«I pesi mi sono divenuti davvero insostenibili, non ce la faccio più. Non siate tristi, continuate in ciò che era giusto»: con queste parole Alexander Langer se ne andava il 3 luglio 1995, vent’anni fa, decidendo di togliersi la vita. Abbattuto per il precipitare degli eventi nella Jugoslavia dilaniata dalla guerra, deluso per la rigida regola che gli impediva di candidarsi a sindaco di Bolzano perché non voleva attenersi al censimento etnico, lui che fin dalla fine degli anni Settanta ne denunciava l’assurdità. Forse solamente stanco, dopo una vita trascorsa a spendersi per ciò che riteneva giusto, correndo in lungo e in largo per tutta Europa.

L’Italia perdeva così uno dei suoi politici più generosi, più puri, più incompresi. Langer, che nel suo percorso di vita si è posto sempre al centro dei temi cruciali del suo tempo. Dal cattolicesimo sociale influenzato da Don Milani, conosciuto negli anni fiorentini, fino all’attivismo con Lotta Continua. Per poi arrivare alla creazione del movimento dei Verdi, con un nucleo anche tematico importato dal modello dei Grünen tedeschi, in grado di rinnovare in modo sensibile l’agenda politica della sinistra italiana degli anni Ottanta. La sua curiosità lo spingeva a percorrere migliaia di chilometri per conoscere da vicino persone, situazioni, città (Fabio Levi, nel libro In viaggio con Alex, che ne ripercorre la biografia, mette in fila tutti i luoghi principali della sua vita). Langer che entra nell’Europarlamento di Strasburgo nel 1989, luogo simbolo di una multiculturalità da costruire, e che da subito diventa un riferimento per i colleghi che ne apprezzano le qualità di mediazione e dialogo. L’idea di agire per costruire ponti tra culture e posizioni differenti (Die Brücke, il ponte, è il titolo di una rivista fondata da Langer con alcuni amici in gioventù) lo accompagna sempre, convinto che le differenze siano una ricchezza e non un ostacolo alla convivenza.

Il rapido estendersi del conflitto in Jugoslavia, lo portava alla ricerca disperata di soluzioni ad una guerra che appariva sempre più distruttiva. Come l’avvio del Verona Forum, fin dal 1992, ideato per costruire una rete tra i pacifisti delle diverse zone coinvolte per fermare al più presto i bombardamenti. O gli infiniti viaggi che da europarlamentare compie a Zagabria, Sarajevo, Skopje, Pristina, Tuzla. Proprio dal bombardamento della città bosniaca, esempio di serena convivenza, cui era molto legato anche per l’amicizia con il sindaco Selim Beslagic, resta sconvolto, interrogandosi su «cosa si può sensatamente proporre o fare, quando ogni ragionevole possibilità europea è stata buttata via, in nome del cedimento alla nefasta politica di ridisegnare la Jugoslavia secondo linee etniche». Di nuovo, l’assurdità delle gabbie etniche, a rendere impotente l’azione di chi, cresciuto in un territorio di confine come l’Alto Adige, non poteva che aver coscienza soprattutto dei limiti e dei rischi di questi ragionamenti.

Nel 1999 è nata a Bolzano la Fondazione Alexander Langer, che tenta di portare avanti l’azione del politico originario di Vipiteno, con quell’idea di provare a «riparare il mondo» che per tutta la vita lo ha motivato. La Fondazione ha reso negli anni disponibili i suoi scritti (raccolti anche nel testo Il viaggiatore leggero, più volte ripubblicato da Sellerio) e ogni anno consegna un premio a chi meglio incarna i valori della pace. Quest’anno il riconoscimento è andato ad Adopt Srebrenica, associazione che da anni lavora per la rinascita di un luogo simbolo della guerra, in cui l’11 luglio 1995 venivano massacrati più di 8mila musulmani bosniaci. Proprio in occasione del ventesimo anniversario della tragedia, la Fondazione ha organizzato un viaggio che in questi giorni toccherà le città di Tuzla, Sarajevo, Srebrenica. Nel nome di Alex.

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