Il presidente turco Erdogan, detto il Sultano, è stato sconfitto alle recenti elezioni turche dall’Hdp che, superando la soglia antidemocratica del 10%, ha con un colpo solo respinto le ambizioni dittatoriali del presidente e affermato le ragioni della pace, del popolo kurdo e di tutti gli esclusi della regione.

Qualche giorno dopo si è verificato un nuovo massacro dell’Isis, tornato a Kobane, donde era stato scacciato a ferro e fuoco in gennaio, approfittando della connivenza delle Forze armate turche schierate al confine, a pochi chilometri di distanza. Una rappresaglia in puro stile nazista tipo Marzabotto e Sant’Anna di Stazzema, di cui hanno fatto le spese principalmente donne e bambini, ma che certo non fermerà la controffensiva kurda verso Raqqa, mentre le forze kurde hanno rapidamente ultimato la derattizzazione di Kobane.

Non è certo un mistero per nessuno, del resto, che l’Isis goda di enormi appoggi in Turchia. Nella città di Gaziantep affluiscono in continuazione terroristi feriti che vengono curati in un locale ospedale. La Turchia costituisce la porta d’ingresso principale per i foreign fighters che affluiscono a rafforzare le armate nere del Califfo. La polizia di frontiera turca, che ferma i giornalisti, come successo a Giuseppe Acconcia del manifesto e Riccardo Chartroux del Tg3, chiude entrambi gli occhi di fronte a vere e proprie spedizioni militari come quella che ha attraversato i suoi confini qualche giorno fa facendo ancora una volta decine di vittime innocenti a Kobane.

Proprio da Gaziantep proveniva, secondo la stessa polizia investigativa, il terrorista che avrebbe deposto una bomba al comizio finale del leader kurdo De Mirttas a Diyarbakir il 5 giugno, facendo quattro morti e centinaia di feriti, molti dei quali gravi, fra la folla stipata fino all’inverosimile.

Mentre si riaccende nel mondo il panico per le azioni terroristiche dell’Isis, che colpisce un po’ ovunque, dalla Tunisia alla Francia, dallo Yemen al Kuwait, colpiscono davvero l’ipocrisia e la dabbenaggine delle potenze occidentali, che ancora vorrebbero farci credere la favoletta della “grande coalizione” contro l’Isis. Ipocrisia e dabbenaggine che si accompagnano a un’estrema superficialità dell’analisi e dei riferimenti come dimostra l’entusiasmo indebito di Gentiloni per il libro di Maurizio Molinari che secondo Nicola Perugini avrebbe scopiazzato a piene mani Jay Serkulow e altri. Banalità e scopiazzamenti usati per propagandare “idee” degne di Salvini. Scrive Perugini del testo di Molinari: “I migranti che entrano in Europa vengono dipinti come massa di potenziali reclute dello Stato Islamico—un mare di ‘lupi solitari’ che potrebbero colpire da un momento all’altro. D’altronde l’ossatura argomentativa del libro è abbastanza semplice: lo Stato Islamico è la nuova faccia della brutalità sulla terra, vuole conquistare territorio fino a Roma e siamo tutti in pericolo”.

Superficialità al servizio di tesi in ultima analisi razziste, inutili e anzi dannose. Torna, per bocca del ministro degli Interni francese Valls, la tremenda sciocchezza dello “scontro di civiltà”, che ambisce a regalare ai terroristi più di un miliardo di musulmani.

La verità è che l’Isis, banda terrorista che con l’Islam ha a che fare quanto il Ku Klux Klan con il cristianesimo, combatte con le armi elargite con generosità dal complesso militare-industriale ai Paesi del Golfo. Esso infatti gode di enormi appoggi nei grandi Stati reazionari del Medio Oriente, dalla Turchia di Erdogan all’Arabia Saudita, lo Stato più oscurantista del mondo, entrambi storici alleati degli Stati Uniti. I quali ultimi danno un colpo al cerchio e uno alla botte con il chiaro intento di conservare lo status quo nel Medio Oriente. L’appoggio all’Isis fa del resto parte integrante dell’accordo segreto stipulato tra Arabia Saudita, Qatar e Turchia per sloggiare Assad, di cui ha dato notizia recentemente Wikileaks.

L’unico modo per sconfiggere i fascisti assassini dell’Isis è dare armi e voce alle masse kurde, arabe, turche e di ogni altra etnia della zona che ne hanno sperimentato la feroce dittatura (tremila solo le vittime delle esecuzioni capitali attuate in vario modo con perversa fantasia omicida). Ma si tratta di una strada che ben difficilmente le potenze occidentali vorranno imboccare. Da che mondo è mondo capitalismo e fascismo, anche quello in salsa islamica, camminano di mano in mano.

Tutto sommato per loro meglio califfi e sultani che una vera democrazia partecipata e basata sulla parità di genere e sui diritti sociali e ambientali come quella che si è instaurata nella Rojava con la protezione militare delle milizie auto-organizzate di Ypg e Ypj. Un’oasi di democrazia e libertà in un mare di fondamentalismo e di oppressione cui far arrivare tutta la concreta solidarietà delle persone autenticamente libere.

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