Nel 2003 Michael e Peter Spierig esordirono nel lungometraggio con un horror low budget e autoprodotto. L’inaspettato exploit convinse la Lionsgate ad acquistare la loro successiva sceneggiatura, Daybreakers – L’ultimo vampiro, divenuta seconda regia, e per la quale venne ingaggiato come protagonista Ethan Hawke. A qualche anno di distanza, dopo aver letto il nuovo copione dei registi gemelli ambientato tra gli anni ’40 e i ’90, l’attore di Austin ha riflettuto appena un giorno per il suo nuovo sì. Parlare apertamente della trama di Predestination equivarrebbe a rovinare troppe delle sorprese che questa gemma estiva riserverà al pubblico a partire da luglio. Un agente temporale dà la caccia a un terrorista dinamitardo, un barista negli anni ’70 ascolta la bizzarra storia di un avventore, e una trovatella cresce lottando contro le avversità per un intreccio dagli sviluppi imprevedibili e paradossali.

Un percorso non convenzionale. È essenzialmente come cinque o sei film insieme: un film d’azione, un film poliziesco, e poi si trasforma in un dramma intimo di qualcuno che racconta la storia della sua vita a un barista” sintetizza di Peter Spierig, ma la verità è che si parla di una creatura cinematografica complessa ed enigmatica che farà scuola com’è stato per Memento e Inception. Probabilmente il miglior film dell’estate. Le origini sono però letterarie: Tutti i miei fantasmi, versione italiana di All You Zombies viene da Robert A. Heinlein, uno dei padri della fantascienza novecentesca. Rompicapo narrativo ripreso dai fratelli trentanovenni venuti dall’emisfero australe, fa viaggiare avanti e indietro nel tempo producendo una fantascienza a misura d’uomo, essenziale. Basti pensare che la macchina del tempo utilizzata è un’impolverata valigetta nera simile alla custodia di un violino, mentre la ricostruzione delle diverse epoche si nutre di sfumature e accuratezza delle scelte scenografiche e di luce. Non di effetti visivi mirabolanti.

“I periodi sono definiti principalmente dall’architettura e dal design. Essenzialmente sono gli elementi che distinguono i momenti del film”. Ha spiegato il direttore della fotografia Ben Nott. “Ho scelto alcuni colori campione e li ho iniettati nei diversi periodi di tempo. Per esempio un effetto ‘sodio’ per gli anni ’70, invece un aspetto leggermente desaturato per gli anni ’40, con un filtro diverso per far sì che la direzione artistica e le scenografie costringessero il pubblico a un viaggio”.

Il cast triangolare è completato da Noah Taylor e Sarah Snook. Di tono drammatico solidissimo, il loro lavoro è sostenuto con credibilità e coerenza tali da lasciar pensare ad un accuratissimo studio dei personaggi. Vale ovviamente anche per Hawke, ad una delle sue migliori prove. Sempre puntuale e incisivo, Taylor veste i panni dell’ambiguo capo della polizia temporale, ma la nuova stella è la Snook.

La scrittura è certosina. Ogni parola e ogni dettaglio visivo, ogni passaggio narrativo e ogni salto temporale sono tessere fondamentali di un rebus intricato ma accessibile al tempo stesso. Uno di quei film talmente pieni di minuzie per i quali la seconda visione potrebbe svelare ancora più segreti e chiavi di lettura della prima.

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