Un’Italia dalle due facce. È quella che si specchia nei risultati delle prove Invalsi presentati nella sede del ministero dell’Istruzione a Roma. Gli studenti delle regioni del Nord battono i coetanei del Centro, del Sud e delle Isole. Sia in italiano (comprensione del testo e grammatica) sia in matematica, le due materie oggetto dei test più volte contestati, somministrati tra il 6 maggio e il 19 giugno. Hanno partecipato 2,25 milioni di alunni di 13mila scuole diverse, dalle primarie (classi seconde e quinte) alle secondarie di primo grado (classi terze) e di secondo grado (classi seconde). “Il 70 per cento degli studenti italiani dispone delle competenze di base previste nei programmi nazionali – commenta Roberto Ricci, responsabile area prove Invalsi -. Il risultato è complessivamente buono, tuttavia ci sono dei punti d’ombra. I ragazzi fanno più fatica a comprendere i testi non letterari, cioè quelli di natura non narrativa ma argomentativa, per esempio l’articolo di giornale, il saggio breve socio-economico, una sintesi di un’indagine Istat. È importante che la scuola sviluppi queste capacità per formare i cittadini di domani”.

“Ci siamo accorti di una spaventosa povertà lessicale – dichiara Giovanna Ceccatelli, professoressa di italiano, latino e greco al liceo classico Parini di Milano -. Alla richiesta di trovare un sinonimo o spuntare il corretto significato di un termine spesso gli studenti sbagliano. Chi frequenta il calssico non ha particolari problemi nella grammatica e nell’analisi del testo, ma in generale gli adolescenti sono restii alla lettura dei libri, sono iper stimolati da migliaia di interessi extra, dalla tecnologia, e perdono la concentrazione davanti a una pagina scritta in bianco e nero”. Il suo suggerimento è “collaborare di più con gli insegnanti delle scuole medie per evitare una cultura nozionistica e insistere di più sulla scrittura”. La lettura del quotidiano in classe è un incentivo a migliorare. “Vero, da noi si fa ma è ancora a discrezione del professore di storia o di italiano”.

La seconda nota negativa, invece, riguarda le soluzioni matematiche: “Difficilmente gli studenti riescono a motivare con la giusta consapevolezza i risultati dei problemi, perché viene scelta una strategia piuttosto che un’altra. Non sono abbastanza allenati”. Ma, fa notare la professore del Parini, che è anche referente Invalsi del suo liceo, “il programma di matematica che si studia in quinta ginnasio non è sempre attinente ai quesiti dei test, per esempio quelli relativi alla statistica”. Guardando al punteggio medio, le scuole superiori nelle aree del Nord Ovest scartano quelle del Mezzogiorno di 20 punti in italiano e di 26 in matematica. Il gap è quasi identico se si mettono sulla bilancia le classi secondarie di primo grado (18; 22). Mentre il trend è più o meno omogeneo alle primarie. Le Marche rappresentazione un’eccezione. “È il quarto anno di fila che la regione porta a casa buoni voti. È senz’altro un caso da studiare. Bisognerebbe diffondere la ricetta di questo successo”. Altro appunto: le performance degli allievi di origine straniera è inferiore rispetto a quella degli autoctoni. Il divario si assottiglia tra gli italiani di seconda generazione (i figli di immigrati nati in Italia).

Rispetto al resto d’Europa come ci piazziamo? “Le regioni del Nord sono sullo stesso livello dei cugini europei. Non si può dire altrettanto per il Sud” risponde Ricci. Il tasso di partecipazione alle prove nel meridione è stato piuttosto deludente. Dal 25 al 50 per cento nelle scuole primarie della Sicilia, e dal 50 al 75 per cento in quelle di Sardegna, Puglia e Campania. Ancora più basso nei licei e negli istituti tecnici e professionali. La Sicilia è stata la peggiore registrando in tutti e tre i casi dallo zero al 25 per cento di adesioni.

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