Franco BernabéLo tsunami di Mafia Capitale ha già fatto dimenticare l’amara sorpresa delle dimissioni di Franco Bernabè dalla presidenza di Palaexpo, un ente cui fanno capo anche le Scuderie del Quirinale e la Casa del Jazz. Con Bernabé si è dimesso l’intero Cda, composto da note personalità della cultura.

Palaexpo e Scuderie sono due delle istituzioni culturali romane più prestigiose ed efficienti. Le mostre allestite nei loro spazi riscuotono successi spesso clamorosi, attirano sponsor ed accrescono quel turismo culturale che non fa danno e porta più danaro.

Bernabé, come manager, è stato ai vertici delle maggiori aziende italiane (Eni e Telecom); come appassionato di cultura, ha diretto la Biennale di Venezia e il Mart, il museo di arte contemporanea di Trento e Rovereto che è un autentico gioiello. Aveva accettato l’incarico al Palaexpo a titolo gratuito, come i membri del Cda.

Se ne è andato perché il Comune ha continuato a tagliare il budget del Palaexpo, stanziando quest’anno meno di 10 milioni di euro: roba da non pagare nemmeno il personale.

E pazienza se i soldi non ci fossero davvero e per nessuno. Ma non è così. Anche quest’anno, invece, si sono trovati 12 milioni per il Festival del Cinema: uno sgorbio di manifestazione, che ha suscitato fin dall’inizio le seguenti reazioni: le ire dei festival “seri”, a partire da quello di Venezia, già insidiato nel suo primato europeo da Cannes; i giudizi velenosi dei critici cinematografici; la generale ilarità per i frenetici cambi di nome (prima Festival, poi Festa, poi ancora – udite udite! – “Festaval”, infine di nuovo Festival).

E così, mentre ammireremo, ad ottobre, le “star all’amatriciana” che sfileranno su un malinconico red carpet, assisteremo impotenti al declino del Palaexpo.

Evidentemente il “Festaval” trova ancora sostegno nei suoi inventori e “protettori”: Veltroni, che continua a rinviare la sua partenza, da tempo annunciata, per l’Africa, ed il mitico Bettini, di cui nessuno sa cosa faccia nella vita e che tuttavia il Pd ha spedito al Senato, forse “per merito dei suoi successi” come king maker dei sindaci capitolini.

Avevo già affrontato questo tema in un articolo ospitato dal Corriere della Sera, in cui segnalavo anche la inutilità del Festival della fiction tv nato ai tempi di Zingaretti presidente della Provincia. Sulla base della mia esperienza di responsabile della promozione di Rai-Fiction e di segretario generale del festival “Umbriafictiontv”, sottolineavo inoltre la follia della ventilata creazione a Roma di un “mercato della fiction”, saldamente presidiato dal consolidatissimo mercato di Cannes. Inaccettabili improvvisazioni da dilettanti.

Nell’articolo esponevo due proposte di lavoro (“Cinema Europa” e “La casa della televisione”) e proponevo di destinare ad una di esse i fondi stanziati per il “Festaval”.

La prima consentirebbe di vedere i migliori film europei in lingua originale e sottotitolati in italiano: un sogno per gli oltre 30mila cittadini europei che vivono a Roma e per le migliaia di cittadini romani di ceto socio – culturale elevato che cercano invano, soprattutto dopo la chiusura del Metropolitan, un cinema confortevole che proietti film in lingua originale. Una proposta realizzabile facilmente visto che a Roma hanno sede le Ambasciate e gli istituti di cultura dei maggiori paesi europei.

La seconda darebbe vita a Roma ad una struttura di tipo museale dedicata alla televisione: un archivio immateriale in cui reperire i programmi “di culto” realizzati nel nostro paese dalla nascita della Tv ad oggi, potendoli visualizzare a richiesta con l’ausilio di un catalogo computerizzato e di desk di visione. Un luogo – questo sì – in cui organizzare anteprime delle grandi serie di fiction televisiva, rassegne e retrospettive e discutere delle nuove tendenze e dei nuovi prodotti televisivi. Dopo il museo del Cinema, intelligentemente “scippato” da Torino, Roma rischia di perdere anche quello della Tv, visto che la Rai sta valutando la possibilità di realizzarlo a Firenze, nella troppa vasta sede aziendale.

Ho tentato a lungo di esporre i miei progetti all’Assessore alla Cultura di Roma (ma perché mai Flavia Barca ad occuparsi di uno dei più importanti patrimoni culturali del mondo?), la quale, dopo un primo appuntamento in cui semplicemente non si è fatta trovare, mi ha ricevuto solo per dire che per il momento, essendo ancora da fare alcune importanti nomine negli enti culturali romani, non era possibile discutere le mie proposte.

Diverso l’atteggiamento di attenzione del nuovo assessore, Giovanna Marinelli, e dello stesso Bernabé, che subito riconobbero l’interesse delle mie proposte di lavoro.

Ed ora? Che ne sarà del Palaexpo e dei tanti progetti, certamente ben più importanti dei miei, in lista di attesa? Chi vivrà vedrà. Intanto, è stata scritta un’altra brutta pagina nella vita culturale della Capitale.

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