Il Tour saluta la splendida Bretagna, terra di ciclismo e di grandi campioni delle due ruote, oltre che di provetti marinai (qui ci sono le migliori scuole velistiche del mondo) e di magnifici affabulatori: non lontano dalla cittadina dell’arrivo si estende la misteriosa foresta incantata di Brocéliande, dove si dice abbia vissuto il mago Merlino e dove si trova la mitica fontana di Barenton. Bardi e cantori continuano a narrare le gesta dei Cavalieri della Tavola Rotonda e della ricerca del Santo Graal. Di certo, la cultura e le tradizioni celtiche sono diffuse e radicate nelle tradizioni locali: sono ancora affiliato ad una organizzazione di Paimpont (lo feci anni fa per servizio) che tramanda affascinanti riti druidici. L’essenza del druidismo è il panteismo. Trarre forza, potere e sentimenti dalla natura, da tutto quello che ti circonda. L’energia della Natura, ogni cosa può diventare magica…Di magia avrebbe tanto bisogno il nostro smarrito Vincenzo Nibali, che anche oggi ha dovuto cedere oltre mezzo minuto a Froome.

Dunque, il Tour de France si congeda da queste terre fantastiche con una tappa a cronometro per squadre, dove conta il tempo del quinto corridore di ciascuna formazione. Oleg Tinkoff, il ruspante proprietario della squadra di Alberto Contador ha definito sprezzantemente questa tappa una “inutile perdita di tempo”, facendo infuriare i bretoni – gente molto orgogliosa, che non concede sconti a chicchessìa, figuriamoci ad un oligarca russo che fa soldi con una banca basata a Londra. Il ciclismo è la passione sincera di Oleg: pedala spesso coi campioni che ingaggia e se potesse, farebbe lui il direttore tecnico, come Berlusconi il “mister” del Milan. Ma sulla cronometro a squadre si sbaglia. Per due motivi. Il primo, è che la gara a squadre contro il tempo – qui di appena 29 chilometri, da Vannes a Plumelec – è spettacolare, ed è un esercizio di grande tecnica: mette a nudo la qualità delle diverse formazioni. Insomma, il passaggio a nord-ovest della Grande Boucle, dopo il Mûr de Bretagne, alla vigilia dei Pirenei e del gran caldo annunciato per mercoledì prossimo, ha delineato già i primi vincitori e i vinti. Tra questi ultimi, purtroppo, Nibali.

Il secondo motivo è che Tinkoff non capisce quanto il ciclismo abbia bisogno di percorrere le strade di regioni come la Bretagna, dove l’entusiasmo e la competenza sono tutt’uno. Caro Oleg, vieni a sederti con noi, hanno scritto ieri su Ouest France, il quotidiano più letto della regione, “tutte le nostre corse, anche quelle regionali, sono la vita del ciclismo”. Con 92 passaggi in 102 edizioni (di seguito, peraltro, dal primo Tour al 1953) il Tour de France in Bretagne è una storia nella storia della Grande Boucle. Per chissà quali incroci del destino, spesso chi restava in maglia gialla su queste strade vinceva la corsa. Bernard Hinault ne è la bandiera, l’eroe, l’emblema: lo scorso novembre ha festeggiato i sessant’anni, in questo Tour si occupa delle relazioni pubbliche dell’Aso, la società organizzatrice del Tour. Che ha vinto cinque volte (è rimasto in giallo per 74 giorni, ha fatto sue 23 tappe e 5 prologhi, uno giusto qui a Plumelec). Su di lui è uscito un bel libro, l’epopée du Blaireau, scritto da Christian Laborde. Da trent’anni attende il successore. Dal 1985, l’anno in cui ha conquistato il suo quinto Tour, nessun francese è riuscito a salire sul gradino più alto del podio. L’anno scorso, Nibali ha tolto questa gioia, e i francesi si sono dovuti accontentare del secondo posto dell’ingegnere Jean-Christophe Péraud e del terzo di Thibaut Pinot, che in questi primi nove giorni di corsa ha avuto un sacco di guai.

Torniamo alla cronaca. La vittoria di tappa è andata alla Bmc dell’americano Tejay Van Garderen, d’altra parte la sua squadra è campione del mondo e Tejay dimostra d’essere in grande spolvero. Lui e i suoi hanno battuto d’un minuscolo secondo la corazzata Sky della maglia gialla Chris Froome. Di quattro la sorprendente Movistar di Nairo Quintana, grazie ad una prestazione super dell’italiano Adriano Malori, che è il nostro migliore specialista nella corsa contro il tempo. La Tinkoff si è piazzata quarta, a 28 secondi, davanti all’Astana di Nibali, quinta a 35 secondi da Van Garderen. Domani il Tour trasloca a sud, in quel di Pau. Giornata di riflessioni, cure e chiacchiere. Il ciclismo parlato sopperisce ai vuoti agonistici. Certo giornalismo preferisce il “parlato” ai fatti, cioè ai risultati, alle prestazioni. Talvolta, è puro marchettificio.

Durante la corsa, ben presto l’Astana di Nibali è rimasta in cinque. La squadra di Nibali non è all’altezza di quella dello scorso anno. Pure la Tinkoff di Contador ha mostrato pecche, nonostante la formidabile prestazione di Peter Sagan che sognava di strappare la maglia gialla a Froome. Fin da subito ha perso Michael Rogers, ex campione del mondo a cronometro. Poi è stata la volta del generoso Daniele Bennati, fido gregario di Contador.

Diciamo che questi primi nove giorni di Tour hanno rivoluzionato un po’ le gerarchie. Chris Froome si sente e si atteggia a padrone della corsa: ma teme gli scalatori, e ha speso tantissimo per stangarli. Alberto Contador è staccato di un minuto e 3 secondi dal britannico keniota. Nairo Quintana ha superato Nibali ed è ora nono, a un minuto e 59 dalla maglia gialla, mentre il siciliano adesso è sceso a due minuti e 22 secondi di distacco, davvero molti. Chi è in pole position è Van Garderen: secondo ad appena 12 secondi, un fiato, un tornante. Diciamo che i vincitori di questa prima fase sono tre: Froome, Van Gardenen e Quintana. Personalmente vedo il Condor delle Ande favorito. Nessuno ha il suo scatto in salita. Quanto a Nibali, occorre l’impresa. Succede, c’est le Tour.

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