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Lingerie, dopo la linea specifica per il mondo LGBT ecco quella per donne di colore: dalla tonalità “caffellatte” a quella “cinnamon”

Dopo la vendita, abbastanza in sordina, sul mercato europeo iniziata l’inverno scorso, una società londinese “rivoluziona” il mondo dell’intimo nel grande bacino statunitense partendo proprio dal presupposto che la comune, ed erronea, vulgata rispetto al color “pelle” della biancheria intima riguarda esclusivamente le tonalità del colore del corpo delle donne “bianche”

di Davide Turrini

Reggiseni e mutandine dalla tonalità “caffellatte” a quella “berry” (marrone scuro) per donne di colore. Arriva sul mercato degli Stati Uniti una linea di intimo che farà discutere. Dopo la vendita, abbastanza in sordina, sul mercato europeo iniziata l’inverno scorso, la società londinese Nubian Skin “rivoluziona” il mondo dell’intimo nel grande bacino statunitense partendo proprio dal presupposto che la comune, ed erronea, vulgata rispetto al color “pelle” della biancheria intima riguarda esclusivamente le tonalità del colore del corpo delle donne “bianche”.

Ecco allora una linea di lingerie specifica per le donne di colore. Le sfumature della nuova linea NubianSkin variano in quattro tonalità differenti per includere ogni nuance dell’epidermide: si va dalla tonalità Berry, quella più scura della linea (“The darker the berry”); segue tonalità Cinnamon (Cannella) descritta nel depliant pubblicitario “un po’ dolce e un po’ piccante, cannella è la nostra sfumatura medio-scura”; e ancora, Caramel, la tonalità medio-leggera, tendente al marron chiaro (“il nome evoca immagini di tutti i tipi di dolci, di bontà d’oro, e questo colore è altrettanto irresistibile”); infine, la tonalità più chiara, Caffellatte, descritta come “in modo uguale metà parti di latte e metà parti di caffè”.

Dal push-up alle mutandine di pizzo, dai collant alle autoreggenti, la Nubian Skin sembra davvero aver fatto centro. “Più le donne saranno in grado di possedere la biancheria intima che si fonde con la loro pelle più saranno soddisfatte”, spiega sul sito web mashable.com il fondatore dell’azienda londinese Ade Hassan. “E’ un bisogno così semplice, ma totalmente impossibile da trovare. Sapevo di non essere l’unico che la pensava a questo modo, cioè a questa esigenza. Così ho deciso di creare questa nuova linea”. I prezzi non sono troppo alti, ma nemmeno da banchetto del mercato. Si va dai 10-12 euro del settore maglieria/calzetteria a completino con push-up bra da 39 euro. “Nude is the color of your skin. There isn’t one nude for all”, spiega ancora Hassan rilanciando lo slogan “differenziante” che campeggia sulle brochure e i cartelloni Nubian.

Non è la prima volta che il settore della lingerie e della biancheria intima diventa un campo sperimentale per “marcare” quelle differenze fisiche ed estetiche che, nella quotidianità, vengono altrimenti cancellate per evitare, appunto, una differenziazione politicamente scorretta. Non più di due mesi fa è stata lanciata una linea esclusiva per il mondo LGBT  dal sito web della Bluestocking Boutique di Jeanna Kadlec. “Il nostro obiettivo è quello di dare la possibilità alle persone che sono state emarginate dal settore lingerie mainstream ed offrirgli un’esperienza che riflette la loro identità, i loro corpi e i loro valori”. Tradotto sul mercato di mutandine, calze e reggiseni significa non solo una gamma di formati e colori più ampia, ma la trasformazione del concetto della parola “sexy” declinata in forme, quindi in abbigliamento, differente rispetto a quello delle modelle da passerella.

Sempre nel settore lingerie sono sorte forme di abbellimento estetico anche per quelle donne che hanno avuto la sfortuna di essere malate di cancro al seno. Sul sito AnaOno.com in un range di prezzi che va dai 30 ai 60 euro, si possono trovare affascinanti corpetti creati e venduti da Dana Donofree, a sua volta colpita da un tumore al seno a 28 anni. “Quando ho concluso il progetto per il mio primo oggetto da mettere in vendita ho pianto – ha spiegato la Donofree – non perché avessi iniziato per davvero il mio lavoro, ma perché indossandolo mi sono sentita me stessa, mi sono sentita desiderabile”.

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