuale di Piazzetta Cuccia arriva proprio mentre alla Camera è in discussione il disegno di legge delega di riforma della pubblica amministrazione, che prevede una razionalizzazione di queste società sulla falsariga di quanto previsto dal piano di spending review di Carlo Cottarelli.

Il campione preso in considerazione comprende acquedotti, aeroporti, autostrade, fornitori di energia elettrica e gas, società di igiene urbana e di trasporto pubblico di 51 Comuni con oltre 100mila abitanti, 44 Province sopra i 500mila e 20 Regioni e rappresenta il 50% del totale in termini di valore aggiunto e dipendenti (131mila). Il portafoglio complessivo vale, appunto, 15,8 miliardi, di cui 4,2 di valore in Borsa per le quotate. Di conseguenza, calcola Mediobanca, un’eventuale vendita di tutte le partecipazioni farebbe entrare nelle casse degli enti soldi sufficienti per ridurre del 17% il loro debito, pari a 93,2 miliardi a fine 2013.

nomineMilano vendendo le partecipate incasserebbe 2,5 miliardi – Il Comune che ricaverebbe di più è Milano, con 2,5 miliardi di euro, seguito da Roma (circa 2 miliardi), Torino (1,2 miliardi) e Brescia (1,6 miliardi). Per quanto riguarda le Regioni, in testa c’è la Lombardia a cui la cessione delle partecipate frutterebbe 531 milioni. Al secondo posto il Friuli Venezia Giulia con 316 milioni. Se poi, si esercitano a calcolare gli analisti, il ricavato fosse reinvestito e fruttasse il 2% l’anno, sindaci e presidenti di Regione si troverebbero in tasca 330 milioni l’anno, poco meno rispetto ai 370 milioni di dividendi incassati nel 2013. Se fosse invece utilizzato per rimborsare il debito, gli interessi passivi scenderebbero di 520 milioni annui.

Più di 5mila poltrone con stipendi medi di 24.700 euro – L’altro tasto dolente, come sempre, è quello delle poltrone: dall’indagine risulta che gli enti locali a cui fanno capo le 440 società considerate hanno espresso 5.008 nomine, pari a 35 incarichi per ogni Comune, 27 per ogni provincia e 101 per ogni Regione. Lo stipendio medio di chi ricopre posizioni apicali nei cda supera i 40mila euro l’anno, con picchi di 52.202 euro negli enti gestiti dalle regioni, mentre per le posizioni non apicali ci si ferma a 12mila euro. Il compenso medio totale, compresi sindaci, liquidatori e manager che non siedono in cda, è pari a 24.724 euro per un totale di 123,8 milioni. Magra consolazione il fatto che tra il 2010 e il 2014 gli enti abbiano ridotto le proprie nomine del 28% con un calo dei compensi medi del 5,4%.

risultatiIn otto anni 6,6 miliardi di ricavi. Ma il trasporto pubblico ne ha persi 1,6 – Passando alle performance economiche, il campione osservato da Mediobanca ha generato nel 2013 ricavi aggregati per 30,7 miliardi di euro, che ne fanno il quinto “gruppo industriale” italiano, dopo Eni, Exor, Enel e Gse. I risultati di gestione sono molto differenti a seconda del settore di attività. Tra 2006 e 2013 infatti le società di energia elettrica e gas, gli acquedotti, gli aeroporti e le autostrade hanno guadagnato 6,6 miliardi, mentre il Trasporto pubblico locale ha registrato perdite per 1,6 miliardi di euro e le società di igiene urbana un rosso di 300 milioni. Il trasporto pubblico locale è anche il principale beneficiario di trasferimenti a titolo di integrazione tariffaria: 19,9 miliardi di euro tra il 2006 e il 2013, cui si aggiungono 2,3 miliardi di contributi per il costo del lavoro. La ricerca di Mediobanca sottolinea come l’onere che ha gravato sul settore pubblico per il funzionamento del Tpl negli otto anni considerati sia superiore ai 23 miliardi di euro.

Le società di Tpl più “virtuose” sono l’Azienda Veneziana della Mobilità e l’Atm di Milano, che coprono rispettivamente con i ricavi di mercato il 70,1% e il 59% dei costi operativi. Al contrario la Ctp di Napoli riesce a far fronte con quello che incassa dai cittadini a nemmeno un decimo delle uscite. Il resto ce lo deve mettere il Comune. In parallelo, i trasferimenti per addetto oscillano dai 104.600 euro della milanese Trenord ai 29.100 euro della Azienda Veneziana della Mobilità. Lo scarto fra le quattro società con le minori contribuzioni pubbliche e le quattro con quelle maggiori è nell’ordine del 100%.

Per A2a 1,5 miliardi di utili in sette anni. Atac ne ha persi 1,2 – La classifica dei risultati netti cumulati dal 2006 al 203 è guidata dalla multiutility lombarda A2A, con 1,5 miliardi. Seguono l’omologa emiliana Hera, a 858 milioni, la romana Acea a 843 milioni e quella del Nordovest Iren a 572 milioni. Rosso record, all’altro capo della classifica, per l’Atac, la società del trasporto pubblico della Capitale, che dal 2006 al 2013 ha perso 1,22 miliardi.

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