Oggi si balla. Si balla sui mercati e sulla fragile nave della costruzione europea imbastita finora, perché il mondo ci guarda e noi non possiamo permetterci altri errori. L’Europa è vulnerabile perché non è compiuta né a livello economico né politico. Il rischio di contagio, che da meramente economico è divenuto politico, mette in discussione l’intero edificio europeo nella sua forma attuale.

A lungo chi, memore del sogno dei padri fondatori, ha denunciato che la necessità di creare una grande unione federale con istituzioni comunitarie abilitate a definire la politica economica, di bilancio e fiscale per l’Eurozona dotate di strumenti che in grado di far rispettare le regole senza che gli Stati membri possano paralizzarne il processo, è rimasto inascoltato. Un bilancio federale, fondato su risorse proprie, capace di garantire i debiti dei 19 Stati che hanno adottato l’euro potrebbe facilmente, se accompagnato da meccanismi di mutualizzazione, risolvere la questione del debito che vale appena il 2% del Pil europeo.

Se facciamo sulla questione dell’ipotetica uscita della Grecia dall’Eurozona esclusivamente un discorso di convenienza economica, fomentando la contrapposizione tra creditori e debitori, allora non c’è discussione. Ognuno farebbe bene a tenere i propri soldi per sé. C’è chi contabilizza ben 300 miliardi di bailout già concessi alla Grecia dall’inizio della crisi, chi arriva addirittura fino a 500. Dall’altro lato dell’Atlantico però la felice isola del Portorico, il cui governatore Alejandro Garcia Padilla ha recentemente dichiarato: “Non possiamo più pagare, il nostro debito è insostenibile”, vive una situazione simile a quella greca. Il Portorico però non deve a creditori istituzionali ma a banche private. Nonostante ciò un collasso dell’isola costituirebbe un grave problema per l’economia americana: parecchi cittadini statunitensi si troverebbero con i titoli in default. Attualmente sembrerebbe che le autorità dell’isola puntino a una ristrutturazione pilotata dal governo statunitense, anche se finora la Casa Bianca ha negato la possibilità di un salvataggio. Sebbene l’economia sia in caduta libera da tempo nel territorio americano, al contrario della Grecia non si è assistito ad alcuna corsa agli sportelli né alla fuga dei depositi bancari. A sostenere i consumi, come argomentato da Krugman, sono stati sia gli effetti dell’emigrazione su larga scala che hanno consentito ai puertorriqueñi di accumulare riserve private, in parte rispedite in patria evitando così il drastico calo del potere d’acquisto delle famiglie ma soprattutto il federalismo fiscale degli stati Uniti. Mentre l’economia crollava infatti, il flusso dei pagamenti da San Juan a Washington è automaticamente diminuito mentre sono aumentati i trasferimenti federali da Washington a San Juan per i programmi di assistenza sociale. L’isola sta ricevendo una quantità di aiuti impensabile in Europa.

Come dimostrato, solo all’interno di un’autentica unione federale la solidarietà diviene necessaria e ineludibile. Sia il Portorico che la Grecia usano una moneta comune ma un’uscita del primo dal dollaro non è ipotizzabile per questo la gente non ha ragione di correre all’assalto dei bancomat. Negli ultimi anni il Portorico ha avuto un forte calo del Pil, eppure il prodotto pro-capite è diminuito meno di quello greco. Per fare un altro esempio born in the Usa, se lo Stato della California dichiarasse bancarotta la cosa sarebbe gestibile perché non influirebbe sul sistema bancario del Golden State, che gode delle garanzie del sistema federale. In Europa, ad oggi, nei confronti della Grecia questo paracadute non sarebbe garantito. E’ per questo che la disposizione della Bce a sostenere il sistema bancario greco in caso di default dello Stato sul debito pubblico sarebbe cruciale.

Ebbene, la più grave e diffusa tra le patologie politiche tra i leader dell’Unione Europea sembra essere la miopia. Il debito greco è all’80% nelle mani della Troika e costa agli ellenici solo il 2% esso scade quasi tutto nel futuro, ma le sue scadenze immediate sono pesanti per una economia povera e in crisi come quella greca. Occorre che i partner europei facciano un ulteriore sforzo e rifinanzino la Grecia immediatamente evitandone il default, che la Grecia si riformi e che la sospensione temporanea degli interessi venga allungata ulteriormente. All’interno della voliera europea, utilizzando la metafora ornitologica, falchi e colombe devono trovare al più presto un accordo senza trascurare di accelerare da subito il cammino verso la federazione europea.

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