Roma ha il suo mare. Affermazione non scontata per chi non è nato sotto er Cuppolone. Ostiabeach è Roma, la capitale. Arrivare a Ostia con i mezzi pubblici è vivere dentro la capitale d’Italia. In piccolo ciò che Stella e Rizzo hanno raccontato nell’inchiesta fatta a bordo di una moto, descrivendo la grande bruttezza e trascuratezza di uno dei luoghi più belli del mondo.

In quel di Ostia ci si arriva con un trenino nelle cui carrozze viaggiano quotidianamente pendolari pigiati che si spostano per necessità, non solo vacanzieri in transito verso sollazzi marittimi.

La notizia positiva è che per accedervi, se si è abbastanza atletici, si può brillantemente fare ‘il salto del tornello’ allo  snodo ferroviario ostiense, territorio abbandonato, lercio, dove le telecamere sono fuori servizio e non c’è traccia di personale. Quell’unica volta in cui ho trovato un addetto mi ha confessato: Che ce stò affa’? Magari pure a prenne i carci ar culo? (mi perdonino i romani e i puristi del romanesco per i miei errori. Ma la sostanza credo si capisca).

Superata la barriera di burro d’accesso, sul trenino-sauna il più delle volte senza aria condizionata, ogni spesso ci sono guasti, rallentamenti, imprevisti e disagi. Ma quello non solo a Roma direte… Vero! Sul trenino però ci sono anche tanti, tantissimi turisti che arrivano da ogni dove del mondo. Soprattutto i diligenti orientali hanno lo sguardo sul quale si legge: “Ma abbiamo per caso sbagliato capitale d’Italia?”. L’arrivo a Ostia però è quello che garantisce la cifra della trascuratezza: sul piazzale di una delle fermate si è sempre accolti da un triste giardinetto mal tenuto. La normalità sono vetri e resti di bottiglia. Poi ci sono anche le giornate a sorpresa, come quel giorno in cui ‘l’area verde’ era tappezzata da fogli di quaderno, ordinanti appunti di scuola, un righello. L’impressione era del contenuto di uno zaino strappato e trafugato o ritrovato, svuotato e poi gettato.

Il mare si fa annunciare, prima di comparire, da un chioschetto di grattachecca, mito romano fatto di ghiaccio, frutta fresca o sciroppo, a seconda dei gusti.

L’Ostia della mafia, dei clan e dei traffici è stata raccontata. Un signor giornalista come Lirio Abbate, ormai da anni, deve la sua non vita di scortato anche a personcine per bene che hanno a che fare con cosette tipo associazione a delinquere. Grovigli di affari intrallazzati con il racket di slot machine nei bar di Acilia e Ostia dove recentemente, in attesa del treno in ritardo per l’ennesimo guasto, ho, mio malgrado, assistito ad un’ edificante scena che vi descrivo per diritto di cronaca.

Interno giorno in un bar dove un energumeno glabro, vestito di bianco, elegante come un coloniale al telefono urla: Ma che te devo fa’? Sparatte per fatte smette de chiamane“. Finita la telefonata il milord si rivolge ad un ometto che gli sta accanto con la birra in mano e con lo sguardo speranzoso. Come se pendesse dalle sue labbra in attesa di qualcosa di vitale. “Ao, m’anno beccato. Sto’ ai domiciliari e così noun posso lavorà” si lamenta l’energumeno ‘candido’ di bianco vestito. Maledetta giustizia che toglie il lavoro – penso -.

Arriva il treno-sauna per Roma capitale. È una gara a chi mena di più per salire sul convoglio. Non ci sono anziani, mamme con bambini che tengano. Chi si siede per primo resta incollato al suo posto. Il viaggio di ritorno ha tante tappe: dalla stazione Ostiense a Quattro Venti. Quest’ultima sta sotto terra e le scale mobili sono ferme, dai soffitti che cedono, penzolano fili della corrente e quando piove le infiltrazioni sembrano docce. I tornelli manco esistono quindi l’accesso con o senza biglietto è totalmente indifferente. Roma, capitale d’Italia: dove la grande bellezza rischia di essere sepolta dalla grande bruttezza, alla quale, alla lunga, ci si può anche abituare.

e.reguitti@ilfattoquotidiano.it

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