Accerchiato dai dissidenti interni, con la spada di Damocle dell’Europa pericolosamente vicina e con l’ombra di una piazza che potrebbe decidere di votare per protesta Alba dorata. Alexis Tsipras, a poche ore dal discorso alla nazione che farà in diretta sulla tv pubblica Ert, è come quel ciclista che ha esaurito le bottigliette d’acqua prima dello scatto in salita. E non sa da quale parte accettare la bevanda che gli impedisca la disidratazione. “La speranza arriva”, era lo slogan usato da Tsipras lo scorso gennaio in campagna elettorale. Ora ad arrivare è invece solo delusione e caos.

Il fronte interno è ormai sgretolato
E’lì che si cela tutto lo struggimento politico della formazione radicale passata in un batter d’occhio dall’anonimato del 3% (2009) al boom del 25% nel 2012 e che gli valse un vaucher di novità politica europea. Gli integralisti della Piattaforma di Sinistra, attovagliati nel cenacolo culturale di Iskra, hanno annunciato un voto negativo. Non possono dire sì ad un piano in palese conflitto con il programma di Salonicco, ovvero il vademecum della politica syrizea tutta orientata contro austerità e troika, e pro solidarietà e sviluppo. Questo, dicono fonti del partito, è il piano peggiore che si potesse immaginare e non sarà possibile onorarlo, tanto vale non votarlo perché incarna il tradimento. Ai 35 duri e puri capeggiati dal ministro dell’energia Panagiotis Lafazanis si sommeranno i voti contrari di chi in Syriza vive una crisi di coscienza. Hanno già dichiarato il voto contrario i deputati Heleni Sotiriou e Dimitris Kodela, quest’ultimo ha anche annunciato le sue dimissioni a voto ultimato. Secondo la Sotiriou “nostro dovere è servire la causa della sinistra del ventunesimo secolo, salvare il paese dal regime di schiavitù e ridare dignità al nostro popolo. Votare no al memorandum è il minimo che si possa fare”.

Il governo perde pezzi: si è dimessa Nadia Valavani
Un panorama che sarà caratterizzato dal probabile rimpasto già giovedì all’indomani del voto parlamentare. Nel frattempo, Tsipras è costretto a registrare la seconda defezione nel governo: si è dimesso il vice ministro delle Finanze Nadia Valavani, una delle donne di primissimo piano in Syriza. Un gesto per prendere le distanze dalla sterzata pro memorandum del leader, anche se inizialmente il suo nome era circolato per sostituire Varoufakis. Inoltre, dopo il voto della scorsa settimana, la sua figura era stata accostata al dicastero dell’Energia al posto dell’integralista Lafazanis, che domani dovrebbe fare un passo indietro. Per risolvere gli interrogativi è la stessa Valavani a farsi da parte. Assieme alla presidente della Camera Kostantopoulou e alla governatrice dell’Attica Rena Dourou, costituiva il triumvirato tutto rosa alla base del consenso di Tsipras. Il suo gesto è il secondo allarme rosso a Koummoundourou.

Alleati con vuoto a rendere
Gli alleati di Syriza al governo, i nazionalisti di destra dell’Anel, avevano ieri annunciato il voto contrario. Il ministro della Difesa Panos Kammenos infatti dopo aver parlato con il premier, aveva detto di non poter votare un piano così umiliante per la Grecia. Oggi però ha reso dichiarazioni contrastanti nella direzione di “una fedeltà al progetto governativo Syriza-Anel” che non contemplerà fughe in avanti. Come dire: il no potrebbe essere non così scontato per non mollare il ministero di peso. Alleati di Tsipras in questa giungla parlamentare saranno certamente i 107 voti delle opposizioni. I socialisti del Pasok guidati dalla neo segretaria Fofi Gennimata, smaniosi di tornare al governo; i conservatori di Nea Dimokratia dell’ex premier Samaras, che nel frattempo ha passato la mano all’ex presidente della Camera Meimarakis (con un passato giudiziario ingombrante però) e soprattutto i centristi di Potami, guidati dal giornalista televisivo Theodorakis. Tutti guardano a un prossimo governo di larghe intese (che i maligni hanno ribattezzato fratelli coltelli) che potrebbe essere guidato proprio da quest’ultimo, anche se nelle ultime ore circola il nome dell’ex premier conservatore Kostas Karamanlis, uscito di scena cinque anni fa.

Alba dorata avanza nei consensi: sarebbe un voto di protesta
“Né destra né sinistra, questa volta solo Alba dorata c’è scritto su un muro in una cittadina greca. E’quello lo scenario interno più drammatico e immediato della crisi ellenica. Le immagini viste ieri in Piazza Syntagma mostravano manifestanti di Syriza intenti a bruciare bandiere del proprio partito, la stessa mano con un pennarello ha scritto sul pavimento dinanzi al Parlamento “qui giace Syriza” con una croce rossa. Ecco prendere corpo lo scollamento che più preoccupa: se l’elettorato schierato dovesse perdersi nella disaffezione più pura, potrebbe decidere di affidarsi in toto ad un voto di protesta. Ed oggi gli unici che incarnano la protesta, dura e violenta, sono ancora quelli di Alba Dorata pronti a raddoppiare il 7% conquistato alle scorse politiche, confermando il dato del 2012. Nel frattempo ci hanno pensato i centristi del Potami, anch’essi al 7%, a limitare i voti per Alba Dorata che prima della nascita della formazione centrista erano dati in doppia cifra, con punte del 20% nella zona di Atene.

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